di Noam Chomsky
Nessun intellettuale pubblico è stato più influente nell’ultimo mezzo secolo negli Stati Uniti del dottor Noam Chomsky, il leggendario linguista, analista politico, attivista e autore di dozzine di libri. A novantun anni conserva tuttora un infaticabile programma di scritti e interviste, tra cui la settimana scorsa con Michael Brooks per il Michael Brooks Show.
Potete abbonarvi al Michael Brooks Show su YouTube qui o come podcast qui, e potete seguire l’intervista di Brooks a Chomsky qui. La trascrizione è stata rivista per brevità e chiarezza.
MB: Quali sono le sue riflessioni nell’osservare il movimento che è esploso dopo le morti di George Floyd e Breonna Taylor per mano della polizia?
NC: La prima cosa che viene in mente è la portata e la dimensione assolutamente senza precedenti della partecipazione, del coinvolgimento e del sostegno pubblico. Se si guardano i sondaggi, è stupefacente. Il sostegno pubblico sia a Black Lives Matter sia alle manifestazioni è ben oltre quello che fu, diciamo, per Martin Luther King all’apice della sua popolarità all’epoca del discorso “Ho un sogno”. E stato anche ben oltre il livello di reazione pubblica a precedenti uccisioni poliziesche.
Può essere il più simile alla reazione al pestaggio di Rodney King a Los Angeles. Lo picchiarono quasi a morte. La maggior parte degli aggressori fu liberata in tribunale senza accuse. Ci fu una settimana di proteste; sessanta persone rimasero uccise e si dovettero chiamare le truppe federali per sedare le proteste. Ma quella era Los Angeles. Oggi è dappertutto.
E non si tratta solo della polizia che uccide; ci sono problemi di fondo. Si sta cominciando a passare a preoccupazioni, indagini e proteste riguardo ai fatti che conducono al verificarsi di eventi come questi. Questo aumento della consapevolezza è assistito dall’ascesa della consapevolezza di quattrocento anni di repressione maligna.
MB: Che cosa ritiene spieghi la natura senza precedenti di questo?
NC: Penso sia il risultato di molti anni di intenso attivismo. Anni fa, ad esempio, il New York Times evidenziò un’importante serie, “1619” sulla storia del razzismo negli Stati Uniti; “1619” perché quello fu l’anno in cui schiavi neri cominciarono ad arrivare in numero considerevole. Non lo si sarebbe potuto immaginare pochi anni fa. E’ uno di molti segni di quelli che io spero siano cambiamenti davvero importanti e pare essere un tributo a gruppi come Black Lives Matter e altri che hanno portato questi temi all’attenzione del pubblico e hanno fatto riflettere la gente al riguardo. E la reazione è oggi molto importante. [E’ diversa da] quando si risale a Ronald Reagan e alla sua apertura della sua campagna elettorale a Filadelfia, Mississippi, il luogo dell’uccisione di tre attivisti dei diritti civili; il messaggio era parecchio chiaro, ma ci fu scarsa reazione.
MB: C’è molta più reazione oggi e i paralleli sono molto forti. E’ molto difficile afferrare una cosa così, in termini dei vari generi di copertura, disinformazione e così via. Dobbiamo avere un approccio cauto, ma da qualcuno che ha radici (per certi aspetti) nella tradizione anarchica, forse per molti aspetti, qual è il suo pensiero su questo zona autonoma sorta a Seattle?
NC: E’ uno di molti sviluppi molto interessanti; in parte reazioni alla pandemia, in parte reazioni [all’assassinio di George Floyd]. La creazione di strutture di mutuo soccorso e di cooperazione che liberano le persone dalle strutture governative, che si sono dimostrate completamente inadeguate a far fronte a particolari problemi, come far arrivare l’acqua alla gente; problemi più fondamentali circa il motivo per cui siamo stati così disperatamente impreparati alla crisi. La zona autonoma è un caso interessante di questo.
