Salvatore Palidda

In tutti i paesi, la gestione della pandemia ha seguito la consueta pratica di gestire i perpetui disastri sanitari e ambientali: lasciare vivere (biopolitica) e lasciar morire (tanatopolitica). Le morti effettive per pandemia si aggiungono ai quasi 58 milioni di morti ignorati ogni anno in tutto il mondo (647 mila in Italia nel 2019), spesso a causa di disastri sanitari, ambientali ed economici.

Al di là delle apparenti differenze tra i vari paesi, la pandemia di Covid19 è stata governata allo stesso modo e più o meno con gli stessi risultati. Apparentemente le autorità pubbliche hanno oscillato tra una mobilitazione pseudo-zelante e la fiducia nella cosiddetta “immunizzazione di gregge”. Ma ovunque lo stato di deterioramento della sanità pubblica a seguito delle misure neoliberiste dell’ultimo decennio e delle privatizzazioni ha portato il personale della sanità pubblica a non essere in grado di affrontare la pandemia con efficacia e senza rischi (fra altri vedi qui). Il risultato è stato che le strutture sanitarie pubbliche sono diventate luoghi di contaminazione e centinaia di operatori sanitari e ausiliari sono morti a causa di Covid19 e hanno contaminato tanti pazienti ricoverati. A ciò si aggiunge la clamorosa mancanza di dispositivi di protezione individuale (DPI) e persino di strumenti essenziali (respiratori, bombole di ossigeno ecc.), nonché di luoghi negli ospedali atti a separare gli infetti dagli altri. Allo stesso tempo, molte attività economiche hanno continuato a funzionare senza DPI né misure di precauzione causando così la contaminazione di tanti lavoratori che sono quindi diventati contagiosi. S’è poi scoperta l’ecatombe nelle residenze di anziani e un gran numero di contagiati è stato abbandonato senza cure nelle loro abitazioni. Come è stato dimostrato quasi ovunque, i dati ufficiali sui decessi per pandemia sono spesso 5 o 10 volte inferiori a quelli reali e quelli ufficiali dei contagiati possono essere 100 volte inferiori al numero stimato dagli esperti. Come raccontano molti medici, per mancanza di spazio e mezzi, sono stati costretti alla terribile scelta tra quelli che potevano salvare e quelli che sono stati destinati a morire. Secondo i dati ufficiali dell’8 maggio in tutto il mondo c’erano oltre 4 milioni di infetti, più circa 280 mila morti e circa 1 milione e quattrocentomila guariti, quindi circa il trentacinque percento del totale ufficiale dei contagiati. Sebbene queste cifre siano molto in difetto, si può dire che la gestione della pandemia non è stata affatto efficace ed efficiente; ancor più grave, non promette nulla di buono visto che la ripresa dell’epidemia è molto probabile: come segnalano alcuni esperti fra i più credibili, durerà non meno di 18 mesi e forse più a lungo e nulla esclude l’apparizione di nuove pandemie.

Oltre al fatiscente stato di salute pubblica massacrato dai tagli al bilancio imposti dalle logiche del neoliberismo degli ultimi dieci anni dai governi di destra e di centro-sinistra, l’incapacità di gestire la pandemia è dovuta anche alla scelta di trasformare l’emergenza sanitaria in un’emergenza sicuritaria. La gestione della pandemia è stata infatti conferita alla Protezione Civile e alle polizie, cioè ad operatori di queste istituzioni privi di competenze socio-sanitarie. Inoltre, immancabilmente, una parte di questi operatori si è sentita autorizzata a praticare abusi e violenze, in particolare nei confronti di popolazioni classificate come “umanità in eccesso”, indesiderabili o sovversivi (vedi in particolare le testimonianze e i video su tali abusi e violenze sia in Italia che nelle banlieues francesi). Allo stesso tempo, nessuna forza di polizia si è premurata di verificare che i lavoratori potessero andare a lavorare in sicurezza, dotati di DPI e in luoghi sanificati. Perché la gestione della pandemia non è stata affidata a professionisti della sanità pubblica e ai lavoratori formati per fornire assistenza socio-sanitaria e quindi per aiutare le persone nella prevenzione? Perché non sono stati assunti migliaia di giovani per farlo? Domande retoriche: la scelta della gestione militare e di polizia è per i poteri la più appropriata per passare rapidamente dall’emergenza sanitaria a quella economica.

