Oriana Fallaci in Vietnam
Francesco Cecchini
“Spesso mi prende un desiderio struggente
di tornare a Sai Gon,
la Sai Gon del mio primo viaggio.
E sogno quelle palme verdi, quelle strade
affollate di cappelli a cono,
quei camion militari, quei risciò,
quel caldo pesante che ti addormenta,
come un misterioso languore
e in una ritrovata saggezza.
Nella mia esistenza,
Sai Gon è affondata come un coltello.”
Oriana Fallaci
Oriana Fallaci nacque a Firenze il 29 giugno 1929 e per ricordare i suoi 90 anni Mangifuoco ha raccontato la sua vita in cinque puntate su Radio uno che possono essere riascoltate e il link è il seguente:
Oriana Fallaci fu da subito coraggiosa, a 14 anni, durante l’ occupazione tedesca di Firenze dall’8 settembre1943 all’ 11 agosto 1944, con il nome di battaglia di Emilia, fece da staffetta ai partigiani portando loro armi e giornali clandestini, pur contiunuando a studiare. Lo studio e la partecipazione alla Resistenza furono i due elementi fondamentali della sua formazione. Tutto ciò Oriana Fallaci lo raccontò nel ” Se il sole muore” del 2010: “Credo di aver maturato a quel tempo la mia venerazione per il coraggio, la mia religione per il sacrificio, la mia paura per la paura.”
Come giornalista fu coraggiosa, oltre che grande. Nel 1967 fu corrispondente di guerra in Vietnam, unica donna italiana. Nel libro “Niente e così sia”, edito da Rizzoli nel 1969 , raccontò l’ anno passato a Saigon tra il 1967 e il 1968, come giornalista dell’ Europeo assieme al fotografo Gianfranco Moroldo. Il suo reportage dal campo di battaglia di Dak To fu significativo . Durante i combattimenti, la Fallaci raccolse le testimonianze dei soldati americani che andavano all’attacco sulla collina 875, la paura di morire, l’indifferenza per la desolazione e l’orrore, l’ emozioni si prova ad uccidere il nemico. Alla fine il tragico inganno, la collina 875, dopo la conquista al prezzo di 358, fu abbandonata. Con lo stesso stile e punto di vista descrisse l’ offensiva del Tet, l’ assedio di Saigon, e tutto ciò che accadde.
Il “Niente e così sia” fu un libro importante sulla guerra del Vietnam ed ottenne successo. La Fallaci, creò un nuovo modo di fare informazione: arricchendo la pura cronaca con le rivelazioni e gli stati d’animo di chi quella guerra la faceva e la subiva.
Copertina del libro Niente e così sia.
Uno dei punti di forza della giornalista Oriana Fallaci sono state le interviste. Già in Vietnam La Fallaci intervistò alcuni protagonisti della guerra, soldati del Fronte di Liberazione Nazionale e soldati dell’esercito degli Stati Uniti. Non fu che l’ inizio di una lunga carriera di intervistatrice, ricca di interviste. Intervistò, tra gli altri Ali Bhutto, Haile Selassie, , Indira Gandhi, Golda Meir, Reza Pahlavi, Yassir Arafat, Henry Kissinger, re Hussein di Giordania, lo Scià di Persia, l’Imam Khomeini, Ariel Sharon, Muammar Gheddafi e Deng Xiaoping.
La tecnica era innovativa, l’ intervistato veniva studiato a fondo e le domande preparate con scrupolo. Così affermò: “Per esser buona un’intervista deve infilarsi, affondarsi, nel cuore dell’intervistato.” Ventisei di queste interviste furono raccolte nel 1974 in “Intervista con la storia”, edito da Rizzoli. Le interviste della Fallaci ebbero una risonanza tale che vennero studiate perfino nelle scuole di giornalismo americane. Il suo modo personale di parlare di politica divenne il “metodo Fallaci”.
Grazie ai suoi reportage dal Vietnam del Sud Oriana Fallaci venne invitata al nord dove chiese di intervistare il Generale Giap, che nel febbraio del 1969 la concesse. Oriana raccontò Giap: Mi stupì anzitutto la sua piccolezza. Sapevo che non raggiungeva il metro e cinquantaquattro ma, visto così, sembrava ancora più corto. […] Gli occhi eran gli occhi più intelligenti, forse, che avessi mai visto. Acuti, astuti, ridenti, crudeli: tutto. Brillavano quanto due gocce di luce, bucavano quanto due coltelli affilati, e trasmettevano una tal sicurezza. Una tale autorità. […] Mi venne incontro con la mano tesa in una disinvoltura mondana. Anche il suo sorriso aveva un che di mondano. […] Accadde che Giap vide il mio magnetofono e si allarmò. […] Io cercai di contrattare, ne nacque una discussione alla fine della quale ci accordammo sulla necessità di prendere almeno gli appunti. E, sulla scia di questo discorso, cominciai a farlo parlare.
L’ intervista durò 45 minuti e dopo averla trascritta dagli appunti presi, il giorno dopo si presentò l’ interprete, An The, con l’ autointervista di Giap, tre foglietti in cartavelina che Oriana Fallaci pubblicò, ma assieme all’ intervista originale, non accontentando così né Giap, né i dirigenti del Partito dei Lavoratori del Vietnam.
Quindi nemmeno il Generale Giap, che sconfisse il colonialismo francese a dien Bien Phu e stava sconfiggendo l’ imprialismo americano riuscì a condizionare Oriana Fallaci.