A fine maggio si apre una direzione, marcatamente di sinistra, a un possibile sviluppo del movimento di opposizione sul lungo periodo. Chiaramente contrario alle prospettive sovraniste, offre degli spunti utili per capire meglio la complicata situazione che si è creata dopo l’affondo del PCC nel maggio del 2020, in parte facilitato dal Covid-19, uno degli alleati migliori che Pechino si è trovata a utilizzare
L’imposizione del PCC della Legge sulla sicurezza dello stato dichiarata durante le Due Sessioni, è vista dalle forze democratiche di Hong Kong come un «abbraccio mortale»(laam chao, in cantonese, è l’ «abbraccio che frigge». Sinteticamente, questa espressione utilizzata dal movimento dallo scorso anno fa il paio con «if we burn, you burn with us») del PCC, è la fine del “un paese due sistemi” .
Il PCC ha accelerato la stretta dell’ «abbraccio mortale» che non poche persone si aspettavano, ciò significa che d’ora in poi il rischio di protestare è incredibilmente più alto, a ciò si aggiunge poi l’acuirsi dello scontro fra Cina e Stati Uniti che sembra ormai essere arrivato a una condizione da guerra fredda e le sanzioni sostenute da quelli che vogliono l’ «abbraccio mortale» non fanno altro che rendere la situazione più intricata e radicale.
In tale contesto, la partecipazione della sinistra è ancora più centrale per il movimento, non solo dobbiamo dire che la legge sulla sicurezza dello Stato non è affatto la fine del mondo, dimostra invece come sia sul piano delle contraddizioni sociali di Hong Kong e di quelle cinesi e sia sul piano del percorso che il movimento deve intraprendere ci sia un legame stretto: Per questo ci appelliamo alla costruzione di un movimento di lunga durata e organizzato, che da una parte sia legato alle organizzazioni di base della comunità, che sappia mobilitare in modo più esteso i diversi strati sociali della società di Hong Kong e, dall’altra parte, provi a unirsi ai movimenti di protesta della Cina continentale, infondendo così al movimento una più duratura spinta.
IL 2047 È GIÀ ARRIVATO?
Le “due sessioni” –lianghui – aperte dal PCC ha visto la Commissione permanente dell’assemblea del popolo utilizzare l’articolo 18 della Basic Law con il riferimento all’Annex III per imporre alla legislazione di Hong Kong la legge sulla sicurezza dello Stato.
Le quattro categorie della legge sulla sicurezza dello Stato comprendono le attività separatiste, le attività volte al rivolgimento del potere dello Stato, l’organizzazione di attività terroristiche, l’influenza di forze straniere ed esterne negli affari della Regione amministrativa speciale (HKSAR).
La bozza di legge specifica anche come Hong Kong «debba istituire organi e meccanismi di implementazione per la protezione completa della sicurezza statale», come le strutture del Partito comunista cinese a protezione della sicurezza dello Stato, in base alle necessità stabiliscono a Hong Kong gli organi che hanno il compito operativo, come il capo dell’Esecutivo di Hong Kong deve inviare periodicamente un report sulla sicurezza dello Stato al governo centrale, avviare attività di diffusione sulla sicurezza dello Stato nel mondo dell’istruzione etc etc
La nuova Legge sulla sicurezza dello Stato si muove attorno all’articolo 23 della Basic Law (che dal 2003, grazie all’opposizione di una stragrande maggioranza, i diversi governi di Hong Kong non sono riusciti a fa diventare legge) — ma in realtà copre degli ambiti molto più ampi rispetto all’articolo 23— senza alcuna consultazione, utilizza la “sicurezza dello Stato” per silenziare tutte le voci contrarie, mobilitando gli umori nazionalistici fa equivalere le voci di opposizione ai “nemici della nazione”.
Nel contesto della doppia partita locale e internazionale che vede contrapposti Cina-Hong Kong e Cina-Stati Uniti, il movimento di ogni attore diventa particolarmente complicato.
Il livello di rischio che corre qualsivoglia movimento di protesta a Hong Kong è ormai difficilmente calcolabile. Basta scandire in pubblico “Carrie Lam dimettiti”, “ sciogliete la polizia”, “Hong Kong indipendente” e altri simili slogan che molto probabilmente il Procuratore generale potrà considerarle come azioni volte al sovvertimento del potere dello Stato in violazione della nuova legge sulla sicurezza dello Stato.
Effettivamente la Legge sulla sicurezza dello Stato ha la forza di intimidire l’ala più moderata del movimento. Per esempio il Fronte civile dei diritti umani si è sempre accollato il compito di organizzare i grandi cortei e i raduni, e visto che deve garantire la sicurezza di tutti, può organizzare solo cortei e raduni legali.
Se la polizia dichiara che il Fronte civile dei diritti umani viola la Legge di sicurezza dello Stato (al momento non è chiaro se si tratterà ancora di un compito della polizia di Hong Kong oppure se Pechino delegherà il compito direttamente ai propri dipartimenti competenti della Cina continentale), può quindi intimidire parecchie persone, e così vedere uno o due milioni di persone che pacificamente manifestano per strada sarà un evento del passato. Da questo punto in poi, visto che ogni azione moderata è resa impossibile, il movimento non potrà che radicalizzarsi, ma così verrà a mancare una base di massa e il movimento sarà costretto a entrare in una fase più estremista e violenta e i rischi saranno ben maggiori.
