Gli ultimi otto mesi della politica kosovara sono state a dir poco movimentati: dopo le elezioni del 6 ottobre 2019, ci sono voluti quattro mesi per la formazione di un governo; a febbraio, finalmente, ha visto la luce l’esecutivo guidato da Albin Kurti, che però ha avuto vita breve, in seguito alla sfiducia del 25 marzo. In questo contesto, il nuovo accordo di coalizione per la guida della repubblica autoproclamata non sembra in grado di garantire una maggiore stabilità alla guida politica del Kosovo.
Il parlamento di Priština ha infatti votato la fiducia al nuovo governo condotto da Avdullah Hoti, che aveva ricoperto brevemente il ruolo di vicepremier di Kurti. Esponente della Lega Democratica del Kosovo (Lidhja Demokratike e Kosovës,LDK), Hoti era stato liquidato da Kurti, leader di Vetëvendosje! (ossia Autodeterminazione! in lingua albanese, noto con l’abbreviazione VV o LVV), in seguito alla rottura dell’accordo tra le due formazioni politiche. Isa Mustafa, leader della LDK, ha deciso di assegnare proprio ad Hoti la guida del nuovo governo, dopo aver raggiunto un accordo con diverse forze politiche.
L’esecutivo, infatti, include anche rappresentanti dell’Alleanza per il Futuro del Kosovo (Aleanca për Ardhmërinë e Kosovës, AAK), il partito dell’ex primo ministro Ramush Haradinaj, dell’Iniziativa Social Democratica (NISMA Social Demokrate), formazione di centro-sinistra guidata da Fatmir Limaj, e di due formazioni che rappresentano le minoranze etniche, la Lista Serba (Srpska Lista) ed il Partito Democratico Turco del Kosovo (Kosova Demokratik Türk Partisi).
Il nuovo governo ha ricevuto il via libera da parte della Corte Costituzionale di Priština il 28 maggio, e Hoti è stato successivamente nominato primo ministro dal presidente Hashim Thaçi, entrando ufficialmente in carica a partire dal 3 giugno. Kurti, dal canto suo, ha espresso il proprio dissenso nei confronti della sentenza della Corte Costituzionale, affermando che la formazione del nuovo esecutivo sarebbe dovuta avvenire in seguito a nuova elezioni. L’ormai ex premier contava sul fatto che il suo partito, VV, sia quello più rappresentato in parlamento, reclamando per sé la guida del governo.
In effetti, nella giovane storia del Kosovo dall’autoproclamata indipendenza del 17 febbraio 2008, si tratta della prima volta che un governo viene formato sotto la guida di un esponente del partito secondo classificato alle elezioni. Tuttavia, i numeri in parlamento affermano la legittimità del governo Hoti, che ha ottenuto la maggioranza assoluta per un solo seggio, ottendo 61 voti favorevoli sui 120 scranni che compongono l’emiciclo kosovaro, con un astenuto, ventiquattro contrari e trentaquattro assenti.
Certamente, la maggioranza ridotta ottenuta dal nuovo esecutivo lascia non pochi dubbi sulla futura stabilità dello stesso. Inoltre, i partiti che sostengono Hoti si sono presentati alle elezioni dello scorso ottobre con programmi elettorali spesso in contraddizione fra loro: in particolare l’AAK di Haradinaj ha portato avanti una campagna elettorale basata sullo scontro frontale con la Serbia, mentre il governo Hoti è stato formato proprio con il fine di portare avanti i negoziati con Belgrado al fine di eliminare i dazi sui commerci tra le parti. Nel suo discorso di inseidamento, il nuovo premier ha dichiarato di essere favorevole al raggiungimento di un accordo con il governo serbo del presidente Aleksandar Vučić, ma di rifiutare la modifica dei confini del Kosovo, che invece la Serbia vorrebbe al fine di annettere i territori kosovari abitati dai serbi.
Il dialogo tra le due parti, considerato come un elemento fondamentale per garantire la stabilità della regione balcanica, si è interrotto nel 2018. Nel novembre 2018, il governo kosovaro di Haradinaj ha imposto tariffe al 100% sulle merci importate dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina. La Serbia, dal canto suo, ha continuato a portare avanti una campagna internazionale per chiedere il ritiro del riconoscimento del Kosovo come stato indipendente da parte dei Paesi che lo avevano precedentemente riconosciuto, tra i quali figura l’Italia.
La presenza della Lista Serba all’interno della coalizione lascia presagire una politica di maggiore apertura da parte del nuovo esecutivo, se Haradinaj deciderà di rinunciare al suo programma di guerra commerciale con Belgrado. La riapertura del dialogo tra Serbia e Kosovo è sostenuta anche da Stati Uniti ed Unione Europea, ed il raggiungimento di un accordo tra le parti è considerato come un punto imprescindibile per convalidare la candidatura di Priština per l’adesione all’UE.
Il Kosovo, considerato a ragione come una creazione degli Stati Uniti a partire dalla “guerra umanitaria” del 1999, si conferma come uno strumento di Washington nella regione balcanica, e con ogni probabilità il nuovo esecutivo, troppo debole per avere un reale peso politico, si limiterà ad eseguire quanto ordinato dagli invitati speciali di USA e UE, Richard Grenell e Miroslav Lajčák, nominati come responsabili per il dialogo Belgrado-Priština.
CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK
Giulio Chinappi – World Politics Blog