Colpisce anche vedere il sostegno [di persone come] il sindaco di Seattle e una quantità di sostegno popolare che sta facendo impazzire Trump e Fox News. E’ un segno positivo, qualcosa di importante. Penso sia una manifestazione importante della sensazione che dobbiamo prendere il controllo delle nostre vite e che non possiamo lasciarlo nelle mani delle autorità che si sono dichiarate nostri signori. Dobbiamo prendere il comando.
MB: E’ importante reinquadrare un po’ questo: che qualcosa possa sorgere e persino finire in “fallimento”, ma se c’è dell’informazione in esso, e se esprime un certo impulso alla giustizia, non occorre che sia misurato linearmente come un successo o un fallimento?
NC: Successo e fallimento sono cose complicate. Ogni lotta seria avrà momenti di regressione. Le cose non funzionano come ci si aspettava, così ci si risolleva e si va avanti da lì. Qualsiasi cosa cui si possa pensare – diritti civili, diritti delle donne, abolizione di norme, ogni cosa – è un processo.
Prendiamo, per dire, la campagna di Bernie Sanders. Ricevo in continuazione lettere o vedo cose postate che dicono: “Abbiamo tentato, abbiamo perso, è finita, dunque mi ritiro”. Non è ciò che è accaduto. Quello che è accaduto è stato un enorme successo, un successo senza paralleli. Nulla di simile a questo è accaduto nella storia degli Stati Uniti, in realtà quasi mai da quando il movimento populista reale, il movimento radicale dei contadini fu represso con la forza. Lo spettro della discussione ha avuto una svolta sostanziale. Cose che non molto tempo addietro non erano all’ordine del giorno oggi sono centrali: assistenza sanitaria universale, sollecitata e amplificata dal disastro della pandemia; un New Deal Verde, il risultato di serio attivismo di un piccolo gruppo di giovani che hanno occupato uffici del Congresso; e lo sfondo è stato il successo di Sander, e di membri giovani del Congresso che eletti al potere per sostenere queste cose.
Sanders ha preso la decisione tattica, che alcuni criticano ma che io ritengo corretta, di aderire alla campagna di Joe Biden e di spingerla a sinistra. I suoi collaboratori stanno lavorando a pianificare commissioni e in realtà, se si guarda al programma emerso, è più a sinistra di qualsiasi altra cosa dopo FDR [Franklin Delano Roosevelt]. Offre un mucchio di opportunità.
Ora, questo non è successo per magia. E’ successo un po’ come il New Deal Verde. E’ successo grazie a pressione e attivismo costanti. E’ così che la sinistra dovrebbe immaginare le elezioni. Premere il tasto [per un candidato] non è il problema. E’ l’attivismo costante che plasma la serie di scelte, temi, politiche. Non si vince schioccando le dita. Alcune cose funzionano, altre falliscono, e ci si risolleva e si riparte da lì.
MB: Voglio chiedere della libertà di espressione. Mi pare che sia caduta in disgrazia tra alcuni a sinistra. Qual è il suo rapporto con la questione della libertà di espressione?
NC: Innanzitutto dovremmo pensare un po’ alla storia. Perché oggi sorge questo problema? E’ nuovo? No. E’ stato la norma per decenni, ma ha sempre attaccato la sinistra e così nessuno vi ha prestato attenzione. Molto oltre quanto sta succedendo oggi: riunioni furono interrotte, bloccate con la violenza; discorsi cancellati; libri distrutti. Così, per esempio, il primo libro da lei citato, La fabbrica del consenso, il primo libro a cui lavorammo insieme Ed Herman e io, fu negli anni Settanta. Il libro fu pubblicato da un editore di grande successo; furono stampate ventimila copie. La casa editrice era di proprietà di una grande società e uno dei dirigenti della società vide il libro, ne fu inorridito e pretese che l’editore lo ritirasse dalla pubblicazione. Quando questi si rifiutò egli distrusse l’intera casa editrice. Tutto il suo magazzino fu distrutto per impedire la distribuzione del libro del peccato.