Questa logica non è nuova, al contrario, è esattamente quella che ha sempre dominato la pratica del potere: è sufficiente vedere la perpetua negligenza nei confronti di disastri sanitari, ambientali ed economici[i]. Ogni anno in tutto il mondo, oltre 57 milioni di persone (e in Italia 647 mila) muoiono per la maggior parte a causa di contaminazioni tossiche e condizioni di lavoro e di vita insostenibili (quasi la metà a causa di tumori, poi per malattie cardiovascolari causate dall’inquinamento, per altre malattie legate al cibo, all’aria, ai tessuti in luoghi contaminati). Ci sono condizioni di lavoro e di vita che uccidono e questo non solo nei paesi poveri, ma anche nelle metropoli dei cosiddetti paesi ricchi. Ma qual è la gestione di questi disastri da parte delle autorità pubbliche? La negligenza perché l’economia è sacra, la crescita del PIL è sacra, i profitti hanno la precedenza su tutto. In tutti i paesi, l’emergenza sanitaria è subordinata a quella economica; la maggior parte dei media non smette di avvertire che ci sarà tra il 5 e il 12% di riduzione del PIL e che si prospetta una crisi senza precedenti. E autorità e dominanti rispolverano i classici discorsi sulla necessità del sacrificio da parte di tutti, sul fatto che siamo tutti sulla stessa barca, che occorre essere disponibili a lavorare 7 giorni alla settimana, accettare i turni e anche rinunciare alle ferie oltre che alla maggiore remunerazione per gli straordinari. Il dispositivo di polizia sarà pronto a imporre il nuovo imperativo dell’economia prima di tutto; come affermano i difensori a spada tratta di questo “dovere”, si tratterà del sacrificio più duro e necessario di quello che fu la grande mobilitazione del lavoro per la ricostruzione dopo il 1945. Secondo questi discorsi è quindi implicito che i lavoratori devono smettere di fare gli schizzinosi chiedendo troppe misure di sicurezza sul posto di lavoro, e basta con i discorsi ecologisti. Il ministro Speranza ha promesso 3 miliardi per la sanità … ma non sono stati 37 i miliardi tagliati a questo settore negli ultimi 10 anni? E cosa sono 3 miliardi rispetto ai fondi cento volte più alti destinati a banche e imprese?

Contrariamente alle ingenue e talvolta stupide illusioni di coloro che hanno creduto addirittura che la crisi pandemica possa essere una buona opportunità per tornare allo Stato sociale, al rispetto dell’ecosistema, al rispetto della vita di tutti, non è difficile immaginare che il futuro sarà probabilmente peggiore di quello di prima di questa pandemia. Come dice l’economista Realfonzo: “Da una situazione grave come quella che si profila per il futuro italiano si uscirà o con politiche recessive e deflazionistiche o con spinte all’inflazione. In entrambi i casi, ci troveremo a percorrere sentieri impervi e caratterizzati da forti costi sociali. Pagheremo un prezzo salato per la totale inadeguatezza del quadro delle regole europee”.

I suggerimenti che ci ha lasciato Foucault a proposito della pratica della biopolitica (lasciar vivere) alternata alla tanatopolitica (lasciar morire) aiutano a capire la reale situazione che stiamo affrontando in questa congiuntura perché i poteri non si indeboliscono affatto, al contrario sono anche più forti, mentre le possibilità e le capacità di resistenza sembrano indebolite se non soffocate. Ma come dimostrano i tentativi di mobilitazione dei giovani nelle banlieues parigine e un po’ anche in Italia e altrove, la resistenza alle pratiche ingiuste e persino mortali da parte dei dominanti è innanzitutto una questione di sopravvivenza e non può mai essere cancellata.

Pubblicato in francese qui: https://blogs.mediapart.fr/salvatore-palidda/blog/300420/pandemie-un-desastre-qui-s-ajoute-ceux-ignores-par-les-pouvoirs-neo-liberistes


[i] Vedi il libro Resistenze ai disastri sanitari-ambientali ed economici nel Mediterraneohttps://www.researchgate.net/publication/323884247_Resistenze_ai_disastri_sanitari_ambientali_ed_economici_nel_Mediterraneo   

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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