“In ultima analisi, la ribellione è il linguaggio di chi non è stato ascoltato. Cos’è che l’America non ha voluto ascoltare? Non ha sentito che la povertà delle persone di colore è peggiorata negli ultimi anni. Non ha sentito che la promessa di pace e libertà non è stata mantenuta. Non si è accorta che una larga parte della società bianca è più interessata alla tranquillità e allo status quo che a giustizia, uguaglianza ed umanità. Per tal motivo, in un certo senso, le proteste estive nella nostra nazione sono dovute ad un inverno di rinvii.” Così parlava Martin Luther King Jr. Lo faceva nel 1967. 53 anni dopo il suo pensiero è più attuale che mai.

Martin Luther King, foto: Vatican News

A ferro e fuoco

Tutti sappiamo che cosa stia avvenendo dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Tutti sappiamo che, incurante della pandemia ancora dilagante negli Stati Uniti, pressoché tutta la componente etnica afroamericana della popolazione americana, oltre a una discreta parte delle altre etnie che popolano uno Stato ben variegato, non sottovalutiamo questo dettaglio, è scesa in strada a protestare, con forza, convinzione, spesso, purtroppo, anche con veemenza e violenza.

Ne abbiamo già parlato anche sulle pagine di AFV e la questione resta di un’attualità scottante. Nel momento in cui si scrive, le proteste sono cominciate in almeno 75 città americane, in alcuni casi anche con violenza, come ad esempio a Indianapolis, dove si parla di un morto. Telegiornali, siti internet e carta stampata riportano di come polizia, esercito e Guardia Nazionale, tutti mobilitati per far fronte agli episodi più gravi, siano intervenuti obbedendo agli ordini dei governatori statali. In alcuni casi, come ad esempio nel Minnesota del democratico Tim Walz, dove tutto è esploso a seguito dell’incredibile morte (per soffocamento perpetrato da un agente di polizia inginocchiato sul collo) di George Floyd a Minneapolis, i governatori hanno optato per il pugno duro. La misura del coprifuoco, invece, è stata adottata pressoché ovunque, anche a causa del COVID-19 che, ricordiamo, è ancora un grave allarme negli USA.

George Floyd, Foto: Controcampus

L’evoluzione della protesta

La giornata di ieri era stata prevalentemente pacifica. In alcuni casi, come ad esempio nella città nera di Atlanta, in Georgia, forze dell’ordine e manifestanti avevano trascorso ore pacifiche, con alcuni poliziotti che si erano fatti riprendere dai social a solidarizzare con i manifestanti, specialmente quelli di colore che hanno numerose preoccupazioni per i loro figli, in un Paese come gli USA, ancora dominato da una classe bianca, anglosassone e protestante (WASP come si suol dire) piuttosto arretrata in termini di uguaglianza razziale. Basti vedere il Presidente, dopotutto.

Nella notte, però, la situazione si è fatta più spinosa. A calar delle tenebre, decine di migliaia di persone sono scese in strada per manifestare contro la morte di un altro cittadino di colore per mano di un poliziotto bianco. George Floyd, soffocato a Minneapolis, è però solo l’ultimo di una interminabile stagione di omicidi a sfondo razziale da parte delle forze dell’ordine.

Il caso Ahmaud Arbery

Prima di lui ci fu Ahmaud Arbery, ucciso a Brunswick, Georgia, il 23 febbraio. Un video reso pubblico di recente ha dimostrato come due uomini, padre e figlio, sui quali si sta indagando per possibili relazioni con gruppi suprematisti bianchi, lo abbiano inseguito mentre faceva jogging e poi ucciso, poiché sospettavano fosse un ladro. O almeno così hanno affermato. Gli ultimi sviluppi potrebbero portare alla luce altre complicità di vicini dei McMichael, i due assassini, nell’omicidio del giovane afromericano.

Ahmaud Arbery, Foto: New York Times

La morte di Breonna Taylor

Il 13 marzo a Louisville, nel Kentucky, fu uccisa Breonna Taylor, una ragazza di colore di 26 anni. Anche questo omicidio, sul quale ancora si sta investigando, è probabilmente figlio di odio razziale. Taylor e il suo fidanzato, Kenneth Walker, erano sospettati di far parte di un giro di spaccio. Secondo la testimonianza dei 3 agenti di polizia, sarebbe stato Walker ad aprire il fuoco per primo e loro avrebbero risposto per legittima difesa.

La famiglia di Breonna Taylor, invece, ha affermato che gli agenti abbiano fatto irruzione nell’appartamento che la ragazza condivideva con il suo amante senza bussare (secondo la pratica del no-knock warrant, la quale consente alle forze dell’ordine di entrare in proprietà private senza bussare, per cogliere i sospettati con le mani nel sacco, come si suol dire, senza dar loro modo di nascondere sostanze stupefacenti o altre prove), non si sarebbero neppure annunciati come poliziotti e avrebbero aperto il fuoco nel più totale disprezzo del valore della vita umana. Comunque sia andata, Breonna Taylor è morta a causa di 8 colpi di pistola esplosi da 3 agenti di polizia bianchi.

Breonna Taylor, Foto: ABC News

Gli episodi riportati, naturalmente, sono solo gli ultimi in ordine di tempo.

Rabbia e violenza

Sabato notte, a Philadelphia sono state bruciate autopattuglie della polizia. A Los Angeles sono stati saccheggiati molti negozi. A Richmond, la capitale della Virginia, forze dell’ordine sono state ferite e portate in ospedale. A Indianapolis, oltre al manifestante morto di cui sopra, un ufficiale di polizia ha affermato che il suo dipartimento ha ricevuto così tante segnalazioni di spari che ha smesso di contarle. Il coprifuoco è stato dichiarato in oltre 25 città, il numero più alto dall’aprile del 1968, quando tantissimi americani scesero in strada per protestare in seguito all’assassinio, a Memphis, di quel Martin Luther King Jr. con cui abbiamo aperto l’articolo.

La forza di questa protesta è dovuta anche al particolare momento che stanno vivendo gli Stati Uniti e il resto del mondo. La quarantena, la crisi economica galoppante che ha lasciato 40 milioni di americani senza lavoro, il becero status quo di una società spaccata in due con un abisso biblico a dividere ricchi e poveri, tutto è stato brutalmente portato alla luce dall’azione di un cretino in divisa che è stato per oltre 8 minuti in ginocchio sul collo di George Floyd, incurante del fatto che lui stesso gli dicesse di non riuscire a respirare.

Nella mattinata di domenica erano ancora ben visibili la devastazione, il disordine ed il fumo, in molte città americane. Gli Stati Uniti sono più che mai una nazione divisa e disorientata. Gran parte dei loro problemi, però, sono comuni a tutto il Pianeta. Le proteste diventano inevitabili quando il potere continua a voltarsi dall’altra parte, rifiutandosi di ascoltare il grido del povero e dell’oppresso. Proprio come diceva Martin Luther King.

Di Mattia Mezzetti

Mattia Mezzetti. Nato nel 1991 a Fano, scrive per capire e far capire cosa avviene nel mondo. Crede che l’attualità vada letta con un punto di vista oggettivo, estraneo alle logiche partitiche o di categoria che stanno avvelenando la società di oggi. Convinto che l’unica informazione valida sia un’informazione libera, ha aperto un blog per diffonderla chiamato semplicemente Il Blog: http://ilblogmm.blogspot.it.

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