Importò a qualcuno? Per curiosità, io portai la cosa all’attenzione di eminenti fautori delle libertà civili, come Nat Hentoff e l’ACLU, ma loro non videro alcun problema. Non è censura statale se una società decide di distruggere un editore e di distruggere tutto il suo magazzino per impedire che appaia un certo libro. In realtà fu difficile trovare [incomprensibile] riguardo alla persona che aveva trovato qualcosa di sbagliato nella cosa.
Ma quella non fu l’unica volta. Potrei fornirle altri casi miei in cui libri furono ritirati dalla pubblicazione e mi fu richiesto di restituire l’anticipo perché avevano dei contenuti politici che non piacevano all’editore. Altri sono stati licenziati, posizioni universitarie furono eliminate, e così via. A loro non interessava. Non era censura, era qualcosa diretto contro la sinistra, molto oltre qualsiasi cosa stia accadendo oggi.
Ora, questo non giustifica quello che sta succedendo oggi. Innanzitutto non la chiamerei sinistra; quando il New York Times ritira un editoriale, cosa che io penso non avrebbe dovuto fare, è parecchio difficile chiamarla sinistra.
Quando un gruppo di giovani decide di allontanare qualche oratore dal podio, io penso stiano commettendo un brutto sbaglio, anche da un punto di vista tattico. Ci sono modi molto migliori per gestire la cosa: si può organizzare una contro-sessione in cui si denuncia ciò che sta succedendo e lo si utilizza come opportunità di istruzione. Penso sia sbagliato in linea di principio e sia sbagliato tatticamente. E’ un regalo all’estrema destra; ne gode.
MB: Uno dei molti episodi di attivismo che ho apprezzato immensamente in cui lei è stato coinvolto è stato la sua difesa del presidente del Brasile Lula da Silva quando era un detenuto politico. Lei lo ha visitato quando era in carcere a Curitiba. Può dirci perché pensa che il presidente Lula sia un leader così importante?
NC: Il presidente Lula proveniva da un passato nella classe lavoratrice, era un attivista, nei giorni della dittatura riuscì a organizzare un’opposizione considerevole e si candidò a presidente. La vittoria gli fu strappata due volte, ma alla fine conquistò la presidenza e avviò una nuova era della storia del Brasile.
Non basatevi sulla mia parola; basatevi sulla Banca Mondiale, non un’istituzione radicale. Nel 2016, un paio di anni dopo la fine del suo mandato, ha pubblicato un lungo studio della storia economica brasiliana recente. Ha definito il periodo di Lula in carica il “decennio d’oro” della storia economica brasiliana. Enorme riduzione della povertà, grande aumento dell’inclusione, vaste parti della popolazione, neri e persone totalmente emarginate e oppresse, introdotte nelle politiche per dare alla gente un certo controllo sulle loro vite. Un enorme successo.
Il Brasile era diventato uno dei paesi più rispettati al mondo, se non il più rispettato. Si dia un’occhiata oggi. E’ un assoluto paria, uno dei paesi più ridicolizzati e condannati del mondo intero.
C’è una quantità di problemi nei mandati di Lula. Uno di essi è stato che ha tollerato la corruzione, non vi ha prestato attenzione. Ce n’era molta nel Partito dei Lavoratori (PT); è endemica in Brasile, in regioni intere. La cosa che la sua amministrazione ha realmente mancato di fare è stata far capire alle persone che facevano parte del sistema che si stava sviluppando. Dunque ora è molto strano che quando si interrogano persone che hanno tratto grande beneficio dai programmi di Lula, quando si chiede loro “come è successo questo?”, loro dicono “E’ venuto da Dio”, come se sia stato un caso. Non sanno che faceva parte dei programmi del PT. Quello è stato un vero fallimento nel coinvolgere, che le cose erano semplicemente “arrivate loro” in qualche modo e che non ne facevano parte. Quello è stato un grosso fallimento.
Ci sono altre cose che si possono criticare. Il giudizio a proposito del “decennio d’oro”, penso, è molto giusto e l’ascesa a una posizione di grande rispetto internazionale, come voce del Sud Globale, è stata molto significativa, e parte del motivo della sua caduta. I sistemi politici non amano gli ultimi arrivati. Non dovevano fare ciò.