NATURA E RAPPORTO FRA IL PCC E IL GOVERNO DI HONG KONG
In questo momento storico, l’entrata in scena della legge sulla sicurezza dello Stato rappresenta l’apice di una serie di azioni politiche su Hong Kong emerse negli ultimi mesi. In un breve lasso di tempo il PCC e il governo di Hong Hong hanno agito mano nella mano ripetutamente: l’interferenza nell’elezione del presidente del Consiglio legislativo (LegCo), l’edificazione illegale di un doppio potere di controllo non previsto dalla Basic Law; l’interferenza del Ministero dell’istruzione (di Pechino) sulle domande d’esame formulate dal dipartimento degli esami e valutazioni ; la stretta sulla libertà di produzione della televisione di Hong Kong operata dal governo di Hong Kong e dalla mobilitazione delle forze conservatrici (pro-Pechino); ancora una volta l’arresto su larga scala dei rappresentanti del campo pan-democratico (nonostante non siano più centrali nel movimento).
Tutte queste misure dimostrano come il PCC voglia stringere il controllo sul governo di Hong Hong e sulla “società civile”, come la voglia portare Hong Kong allo status di una comune città della Cina continentale e con ciò dare l’addio a “un paese due sistemi”.
Qual è la realtà che ha facilitato tutti questi provvedimenti? Per quanto riguarda la condizione interna della Cina continentale, Pechino si trova di fronte a quarant’anni di politiche di riforme e aperture a servizio della grande borghesia, e ciò ha generato una sempre più forte disuguaglianza; per quanto riguarda Hong Kong, deve ingraziarsi i capitali cinesi con quelli “propri” e stranieri, a ciò si aggiunge una logica capitalista estremista affermatasi già durante l’epoca coloniale inglese con un sistema di protezioni sociali insufficiente e una differenza fra ricchi e poveri sempre più profonda.
Riguardo ai capitalisti di Hong Kong, è vero che la situazione è complicata e che non sono soddisfatti dei modi con cui il governo reprime le proteste, però nel complesso sono contrari al movimento di opposizione, non possono che appoggiare la nuova legge sulla sicurezza dello Stato, perché favorisce i gli interessi del capitale. Rispetto all’esterno, Pechino cerca di allargare la penetrazione nei mercati per soddisfare le richieste del capitalismo interno, compete con le economie sviluppate, sostiene la guerra commerciale con gli Stati Uniti.
Diversi motivi quindi spingono il PCC a mobilitare gli umori più estremi del nazionalismo del popolo cinese.
Da un lato oscura il peso del gioco della grande superpotenza che sta sulle spalle della gente comune, lo trasferisce scambiando la lotta di interessi interna alla classe governante come fosse un conflitto di identità nazionale; dall’altro, crea nelle masse cinesi un fronte unito delle forze di destra, reprime le voci di dissenso per cui o sostieni il “rinascita nazionale” (minzu fuxing) o sei un nemico della nazione, e così naturalmente blocca le voci di dissenso radicali di Hong Kong, o per usare le parole di Pechino «non permetteremo a Hong Kong di diventare una base anti-cinese e di destabilizzazione di Hong Kong» (fan zhong luan gang), in ogni caso il significato di queste espressioni è legittimare il proprio dominio.
DOPO LA DISILLUSIONE, COME PUÒ RIPARTIRE IL MOVIMENTO
Non c’è dubbio che il movimento subirà dei forti colpi nel breve periodo, sopratutto gli oppositori che nel corso della mobilitazione si incammineranno verso l’obiettivo dell’indipendenza, questi saranno le prime vittime di una vendetta che cova da tempo e che ora è legalizzata grazie alla Legge sulla sicurezza dello Stato. Volenti o nolenti, gli attivisti indipendentisti sono già indicati come l’agnello sacrificale dalla Legge sulla sicurezza, con la lama al collo sono pronti per essere scannati. Però un vero movimento di protesta non può essere o diventare una offerta sacrificale. E’ vero che per le elezioni di Settembre non si vede un esito positivo, è vero che il movimento è entrato in una situazione estremamente difficile riguardo al manifestare in strada, che abbiamo ogni sorta di motivo per essere pessimisti e disperati, e se migrare in altri paesi non è la soluzione (che poi per la maggior parte dei subalterni non è una soluzione praticabile), allora bisogna che riflettiamo e prepariamo una nuova direzione verso cui ripartire. Due sono le direzioni:
La prima direzione: preso il movimento nella sua totalità, quale tipo di opposizione duratura fa sì che gli oppositori, una volta colpiti, non si scoraggino e non si depoliticizzino? Che tipo di lavoro è necessario per indebolire il centro dello spettro politico attuale e portare chi ora ci sta a rafforzare nuovamente la base del movimento? Queste domande ci riportano a questioni del tipo «che relazione ha il movimento con la mia vita?», «la democrazia e la società più giusta che il movimento porta, come può migliorare la mia vita?»
