Pubblicata la prima ricerca che quantifica l’esposizione a microplastiche  nella popolazione generale mediante l’ingestione di alcuni frutti e verdure

di Marina Zenobio

Sembra che nella frutta e nelle verdure che mangiamo ci sia davvero troppa microplastica, o almeno questo riporta uno studio che ne evidenzia la concentrazione nelle mele e nelle pere per quanto riguarda la frutta, mentre per quanto riguarda i vegetali lo studio ha preso in oggetto carote, lattuga, patate e broccoli.

La ricerca, condotta dal laboratorio di igiene ambientale e degli alimenti dell’Università di Catania, diretta dalla professoressa Margherita Ferrante insieme a Gea Oliveri Conti, Claudia Favara, Ilenia Nicolosi, Antonio Cristaldi, Maria Fiore e Pietro Zuccarello in collaborazione con Mohamed Banni del Laboratoire de Biochimie et Toxicologie Environnementale di Sousse in Tunisia, è stata pubblicata di recente dalla rivista di settore  Environmental Research .

Dai dati raccoglie il livello medio più alto (range quantitativo) di microplastiche nei campioni studiati che è risultato essere di 223.000 (52.600–307.750) nella frutta e 97.800 (72.175–130.500) nelle verdure. In particolare la mela e la carota sono risultati i campioni più contaminati.

Dati considerati importanti ma in mancanza di una valutazione sulle conseguenze per la salute umana non in grado di dare risposte definitive.

“Il gruppo di lavoro – spiegano la prof.ssa Margherita Ferrante e la ricercatrice Gea Oliveri Conti – sta, inoltre, ampliando gli alimenti investigati. Attualmente è in fase di elaborazione un ulteriore articolo sui dati derivanti dai filetti eduli di pesce. L’articolo riporta, inoltre, le Estimated Daily Intakes (Assunzioni giornaliere stimate) per adulti e bambini, divenendo di fatto il primo studio che quantifica l’esposizione a microplastiche inferiori ai 10 microns della popolazione generale mediante l’ingestione di tali alimenti”.

Come arrivano le micropalstiche in frutta e verdura?

E’ ormai tristemente noto che i nostri mari ne sono pieni, e che le microplastiche possono contaminare il pesce che poi finisce sulle nostre tavole. Ma come avviene la contaminazione in frutta e verdura? Probabilmente con la pioggia.

Secondo un altro studio pubblicato l’anno scorso su  Nature Geoscience , le microplastiche – frammenti minuscoli di 5millimetri che derivano dalla degradazione di prodotti plastici – possono viaggiare nell’aria percorrendo molti chilometri, trasportate da vento e ricadendo insieme alla pioggia.

Le analisi dei ricercatori di questo studio, che hanno interessato soprattutto la Francia, hanno dimostrato che ci troviamo davanti a una vera e propria pioggia di microplastiche ed è quanto mai urgente un approfondimento adeguato per capire le conseguenze sulla salute umana.

Lo scorso aprile, dopo la pubblicazione dello studio etneo, l’allora vicepresidente della Commissione Europea, Jyrky Katainen, ha così risposto ad una interrogazione relativa alla presenza di microplastiche negli ortaggi dimostrata dal gruppo di ricerca catanese: “In presenza di nuovi dati scientifici riguardanti i possibili effetti delle micro e nanoplastiche sulla salute, il loro ingresso nella catena alimentare e la conseguente esposizione umana e animale attraverso un normale regime alimentare, potrebbero essere prese in considerazione misure appropriate qualora vi fossero prove di un rischio per la salute umana e animale. La Commissione – continuava Katainen – sta valutando ulteriori azioni per finanziare la ricerca sull’esposizione alle micro e nanoplastiche e sui loro effetti sulla salute nell’ambito del programma quadro di ricerca e innovazione  Horizon 2020

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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