Il piano Colao inizia chiedendo esplicitamente di scongiurare ripercussioni civili, penali ed economiche sulle aziende pubbliche e private per i contagi da Covid.
Sul Piano Colao saranno necessari ulteriori approfondimenti ma fin da ora è evidente la finalità di questo lavoro, ad esempio
- la “sburocratizzazione” della pubblica amministrazione (ricorso allo smart working nell’ottica di disinnescare ogni elemento conflittuale e sindacale nel pubblico impiego)
- la idea di abolire il codice degli appalti per erodere ogni spazio di contrattazione della forza lavoro sfruttata e sottoposta a continue erosioni di salario e diritti
- la deregolamentazione dei contratti nazionali a favore del secondo livello di contrattazione e delle gabbie salariali.
- gli aiuti a fondo perduto a favore delle imprese accordando loro un sistema fiscale decisamente favorevole e con oneri totalmente a carico dello Stato
Mentre il Governo pubblicava il piano Colao riprendeva la campagna per ridurre il costo del lavoro.
Tuttavia, contrariamente alla vulgata liberista. il costo del lavoro continua a scendere da diversi anni. sicuramente dal 2015 quando tagliarono pesantemente le tasse a quasi esclusivo favore dei padroni
Il potere di acquisto dei salari è da anni praticamente fermo, le pensioni sono messe anche peggio svincolate da ogni recupero del potere di acquisto perduto, dopo nove anni di blocco della contrattazione per 3,2 milioni di dipendenti della Pubblica amministrazione sono arrivati 80 euro di aumenti con un contratto che anche sul fronte dei diritti e del potere contrattuale inaugura una fase regressiva.
Dal 1° luglio 2020 si parte con altri tagli al costo del lavoro tra trattamento integrativo o detrazione fiscale in base alle fasce di reddito, le misure dovrebbero riguardare circa 15\6 milioni di dipendenti pubblici e privati e stando a ciò che abbiamo letto ne beneficeranno i redditi fino a 40 mila euro annui in aggiunta a chi già percepiva i famosi 80 euro del governo Renzi.
Siamo certi che minori tasse sul lavoro, è questo che vogliono far credere, determinino automaticamente buste paga più pesanti? Noi pensiamo si tratti di un grande abbaglio.
Intanto i contributi a fini previdenziali sono sempre più leggeri con il sistema contributivo, il costo orario del pubblico e del privato è praticamente fermo da anni, questi sono fatti incontrovertibili.
A tutto ciò si aggiunga che mai è stato raffrontato il vantaggio delle imprese per la riduzione della pressione fiscale con i benefici indirizzati verso le buste paga, negli anni passati li analizzammo per capire che la intera operazione era finalizzata a ridurre il costo del lavoro e a indebolire il poter di acquisto e di contrattazione.
La richiesta di aumenti contrattuali seri e stabili in busta paga, l’aumento dei contributi previdenziali restano soluzioni di gran lunga preferibili ai bonus, sicuramente provvedimenti stabili e duraturi senza dimenticare poi che le minori entrate statali dovranno essere compensate con qualche taglio di spesa.
Secondo una recente elaborazione del centro studi di Assolombarda sui dati 2019 dell’Ocse (gli ultimi disponibili), l’Italia, piano piano, e con tutte le cautele del caso, riducendo il costo del lavoro, tornerebbe ad essere un paese ’ più “competitivo”.
Il costo del lavoro, sempre per la vulgata liberista, sarebbe in Italia il doppio di quello tedesco, a scanso di equivoci va detto, dati alla mano, che la verità è ben altra e il costo del lavoro, come anche in Francia, è decisamente più alta. E poi questi paesi non hanno l’evasione fiscale italiana e puniscono i trasferimenti delle sedi aziendali nei paradisi fiscali, cosa che non accade in Italia, anzi gli imprenditori che nel nostro paese fanno profitti senza pagare le tasse vanno in Tv a discettare sulla ripresa.
La domanda sorge quindi spontanea: quanto diminuiranno gli oneri a carico delle imprese e quanto cresceranno le buste paga? È la domanda alla quale rispondere perché ci sono paesi che hanno costi più elevati del nostro ma le loro economie registrano risultati decisamente migliori.
Non sarà allora che con la scusa della ripresa si voglia perseverare nei favoritismi alle aziende lasciando qualche briciola sul piatto per i nostri salari? Non sarebbe la prima volta e non sarà sicuramente l’ultima.
E l’obiettivo dei padroni è ancora più ambizioso, mirano direttamente al taglio della forza lavoro e dei suoi costi, non si accontentano dei favori accordati dalla fiscalità generale e torneranno a rivendicare l’abbattimento dei costi in nome della ripresa. E dentro quei costi, giusto per rinfrescarci la memoria, ci sono posti di lavoro, contributi previdenziali, costo orario, potere di acquisto dei salari.
Siamo ancora convinti che favorire le imprese sia utile per la ripresa dell’economia o piuttosto per scavare la fossa alla forza lavoro? Le prossime settimane comprenderemo meglio la posta in gioco.
Redazione pisana di Lotta Continua
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