Le élite in Brasile sono estremamente razziste e coscienti della loro classe. Ecco qui questo tizio che viene dalla classe lavoratrice, che nemmeno parla un portoghese “corretto”; non ha frequentato le scuole “giuste”. Dovrebbe essere umile, grato per questo che facciamo per lui, non lassù a decidere la politica. Parli alla gente e puoi avvertire il rancore e la rabbia, solo per questi motivi, ancor più che per le politiche.
Un paio di anni dopo l’uscita di Lula dalla carica è stato avviato un colpo di stato morbido [contro l’erede di Lula, Dilma Rousseff]. Ciò ha condotto alla fine alle elezioni del 2018. Lula era in carcere; era il candidato più popolare, con molte probabilità di vincere. Era stato incarcerato per accuse molto dubbie, ma era anche stato messo a tacere. Diversamente da un omicida seriale nel braccio della morte, non gli è stato permesso di fare una dichiarazione. Ciò è stato molto importante. E’ rimasto in silenzio durante la campagna elettorale. Ora è in parziale libertà mentre i suoi appelli procedono. Ma prima delle elezioni, lo avevano escluso. Quello che è arrivato è stato un fanatico di ultradestra [Jair Bolsonaro] che sta distruggendo il paese. Il Brasile è oggi esattamente sull’orlo di un colpo di stato militare.
Non so se avete visto i filmati di un paio di giorni fa. In cui bande di Bolsonaro attaccavano gli edifici parlamentari, la Corte Suprema, dicendo “Liberiamocene”. Bolsonaro ha licenziato i capi delle divisioni governative, che stavano indagando la sua famiglia. La sua dichiarazione governativa è stata “Nessuno provi a fottere la mia famiglia”, che è parecchio simile a quello che è appena successo da noi. Bolsonaro si considera un clone di [Donald] Trump. Tragedia e farsa.
Trump è molto simile. Ha appena licenziato tutti gli ispettori generali che erano stati insediati per controllare la corruzione e il malaffare negli uffici governativi. Stava cominciando a indagare in questa palude fetida da lui creata a Washington, così lui li ha licenziati tutti. E come ogni altro dittatore da quattro soldi, ha fatto tutto il possibile per umiliare il senatore Repubblicano Charles Grassley che aveva dedicato anni della sua carriera a mettere in atto il sistema. Nemmeno un pigolio dal Partito Repubblicano. Sono scomparsi come partito. E’ peggio del vecchio Partito Comunista. Il leader dà un ordine; noi [cadiamo] in ginocchio.
MB: Può spiegare perché ciò che Donald Trump sta facendo istituzionalmente sia realmente unico e sia importante nei suoi stessi termini?
NC: Suona forte, ma è vero: Trump è il peggior criminale della storia, innegabilmente. Non c’è mai stata nella storia politica una figura che sia stata così appassionatamente dedita a distruggere i progetti della vita umana organizzata sulla terra nel futuro prossimo.
Questa non è un’esagerazione. Le persone sono ora concentrate sulle proteste; la pandemia è tanto grave che ne emergeremo a un costo terribile. Il costo è grandemente amplificato dal delinquente alla Casa Bianca, che ha ucciso decine di migliaia di statunitensi, rendendo questo il luogo peggiore del mondo [per il coronavirus]. Emergeremo [dalla pandemia] ma non emergeremo da un altro crimine commesso da Trump, il riscaldamento del globo. Il peggio sta arrivando; non ne emergeremo.
I ghiacci si stanno sciogliendo; non si riprenderanno. Ciò conduce a un aumento esponenziale del riscaldamento globale. I ghiacciai artici, ad esempio, potrebbero inondare il mondo. Studi recenti indicano che nel corso attuale, tra circa cinquant’anni, molta della parte abitabile del mondo sarà invivibile. Non si sarà in grado di vivere in parti dell’Asia meridionale, parti del Medio Oriente, parti degli Stati Uniti. Ci stiamo avvicinando al punto di 125.000 anni fa, quando i livelli dei mari erano quasi otto metri più elevati di quanto siano ora. Ed è peggio di così. L’Istituto Oceanografico Scripps è appena uscito con uno studio che ha stimato che stiamo arrivando sinistramente prossimi a un punto [simile a] tre milioni di anni fa, quando i livelli dei mari erano da quindici a ventiquattro metri più elevati di quanto siano oggi.
