Il covid-19 ci farà piangere molti morti. Tuttavia, dovrebbe anche permetterci di celebrarne almeno una: la morte di una dottrina neoliberista che, per troppo tempo, è stata quella egemonica e ha influenzato in modo decisivo le politiche di tutto il mondo.
di Oriol Junqueras e Philippe Lamberts*
Una dottrina che ha lavorato instancabilmente per diminuire il peso delle amministrazioni pubbliche, incoraggiandole a ricercare la massima crescita economica e a ridurre il peso del bene comune. A ben poco sono serviti gli avvertimenti che, dalla sinistra impegnata sul piano sociale e ambientale, abbiamo lanciato sui costi sociali e i rischi globali che tutto questo comportava.
Ci è voluta una crisi di questa portata per rendere evidenti che i tagli ai servizi sanitari non erano una buona idea e per dimostrare che le catene globali del valore basate sul trasporto intercontinentale che non includono il costo ambientale sono estremamente fragili.
Oggi anche i più neoliberisti chiedono l’intervento dello Stato. Ma si sbagliano se pensano a una sorta di parentesi in cui lo Stato socializza le perdite di questa crisi e, una volta superata, si torni al punto in cui eravamo. Ciò significherebbe non aver imparato nulla da questa tragedia e aggiungerebbe una doppia punizione alle vittime del covid-19 e alle loro famiglie. Sarebbe uno spreco dello sforzo individuale e collettivo che questo confinamento ha comportato. O, peggio ancora, significherebbe ignorare e non riuscire a prevenire le pandemie che inevitabilmente si verificheranno se non si combatterà più duramente il riscaldamento globale.
Mai più nessun governo dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulla massimizzazione della crescita economica ad ogni costo, bensì sulla massimizzazione del benessere della popolazione e, in ogni caso, lavorare per consolidare una crescita economica sostenibile. Certamente, la priorità oggi è quella di combattere la pandemia e le sue conseguenze, e siamo consapevoli che dovremo socializzare le perdite che sono collettive. Ma socializzare significa anche distribuire equamente queste perdite, cioè con un contributo decisamente maggiore da parte di chi si è appropriato di una parte più grossa della torta. Così facendo, un blocco temporaneo dell’attività non essenziale non dovrebbe portare ad una recessione come quella che ha causato l’iniqua distribuzione dei costi derivanti dalla crisi finanziaria del 2008.
L’Ue ha ora un’opportunità d’oro per fare la cosa giusta e convincere la cittadinanza della sua ragion d’essere. Può farlo, a breve termine, accompagnando la libertà di indebitamento degli Stati membri con l’impegno ad acquistare questo debito da parte della Bce. Dall’altra parte, può rendere permanente la sospensione del patto di stabilità e sostituirlo con un patto di prosperità che includa, tra l’altro, tasse europee sul carbonio, sulle grandi fortune e sui profitti delle imprese transnazionali.
Solo con l’autorità di una gestione all’altezza delle sfide odierne l’Ue potrà consolidarsi ed essere anche l’arbitro della democrazia di cui abbiamo bisogno. Perché è proprio la democrazia che è alla base del progetto europeo. Non ci deve essere spazio per atteggiamenti autoritari, violazioni dei diritti fondamentali o attacchi alla separazione dei poteri. Non ci possono essere scuse o eccezioni, perché è la stessa Ue ad essere in gioco.
La pandemia virale deve essere anche una pandemia di lezioni che tutti gli attori politici e sociali devono imparare. Il gruppo Verdi/Alleanza libera europea al Parlamento europeo cercherà di essere un allievo esemplare. Speriamo che lo vogliano anche altre forze politiche, perché altrimenti sarebbe inutile avere ragione.
*Traduzione in italiano a cura di Carla Signorile
Articolo in lingua originale https://www.ara.cat/opinio/oriol-junqueras-philippe-lamberts_0_2474752627.html