“Nel polmone del mondo si sta morendo per mancanza di ossigeno, questa è la nostra triste realtà”, ha detto ieri all’agenzia di stampa francese AFP Carlos Calampa, direttore del dipartimento di salute della regione amazzonica di Loreto, uno dei più colpiti dal coronavirus in Perù.
Secondo Calampa, la mancanza di ossigeno è un grave problema nella zona, dal momento che in pochi giorni ufficialmente, solo nell’area intorno ad Iquitos sono 14 gli indios nativi morti ma centinaia sono quelli infetti dal nuovo coronavirus nelle altre comunità amazzoniche e difficili da raggiungere.
I leader della comunità indigene hanno rivelato che una bombola di ossigeno si vende a prezzo speculativo tra 880 dollari e 1.470 dollari nella città di Iquitos (la capitale regionale), un prezzo molto più alto di prima e che nessuno, tra le fasce più povere riesce a comprare.
In aggiunta a ciò, la mancanza di trasporti sui fiumi ha reso difficile combattere la malattia. Mentre l’ossigeno è necessario in diverse regioni non ci sono praticamente strade nella giungla peruviana, il che rende molto difficile riunire squadre di azione rapida nell’area, dice Calampa.
Inoltre nella regione di Loreto, dove la situazione è “critica”, pochissime comunità hanno l’acqua potabile e in alcuni villaggi si realizzano mascherine con foglie di banano per proteggersi dalla malattia.
In altre aree, i malati si curano con ciò che hanno: sciroppi di limone, kion (zenzero) e cipolla. Per questo motivo, le autorità regionali richiedono urgentemente medicinali, ossigeno e attrezzature di sicurezza per prevenire la morte della popolazione peruviana.
Nella città la situazione non è migliore, gli obitori degli ospedali hanno superato le loro capacità e la situazione è più che preoccupante. Nell’ospedale regionale di Loreto, i corpi dei pazienti COVID-19 sono messi nei sacchi e impilati uno sopra l’altro.
Il 30 marzo, le comunità indigene in Perù e una ONG internazionale avevano chiesto di limitare l’ingresso in Amazzonia per impedire la diffusione del coronavirus tra i nativi, che si considerano “i più vulnerabili del pianeta” di fronte alla pandemia.
Una situazione simile può essere vista nell’ospedale di Loayza nella città di Lima (capitale). Nel cortile dell’ospedale Hipólito Unanue, i cadaveri rimangono sulle barelle.
La crisi sanitaria causata da COVID-19 in Perù è incontrollabile. A Lima ci sono 3 compagnie che forniscono servizi di cremazione e ognuna era preparata per effettuare 8 cremazioni al giorno. Questi numeri oggi non sono sufficienti per far fronte alla quantità di decessi e ciò fa aumentare sia i tempi di attesa per raccogliere i corpi che la paura degli operatori sanitari di contrarre il virus.
Anche i malati gravi non trovano posto negli ospedali. Le immagini dell’area di emergenza dell’emblematico ospedale di previdenza sociale Edgardo Rebagliati mostrano i pazienti che riescono ad essere ricevuti, seduti nei corridoi, su sedie a rotelle e collegati a palloncini di ossigeno a causa della mancanza di respiratori meccanici.
Anche la disorganizzazione gioca il suo ruolo, all’interno dell’ospedale Dos de Mayo, in un video, registrato nell’unità di terapia intensiva, vengono mostrati almeno 40 posti letto usati come scrivanie mentre i pazienti sono in accomodati su sedie nel patio dell’ospedale. Anche in questo ospedale non c’è anche spazio per i cadaveri.
Comuni e governi regionali di diverse località del Perù hanno coordinato la costruzione di cimiteri e fosse comuni per la sepoltura delle vittime del COVID-19. In molte di queste località, i residenti sono stati contrari alla misura, che ha causato scontri molto violenti con la polizia.
Nel secondo link il video con la situazione negli ospedali e negli obitori.
rete solidarietà rivoluzione bolivariana
https://www.hispantv.com/…/466…/amazonia-coronavirus-oxigeno
https://www.hispantv.com/…/466071/cadaveres-coronavirus-hos…