Carlo Musilli
Proprio quando c’è bisogno del pragmatismo più esasperato, la politica italiana dibatte sull’apoteosi della fuffa. Sì, perché questo sono gli “Stati generali dell’economia” annunciati la settimana scorsa da Giuseppe Conte: una fiera nazionale dell’aria fritta. All’inizio il Presidente del Consiglio pensava di convocare nella romana Villa Pamphilj “i principali attori del sistema Italia: le parti sociali, le associazioni di categoria e singole menti brillanti”. Poi l’appuntamento si è spostato in videoconferenza, per evitare assembramenti.
L’obiettivo però è rimasto lo stesso: trovare una strategia per spendere il fiume di soldi che l’Italia riceverà dall’Europa nei prossimi quattro anni. E quindi sblocca-cantieri, alta velocità, investimenti, riforma del fisco e della giustizia, semplificazione della burocrazia, innovazione, banda larga e via elencando. Il tutto – si è detto – in presenza anche di “menti brillanti” o presunte tali, come quelle dell’architetto Massimiliano Fuksas e del regista Giuseppe Tornatore. Qualcuno si è spinto perfino a sussurrare il nome di sua maestà Mario Draghi.
È chiaro a tutti che questi Stati Generali saranno solo l’ennesimo tavolo inutile, capace di partorire impegni e proposte, ma non una sola idea su come realizzare le norme attuative e affrontare i problemi che salteranno fuori. Insomma, una perdita di tempo colossale proprio ora che il tempo non c’è: il Commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha fatto sapere che i piani nazionali su come utilizzare i fondi europei andranno presentati a settembre, al massimo entro la prima settimana di ottobre.
Il progetto di Conte non convince il Pd: anzi, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è addirittura furibondo per non essere stato coinvolto nell’iniziativa, di cui ha appreso dal telegiornale.
Negativa anche la reazione della Cgil, secondo cui l’appuntamento farà solo gli interessi di Confindustria. Il segretario Maurizio Landini punta a un accordo con governo e industriali per bloccare i licenziamenti in autunno, quando la cassa integrazione finirà e milioni di posti di lavoro rischiano di saltare. Ma è ovvio che un’intesa del genere non arriverà mai nella cornice di un summit evanescente.
Allora a cosa servono, davvero, gli Stati Generali? La risposta è una sola: ad allestire una vetrina per il Presidente del Consiglio, che è sempre più isolato e ha bisogno di rafforzarsi in vista del picco della crisi economica, atteso dopo l’estate. Conte sa benissimo di giocarsi buona parte del suo futuro politico nei prossimi tre mesi. Anche per questo non fa che sminuire il ruolo della task force guidata da Vittorio Colao, che ha appena finito di allestire il suo piano per la ricostruzione post-Covid. Il Pd crede in questo lavoro e Gualtieri vorrebbe valorizzarlo, ma sembra che il Premier non intenda usarlo nemmeno come base di partenza per gli Stati Generali. Al centro della scena deve esserci lui e lui solo. L’Avvocato del Popolo
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