In tutto il mondo paesi stanno tentando di fare qualcosa al riguardo. Ma c’è un unico paese che è guidato da un presidente che vuole acutizzare la crisi, gettarsi nell’abisso, massimizzare l’uso di combustibili fossili, tra cui i più pericolosi di essi, e smantellare gli apparati di disciplina che limitano il loro impatto. Non esiste un crimine come questo nella storia umana. Nessuno. Questo è un individuo unico. E non è come se non sappia che cosa sta facendo. Ovviamente lo sa. E’ che non gli importa. Se domani può riversare maggiori profitti nelle sue tasche e nelle tasche del suo ricco elettorato, chi se ne frega se il mondo scompare in un paio di generazioni?
Per quanto riguardo il governo stiamo assistendo a qualcosa di interessante. La democrazia parlamentare è in circolazione da 350 anni, a partire dall’Inghilterra nel 1689 con la cosiddetta Rivoluzione Gloriosa, quando la sovranità fu trasferita dalla monarchia al parlamento. Gli inizi della democrazia parlamentare negli Stati Uniti [arrivarono] circa un secolo dopo. La democrazia parlamentare non è basata solo su leggi e costituzioni. In realtà la costituzione britannica è costituita da forse una dozzina di parole. E’ basata sulla fiducia e la buona fede, sul presupposto che le persone si comporteranno da esseri umani.
Si prenda Richard Nixon. Un tizio parecchio marcio, ma quando arrivò il momento in cui dovette lasciare la carica, la lasciò in silenzio. Nessuno si aspetta questo da Trump. Non agisce da essere umano. E’ fuori da qualche altra parte. Non fa nemmeno nomine che possano essere confermate dal Senato. Perché preoccuparsene? Qualcuno non mi piace, lo caccio. Una Repubblicana, Lisa Murkowski, osa sollevare una piccola questione circa la sua nobiltà, [e lui] le va addosso con una tonnellata di mattoni, ti distruggerò.
Non è fascismo. E quello che ho detto prima: un dittatore da quattro soldi di qualche piccolo paese dove ci sono colpi di stato ogni paio d’anni. La mentalità è quella.
Al Congresso capita che il Senato sia nelle mani di una sua anima gemella, Mitch McConnell; per molti versi il vero genio del male di questa amministrazione, dedito a distruggere la democrazia molto prima di Trump. Quando [Barack] Obama fu eletto, McConnell disse apertamente in pubblico: “Il mio principale obiettivo è garantire che Obama non possa realizzare nulla”. OK. E’ dire: “Voglio distruggere la democrazia parlamentare”, che è basata, come ho detto, sulla buona fede e la fiducia nell’alternanza.
Il Senato, il cosiddetto più vasto organo deliberativo del mondo, è ridotto ad approvare leggi che arricchiranno i molto ricchi, dando potere al settore industriale, e decidendo nomine giudiziarie che riempiono la magistratura di giudici giovani, di ultradestra, prevalentemente incompetenti che possono garantire per una generazione che, indipendentemente da quanto voglia il pubblico, saranno in grado di bloccarlo.
E’ un odio profondo e una profonda paura della democrazia. Non è insolito tra le élite; non amano la democrazia per motivi evidenti. Ma questo è qualcosa di speciale.
Qui si somma alla pandemia, alla crisi del riscaldamento globale, alla crisi delle armi nucleari, ugualmente gravi. Trump sta smantellando l’intero regime del controllo delle armi, accrescendo grandemente il rischio di distruzione, virtualmente invitando i nemici a sviluppare armi per distruggerci e che non saremo in grado di fermare.
