Come noto, tra il 25 giugno ed il 1° luglio si è votato in tutta la Federazione Russa per il referendum costituzionale proposto dal presidente Vladimir Putin. Tra le modifiche alla legge fondamentale del Paese, si è parlato soprattutto di un emendamento che permetterà al capo di stato in carica di ottenere altri due mandati presidenziali della durata di sei anni, garantendo il potere del leader del partito Russia Unita (Единая Россия, Edinaja Rossija) fino al 2036, visto che l’attuale mandato scadrà nel 2024.
Secondo i risultati ufficiali, il 78.56% degli elettori ha votato in favore delle proposte di Putin, con un’affluenza alle urne del 67.88%, contenuta ma per nulla bassa rispetto ai dati disastrosi delle precedenti elezioni russe. A dire il vero, il dato appare abbastanza positivo considerando la pandemia da nuovo coronavirus ed il boicottaggio lanciato da alcune forze dell’opposizione, anche se secondo alcuni osservatori il numero degli elettori sarebbe stato gonfiato artificialmente.
Da notare anche che il referendum è stato approvato in tutte le entità federate che costituiscono la Russia, ad esclusione del Circondario autonomo dei Nenec, situato nella parte nordoccidentale del Paese. In base alle riforme costituzionali, questo territorio abitato da poco più di 44.000 persone dovrebbe essere presto riunito con l’Oblast’ di Arcangelo, perdendo così la propria autonomia. Secondo gli analisti ed il governatore del Circondario, Jurij Bezdudnij, l’esito del voto sarebbe proprio da attribuire a questo provvedimento, visto che il referendum prevedeva un voto unico per tutti gli emendamenti. Al contrario, i voti positivi hanno superato la soglia del 90% nella Repubblica Cecena, nella Repubblica di Tuva e in Crimea.
Sebbene alcune forze minori dell’opposizione abbiano invitato i cittadini al boicottaggio del voto, il Partito Comunista della Federazione Russa (Коммунистическая партия Российской Федерации, КПРФ; Kommunističeskaja partija Rossijskoj Federacii, KPRF) ha invece fatto campagna elettorale per votare contro la riforma costituzionale, visto che il referendum non prevedeva un quorum. A marzo, i quarantatré deputati comunisti presso la Duma di Stato si sono astenuti dal voto per l’adozione della legge sugli emendamenti costituzionali. Tra i senatori, invece, Vjačeslav Marchaev, rappresentante comunista dell’Oblast’ di Irkutsk, si era espresso contro. A giugno, in piena campagna referendaria, circa 300 deputati municipali e regionali del Partito Comunista, provenienti da diverse regioni della Russia, hanno firmato un appello ai cittadini, in cui si sono opposti agli emendamenti alla Costituzione.
Gennadij Zjuganov, il leader nazionale dei comunisti russi, ha preso più volte la parola per esprimere il proprio dissenso nei confronti della riforma costituzionale. Secondo Zjuganov, “la nuova versione della legge fondamentale non fa che rafforzare la dittatura presidenziale e consolidare il dominio oligarchico”. Inoltre, Zjuganov ha sottolineato che il referendum avrebbe rappresentato unicamente una farsa, visto che questo non avrebbe seguito i dettami della legge elettorale, tanto che ufficialmente la consultazione è stata denominata “voto panrusso”. “Il voto del 1 ° luglio è più di un personaggio rituale. Non ha lo status di referendum, non è conforme alla legge elettorale. Tutto ciò rivela ancora una volta la falsità della democrazia borghese”, ha continuato il segretario del KPRF, aggiungendo che il voto sarebbe stato organizzato “secondo una procedura giuridicamente dubbia” e con “possibilità illimitate di frode”. Il referendum, in pratica, è stato ridotto ad un “sondaggio pubblico” senza nessun valore legale.
Il Partito Comunista ha tentato di dare il proprio contributo proponendo ben 108 emendamenti alla Costituzione, ma “il governo ha ignorato quindici proposte chiave volte a cambiare in modo decisivo il negativo corso socio-economico”, ha fatto ancora notare Zjuganov. “La maggioranza parlamentare di Russia Unita ha rifiutato sostenere tutte le nostre leggi che migliorano la situazione dei lavoratori”. Il Partito Comunista ha infatti proposto diversi emendamenti per l’abbassamento dell’età pensionabile ed implementare le garanzie dello stato sociale, al fine di riconquistare quei diritti che erano garantiti in Unione Sovietica ma che non lo sono più nella Russia contemporanea, come la sanità e l’istruzione completamente gratuite.
Il segretario ha anche spiegato perché il Partito Comunista ha deciso di svolgere la campagna referendaria anziché invitare i cittadini al boicottaggio: “La vera politica richiede la partecipazione attiva delle masse. Il boicottaggio del “voto panrusso” non porterà a nulla. Essere cittadini significa lottare per il destino del Paese. Le autorità devono conoscere la posizione dei cittadini e fare i conti con la loro volontà. Siamo sicuri che ognuno dovrebbe esprimere la propria opinione secondo la propria coscienza, occupandosi del futuro dei propri figli e nipoti. Tutti sono chiamati a decidere: è possibile votare per la “nuova edizione” della costituzione di Eltsin? La nostra risposta è no. Non possiamo supportare tale documento. È stato così nel 1993, e così sarà anche ora”.
La posizione del Partito Comunista sull’attuale Costituzione Russa è assai negativo, trattandosi della legge fondamentale approvata sotto la presidenza di Boris Eltsin che di fatto ha cancellato le ultime tracce dell’Unione Sovietica, distribuendo ai migliori offerenti le proprietà pubbliche e dando vita al potere dell’oligarchia in un Paese convertito forzosamente al liberismo: “Crediamo che le tre Costituzioni sovietiche – Lenin, Stalin e Brežnev – abbiano conferito diritti unici ai lavoratori del nostro stato. Solo le donne hanno ricevuto il diritto a ventuno prestazioni a partire dalla nascita di un bambino. […] E non è un caso che la popolazione del Paese sia quasi raddoppiata, nonostante ci siano state guerre. […] La Costituzione sovietica è stata affossata da Gorbačëv, Eltsin e da tutta questa combriccola, non rispettando l’opinione e il desiderio del popolo”.
“Noi comunisti insistiamo sui principi del potere sovietico, in cui i cittadini avevano tutto ciò di cui avevano bisogno ed erano felici della vita. Pertanto, continuiamo la nostra lotta”, ha aggiunto Zjuganov il giorno stesso del voto.
Come si evince dalle dichiarazioni ufficiali del segretario del Partito Comunista della Federazione Russa, la contrarietà del KPRF alla riforma costituzionale voluta da Putin va ben al di là delle critiche che vengono mosse dagli osservatori occidentali circa il potenziale prolungamento della leadership dell’attuale presidente e la presunta contrarietà ai dettami della democrazia borghese. Il vero problema è che la riforma costituzionale approvata il 1° luglio non cancella affatto l’onta della costituzione eltsiniana, scritta dai russi sotto dettatura da parte degli Stati Uniti, che ha covertito il Paese al liberismo secguendo la cosiddetta “terapia shock”, e conseguentemente contribuito al tracollo degli standard di vita della popolazione, portando all’abbassamento della speranza di vita e del tasso di natalità. Solamente una riscrittura della Costituzione basata sui testi sovietici potrà porre fine al calo demografico ed alla stagnazione economica del Paese, rilanciando veramente la Russia nel novero delle grandi potenze.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog