Con queste parole Vito Crimi ha giustificato la vendita di due navi da guerra all’Egitto governato dal dittatore al-Sisi. Vito Crimi non è l’ultimo arrivato, è il viceministro dell’Interno dell’attuale governo il nonché capo politico del Movimento 5 Stelle dopo le dimissioni di Di Maio. “Mica gliele stiamo regalando”, ha detto. Noi ci limitiamo a ricordare alcune cose, e quando sarà il momento le ricorderemo anche a Crimi, Conte e compagnia.
Tra fine gennaio e inizio febbraio del 2016 un giovane italiano che svolgeva attività di ricerca in Egitto è stato rapito, torturato e ucciso dalle forze di sicurezza egiziane: Giulio Regeni.
Dopo quattro anni, a inizio febbraio del 2020, un giovane egiziano che studia all’università di Bologna è stato arrestato, torturato e detenuto arbitrariamente anche nel mezzo di una pandemia: Patrick Zaky.
A ottobre del 2019 Luigi Di Maio, in qualità di ministro degli Esteri, affermò solennemente che “per l’Italia è arrivato il momento di cambiare passo e atteggiamento. Lo stallo con l’Egitto sull’omicidio di Giulio Regeni non è più tollerabile. Per noi la verità sull’assassinio di Giulio è una priorità che non può subire alcuna deroga”.
Nel novembre del 2019, in occasione del sesto anniversario della salita al potere di Abdel Fattah al-Sisi, Amnesty International ha rilasciato un rapporto da cui emerge un quadro agghiacciante: arbitrarietà di arresti e detenzioni, esecuzioni extragiudiziali, persecuzioni dei sindacati (che furono tra i principali protagonisti della “primavera araba” di dieci anni fa).
Intanto l’Italia e l’Egitto si trovano su due fronti opposti nella guerra in Libia: ma in fondo questo poco importa, dato che entrambi i fronti combattono sulla pelle dei civili libici e dei migranti – a proposito, è notizia di oggi che migliaia dei migranti “salvati” dalla guardia costiera libica in virtù dei patti sottoscritti da Minniti siano stati poi costretti a combattere, usati come carne da macello nel conflitto libico.
Nel frattempo, dal 2016 ad oggi, l’Egitto è diventato il primo acquirente per le esportazioni dell’industria militare italiana. Ma gli 870 milioni spesi da al-Sisi nel 2019 sono briciole in confronto ai miliardi di euro (tra 9 e 11) attualmente in ballo per l’affare delle due navi da guerra e per altre vendite che riguarderebbero aerei ed elicotteri.
E per chiudere in bellezza alcuni giornali, oggi, evocano una possibilità: che le navi da guerra vendute dall’Italia ad Al-Sisi possano servire a portare avanti quel conflitto tra Egitto e Turchia che fino ad ora si è svolto per interposta persona, ossia sul suolo della Libia, ma che rischia adesso di diventare uno scontro diretto il cui teatro naturale sarebbe il mar Mediterraneo che si stende tra i due paesi.
Ma “è solo un fatto economico”.
Potere al popolo