Il silenzio… degli innocenti?
In realtà i silenzi di Biden sono due, dovremmo dunque parlare al plurale. Ce li ha ricordati entrambi, molto bene, Alessio Marchionna sulle sempre interessanti pagine dell’Internazionale.
Il primo, piuttosto strano, riguarda il COVID-19. La gestione di Donald Trump della pandemia in America è stata ampiamente inadeguata, a tratti imbarazzante (pensiamo ad esempio all’idea di iniettarsi disinfettanti in corpo), e ci si sarebbe potuti aspettare che il principale rivale politico del POTUS cavalcasse questa onda. Il nuovo coronavirus, infatti, come ogni altra cosa, può essere prestato al dibattito politico e ci si aspetterebbe che nel principale focolaio mondiale fosse già stato fatto. Per quanto eticamente discutibile, è probabile che, non appena la campagna elettorale per le presidenziali USA entrerà nel vivo, il COVID riempirà la bocca dei due sfidanti. Per il momento, comunque, Joe Biden non sta strumentalizzando la questione. Se non altro, questo gli va riconosciuto; sarà una mossa vincente? Ai posteri l’ardua sentenza.
Il secondo, invece, è uno di quei silenzi che dovrebbe fare molto rumore. Esso riguarda le pesanti accuse rivolte al candidato democratico da parte di Tara Reade. Essa è stata una sua collaboratrice, nei primi anni ’90. Reade ha accusato Biden di averla spinta contro un muro e penetrata con le dita quando lavorava per lui. A seguito della sua denuncia, è stata allontanata dalla posizione. Oltre a lei, ci sarebbero ben 7 altre donne che accusano Biden di molestie, seppure nessun episodio appaia grave come il sopraelencato. Per quanto possa essere lecito classificare le molestie sessuali, naturalmente; non ho certo intenzione di attenuare qualcuna delle altre vicende, sto solo enfatizzando la situazione che coinvolge Tara Reade ai fini dell’articolo.
Il 9 aprile, Reade ha sporto denuncia formale per aggressione sessuale ai danni del candidato democratico. Sono passati circa 27 anni dall’episodio ma come sappiamo non è sempre immediato avere il coraggio di denunciare. Reade sostiene comunque di aver presentato un reclamo scritto anche all’epoca dei fatti. Vi sono testimonianze che appoggiano la versione dei fatti secondo la quale l’abuso sia effettivamente avvenuto, seppure non esistano testimoni oculari.
Una patata bollente
Alla denuncia seguirà un’inchiesta, che ci auguriamo riesca a far giustizia della questione. Intanto però, c’è una campagna elettorale da imbastire, una nella quale probabilmente il Partito Democratico aveva intenzione di attaccare, in qualche modo, la misoginia di Trump e il suo staff fortemente maschile. I dem volevano giocarsi l’arma delle quote rosa, con Biden che promette da settimane una vice donna, qualora fosse il prossimo Presidente americano. Questa situazione, sempre smentita con vigore da Biden e dal suo staff, se per caso qualcuno avesse qualche dubbio, corre il rischio di trasformarsi in una indigesta patata bollente.
Il Partito Democratico USA, affrettatosi a far quadrato attorno al suo candidato dopo il ritiro del suo più credibile sfidante alle primarie, Bernie Sanders, si compone di numerose donne che si definiscono femministe o si comportano come tali. Dalle principali candidate alla vicepresidenza di Biden, come Elizabeth Warren, Kamala Harris o la favorita al ruolo, Stacey Abrams, alla candidata di picco Amy Klobuchar, tra le prime a salire sul cavallo di Biden dopo il proprio ritiro dalle primarie, alla stellina del partito, Alexandria Ocasio – Cortez. Inutile sottolineare in quale scomoda situazione si troveranno tutte loro nei prossimi mesi (e anche Sanders, che ha sempre parlato nei suoi comizi di equità dei sessi, il quale pure ha appoggiato Biden in seguito al ritiro), oltre alle donne americane di sinistra. Sempre che il Partito Democratico statunitense possa rientrare in tale etichetta politica.
Qualora Biden scelga un’accesa femminista come vice, inevitabilmente questa incoerenza sarà ancor più stridente.
L’abuso di sistema
Indipendentemente da come andrà la campagna elettorale, indipendentemente da quel che avverrà nei prossimi mesi, indipendentemente dal cognome del prossimo POTUS, Biden appare solo l’ultimo a comparire sulla lunga lista di molestatori vip che abbiamo cominciato a compilare in questi anni di #MeToo e #NonUnaDiMeno. Il demone dell’abuso è tristemente noto.
Chi più segue l’avvicinamento alle presidenziali statunitensi di novembre sa bene come i sostenitori di Biden, o comunque chiunque voglia cacciare Trump, appaia tranquillamente disposto a sorvolare su questa storia in nome della minaccia posta da 4 more years per The Donald. D’altra parte, coloro i quali invece sostengono Trump, condannano giustamente il comportamento del candidato avversario, però lo fanno per le ragioni sbagliate. Il loro interesse, infatti, è quello di mettere in cattiva luce la parte opposta, non certo quello di condannare il comportamento. Naturalmente, è difficile ergersi a paladini delle donne quando supporti un signore che si chiama Donald Trump.
Un’amara verità
La versione ufficiale di Biden, molto semplicemente e altrettanto sbrigativamente, è la seguente: “It never happened.” Non è mai successo. Naturalmente, nessuno qui sa dire se sia davvero andata come dica Biden o se abbia ragione Tara Reade. Per quanto possa essere difficile prendere 8 donne come bugiarde. Quello che però diciamo è che siamo piuttosto delusi di dover constatare una nuova vicenda di questo tipo, nell’ambiente politico, quello che dovrebbe rappresentarci. Quel da cui siamo ancor più delusi è il fatto che, a questo punto, chiunque sia il prossimo Presidente degli USA, sarà un uomo accusato di abuso sessuale. Sfortunatamente, ciò non sembra interessare molto l’opinione pubblica, almeno negli States. Altrimenti, Donald Trump non sarebbe mai diventato Presidente.