Trump sta prendendo gli aspetti peggiori del capitalismo, particolarmente la versione neoliberista del capitalismo, e li sta amplificando. Prendiamo semplicemente la pandemia. Perché c’è una pandemia? Nel 2003, dopo l’epidemia di SARS, che era un coronavirus, era ben compreso dagli scienziati; dicevano “Un altro coronavirus, molto più grave di questo, è molto probabile. Ora ecco i passi che dobbiamo compiere per prepararci a esso”. Qualcuno deve compiere i passi. Beh, c’è l’industria farmaceutica, ma laboratori straordinariamente ricchi, enormi, non possono farlo. Non si spende denaro per qualcosa che potrebbe essere importante tra dieci anni; fermare una catastrofe futura non è redditizio. Questa è una crisi capitalista.
Il governo ha le risorse; ha grandi laboratori. Ma poi arriva uno chiamato Ronald Reagan, all’inizio dell’assalto neoliberista alla popolazione, sostenendo che il governo è il problema, non la soluzione, intendendo che dobbiamo togliere le decisioni dal governo. Il governo è influenzato dal popolo. Ora dobbiamo mettere [le decisioni] nelle mani di istituzioni private non chiamate a risponderne che non sono influenzate dal pubblico. Negli Stati Uniti è qualcosa chiamato iper-liberismo [libertarianism]. E’ l’inizio dell’assalto neoliberista.
George H.W. Bush creò un comitato scientifico consultivo presidenziale. Obama lo convocò, correttamente, il primo giorno della sua amministrazione e chiese di preparare un sistema di reazione di allarme alla pandemia. Un paio di settimane dopo gli fu presentato un sistema che fu messo in atto. Gennaio 2017: assume la carica il demolitore. Nei primi giorni della sua amministrazione [Trump] smantella l’intero sistema di reazione a una pandemia; comincia a togliere fondi ai Centri per il Controllo [e la Prevenzione] delle Malattie (CDC) e a ogni aspetto del governo relativo alla sanità, anno dopo anno. Eliminati i programmi di scienziati statunitensi in Cina a collaborare con scienziati cinesi per identificare potenziali minacce di coronavirus ed eliminarle. Così, quando [il coronavirus] colpisce, gli Stati Uniti sono straordinariamente impreparati; grazie al demolitore.
E poi le cose peggiorano. Si è rifiutato di reagirvi. Altri paesi vi hanno reagito, alcuni di loro molto bene e molto rapidamente. E’ quasi scomparso, prevalentemente sotto controllo. Non negli Stati Uniti. A lui non interessava. Per mesi i servizi segreti statunitensi non hanno potuto avere accesso alla Casa Bianca per dire: “C’è una crisi grave”. Alla fine, secondo notizie, lui si è accorto che il mercato azionario stava declinando e allora ha detto: “Dobbiamo fare qualcosa”. Quello che ha fatto è semplicemente un caos.
Ma larga parte del problema è anteriore a Trump. Perché gli ospedali non sono pronti? Beh, sono gestiti secondo un modello economico. E’ il neoliberismo. Deve trattarsi di consegne tempestive [just in time]. Non vogliono perdere un centesimo. Così non abbiamo un letto d’ospedale in più; dobbiamo garantire che gli amministratori delegati degli ospedali privati ricevano compensi per milioni di dollari l’anno. Non si può avere un letto in più; tagliare! Così ogni cosa è ripetuta a pappagallo. Le case di riposo, che sono di proprietà privata, sono ridotte a un funzionamento minimo, perché possiamo fare più soldi in quel modo, se siamo una società a capitale privato che ne siamo proprietari. Ora possiamo contribuire alla campagna di Trump in modo che possa avere un servizio fotografico con noi, a dirci quanto splendidi siamo per aver distrutto le case di riposo, ucciso tutti gli anziani.
E’ qualcosa che è penetrato in profondità nei problemi ben prima di Trump, ma lui è un fenomeno unico; di nuovo, il peggior criminale della storia umana, dunque i suoi crimini minori sono la distruzione della democrazia statunitense e l’amplificazione di una pandemia che ha ucciso più di centomila persone. Ma quelli, secondo i suoi standard, sono crimini minori.
da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/trump-is-the-worst-criminal-in-history-undeniably/
Originale: Jacobin
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2020 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3