Dopotutto il movimento è stato sotto stress in questi ultimi tempi, si può dire che sia decisamente affaticato, tanto che basarsi ancora sull’umore, la paura, la disperazione per rinvigorire la mobilitazione è ormai difficile.
Dobbiamo capire che il movimento deve al più presto unirsi alla più vasta forza dei subalterni, da un lato deve aumentare la penetrazione nei consigli di distretto in modo che le forze progressiste abbiano occasione di unirsi di più ai subalterni; dall’altro lato i sindacati devono essere più aderenti a un’epoca di politicizzazione come questa, in un movimento di lunga durata c’è bisogno di persone che agiscano in profondità in queste organizzazioni, e che le colleghino fra di loro. Il senso di un tale cambiamento di direzione è abbandonare l’illusione dell’appoggio della borghesia al movimento, rafforzarsi politicamente sul livello delle classi popolari, fare in modo che la politica non sia solo elezioni e interessi, ma sia effettiva autodeterminazione e coscienza di classe.
Il problema concreto è questo: possono gli studenti organizzarsi e portare la coscienza politica e dei diritti nelle comunità e utilizzare i problemi quotidiani come l’abitare, la povertà per raccogliere le forze utili alla mobilitazione? Oppure nei sindacati, è possibile costruire un approccio di economia politica, combattere i sindacati conservatori e attirare più persone nelle mobilitazioni dei sindacati progressisti?
Per questo tipo di lavoro c’è bisogno di grandi forze, in più si tratta di una battaglia senza scappatoie perché i consigli distrettuali cambiano con le elezioni e i sindacati conservatori contrattaccano appena ne hanno occasione.
Per far diventare questi due versanti una base durevole del movimento c’è bisogno di nuove energie capaci di coltivarne altre nuove, solo così ci saranno dei risultati.
La seconda direzione: come detto sopra, le contraddizioni sociali della Cina continentale e di Hong Kong sono collegate, infatti mentre a Hong Kong è emersa da un anno una opposizione violenta, nella Cina continentale forze di resistenza sussistono a pieno. I movimenti del lavoro, i movimenti femministi e i movimenti contro l’espropriazione dei terreni sono una costante delle lotte nella Cina continentale degli ultimi anni. Nel caso del lavoro, solo per parlare degli ultimi mesi, le proteste degli operai edili e quelle dei tassisti sono state le principali.
Però, mentre le due classi dominanti si uniscono per la prima volta, gli oppressi si trovano divisi in modo assoluto, il collegamento del movimento di Hong Kong con la Cina è debolissimo: la Cina immagina Hong Kong come una piccola isoletta colonizzata e Hong Kong immagina la Cina come un paese di persone stupidamente obbedienti.
Oggettivamente, poggiando solo sull’appartenenza “nazionale” e anche avendo dalla propria parte l’ala più moderata, il movimento di Hong Kong si trova in una situazione di evidente disparità di forze. Ma da che ci troviamo in tutti e due i posti di fronte al medesimo potere politico e con contraddizioni sociali molto simili, ecco che è evidente come le forze di opposizione devono unirsi; e se ci si unisce, allora bisogna eliminare quel discorso nazionalista che i dominanti esasperano, e ancor di più bisogna negare ogni forma di mobilitazione di tipo discriminatorio e trasformarla invece in reciproca attenzione e appoggio.
Quando il discorso ufficiale monopolizza il nazionalismo, il movimento di opposizione necessita a maggior ragione di un approccio internazionalista per svolgere la propria resistenza: perché tutte le azioni intraprese dal potere in Cina e a Hong Kong sono a servizio degli interessi della rispettive borghesie, chi si sacrifica sono le rispettive classi (jieceng, strati) lavoratrici. Dobbiamo liberarci dal complesso eroico e solitario racchiuso nel motto “ i fratelli scalano la montagna, ognuno coi propri sforzi” (xiongdi pa shan, gezi nuli; il senso di questo motto, dall’estate del 2019, aveva l’obiettivo di tenere insieme forze diverse e opposte nel movimento), e avviare un ampio collegamento con le forze di resistenza della Cina continentale per ridare vita a un percorso rivoluzionario.
In questo momento storico decisivo, dobbiamo abbandonare le illusioni ma dobbiamo anche rifiutare la disperazione e ripartire. Non abbiamo altre scelte, bisogna stabilire un’ampia e sicura base di massa a Hong Kong tramite la costruzione di organizzazioni di base; e al contempo bisogna liberarsi dai catene del “nativismo” (Hong Kong) e del nazionalismo (Cina), collegarsi alle più ampie forze di opposizione e fornire una nuova spinta ai movimenti sociali del futuro.
Hong Kong è già diventata una delle città della Cina continentale nel senso che affronta le medesime pressioni politiche e la medesima disuguaglianza economica. In un lungo arco di tempo, i movimenti della Cina e di Hong Kong dovranno unirsi per confrontasi col medesimo potere autoritario.