Le scelte prese dal Governo cileno per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, fin da subito criticate e considerate inefficaci da parte del popolo, iniziano in queste settimane a dimostrarsi nel quotidiano di molti cittadini come insopportabili, portando a galla molti problemi.

Dopo aver inizialmente optato per il mantenimento di una certa normalità nella vita del paese, lasciando aperte molte aziende non necessarie e spingendo milioni di cileni a vivere le loro vite quotidiane a contatto con il Covid, i contagi sono vertiginosamente saliti. Il 14 maggio, dopo aver riscontrato 2700 contagi e 12 decessi nel giro di ventiquattro ore, Santiago è stata finalmente messa in quarantena. Ma nonostante il Governo abbia revisionato la validità di alcune sue scelte, molte altre sono state portante avanti imperterritamente, causando non pochi danni alle fasce sociali più deboli.

Dopo lunghi silenzi obbligati, il 18 maggio alcuni degli abitanti del quartiere El Bosque, uno dei più poveri di Santiago, insorgono e protestano nelle strade per un motivo ben preciso : la fame. Infatti, a causa del “Progetto di legge Covid-19 a protezione dei guadagni dei lavoratori”, azione politica dal nome ipocrita messa in atto dal Governo, in queste settimane moltissime persone si ritrovano senza lavoro. I più fortunati, coloro che non sono stati licenziati, hanno però subito gravi tagli ai propri stipendi. Se già questa precaria situazione colpisce significativamente la classe media, per i cittadini più poveri la questione è ancora più grave.

La protesta nel quartiere El Bosque inizia da un piccolo gruppo di donne, determinate a farsi sentire e a chiedere un aiuto tangibile al Governo. Nonostante il Governo abbia annunciato un buono del valore di 50 dollari da destinarsi alle famiglie più povere, seguito dalla consegna 2,5 milioni di scatole di articoli basilari, i cittadini di El Bosque lamentano una situazione insostenibile. Si conta che agli abitanti della regione metropolitana di Santiago spetteranno 1,6 milioni di scatole contenenti prodotti di prima necessita; in sostanza, ogni famiglia in difficoltà economica riceverà 17 articoli alimentari, ben poco se confrontato con le necessità reali del momento. Gli abitanti del quartiere denunciano che: “ Prima della pandemia vivevamo alla giornata e ora, senza stipendi, non potendo uscire a trovare lavoro, non abbiamo soldi per acquistare alimenti e per pagare servizi basici”. Al piccolo gruppo di donne si sono presto aggiunti molti altri cittadini e, con barricate e fuochi in strada, hanno richiamato l’attenzione del Governo allo scopo di portare visibilità alla loro causa. Presto un grande spiegamento di forze di polizia, tra i quali le Forze Speciali e i militari, hanno provveduto a reprimere la protesta con idranti e lacrimogeni. Non è altro che l’ennesimo tentativo del Governo di silenziare i problemi della popolazione, la quale resta sempre più abbandonata a se stessa.

Seguendo l’esempio dei concittadini di El Bosque, in molti altri quartieri di Santiago e in altre città cilene sono nate diverse proteste. Lo scopo delle manifestazioni è sempre lo stesso: portare alla luce le difficoltà che la popolazione è costretta a sopportare in questi difficili giorni, ponendo l’accento su l’onnipresente problema della fame.

Ne è un esempio la manifestazione avvenuta nel quartiere La Pintana di Santiago, zona della città tristemente nota per la povertà dei suoi abitanti e per i gravi problemi di criminalità presenti. Fra i vari cartelloni mostrati per protestare, uno in particolare si contraddistingue per la durezza di ciò che denuncia: “Se non ci uccide il virus, lo farà la fame”. Le dichiarazioni rilasciate da alcuni cittadini mettono in luce vari problemi: “Non abbiamo entrate e nessuno ci sta aiutando. Non hanno ascoltato le nostre parole; se non manifestiamo continueranno a far finta di non vedere i nostri problemi. Abbiamo dovuto uscire nelle strade, stando attenti che i poliziotti non reprimano le manifestazioni, che non ci bagnino con gli idranti, che non ci sparino con i fucili a piombini. E tutto ciò per richiedere un aiuto che non dovremmo tener che gridare”. Continua poi dicendo che: “La gente deve andare ai mercati liberi per poter mangiare, però questo non risolve il problema. Non abbiamo soldi, non abbiamo stipendi. I sussidi di disoccupazione stanno già finendo”.

Nel frattempo gli stessi cittadini stanno organizzando in varie zone di Santiago e del paese progetti di aiuto alle famiglie più in difficoltà. Vengono regalate scatole piene di prodotti basilari, nascono centri in cui si cucina e si regala un pasto a chi non ce l’ha; sono iniziative che non si vedevano dai tempi della dittatura, che tornano a esistere in questi duri mesi caratterizzati dall’emergenza Coronavirus. E mentre il Governo fa finta di non vedere i problemi dei suoi cittadini, nella mente di quest’ultimi è sempre più chiara la consapevolezza che “solo il popolo aiuta il popolo”.

L’appoggio del popolo alla lotta contro le mancanze dello stato si è mostrato attraverso varie vie. Il 18 maggio la Delight Lab, uno studio audiovisivo indipendente, proietta la parola “Fame” sull’edificio di Telefonica, il quale si affaccia su Piazza della Dignità, centro delle proteste dei mesi precedenti. Il giorno dopo organizzano un’altra proiezione, mostrando questa volta la parola “Umanità”. Su Instagram lo studio artistico scrive così: “Oltre ogni colore politico, ideologia o pensiero che inevitabilmente ci divide, nel bel mezzo di questa pandemia, siamo chiamati a connetterci e ad unirci dal profondo della nostra umanità, per restare uniti e uscire dalle avversità che ci si presentano”. Qualche giorno dopo la Delight Lab dichiara pubblicamente di aver ricevuto una serie di email, messaggi, attacchi e insulti tramite le reti sociali a causa delle proiezioni effettuate. Per messaggio gli mostrano anche di essere al corrente dei numeri delle carte d’identità dei componenti del gruppo, dei loro indirizzi di casa e di tutti i loro dati privati. Per concludere la minaccia, al gruppo è stato consigliato di “stare attenti” e gli è stato promessa una punizione in caso avessero voluto continuare a mostrare la loro arte. Come se non fosse abbastanza, la seconda proiezione, quella della parola “Umanità”, è stata prontamente censurata da una luce ad alta potenza che è riuscita a coprire la scritta proiettata da Delight Lab. Si è riscontato che la luce provenisse da un camion parcheggiato lì vicino appositamente abilitato e protetto da alcuni agenti di polizia.

Questo ennesimo attentato alla libertà di espressione si somma alle numerose mancanze da parte dello stato che, pur essendo a conoscenza delle difficoltà che il suo popolo è costretto ad affrontare a causa delle sue scelte politiche, prosegue imperterrito con le sue ingiuste decisioni.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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