Riceviamo e pubblichiamo
di Franco Astengo
Il cosiddetto “Decreto semplificazioni” nasconde dettagli insidiosi, assolutamente non insignificanti sul terreno del peggioramento del rapporto tra istituzioni, pubblica amministrazione, società.
Chi, per esperienza personale diretta, ha avuto occasione di frequentare la pubblica amministrazione e le istituzioni, sia a livello centrale sia a livello periferico, avrà ben presente come l’atto più odioso che un “potente” possa compiere ai danni della collettività è quello dell’abuso d’ufficio.
Questo perché l’abuso d’ufficio,molto spesso ignorato e sicuramente non facile da dimostrare, parte dall’intenzione di sopraffare, ridurre la legge e la procedura alla propria volontà e a interessi specifici che vanno tutelati e promossi in dispregio degli interessi collettivi.
Non si affrontano in questa sede i risvolti giuridici della questione, ma si tende ad enuclearne gli aspetti di relazione, in quasi tutti i casi molto stretta, tra “questione morale” e “questione politica”: la mancata individuazione del rapporto esistente tra “questione morale” e “questione politica” impedì all’inizio degli anni’80 di definire i termini esatti di crescita della nascente Tangentopoli e di limitarne gli effetti ad alcuni casi locali.
Se ne sarebbe così impedito il dilagarsi fino a rappresentare uno dei fattori di crisi verticale e definitiva del sistema dei partiti.
Non a caso la ridefinizione del reato di abuso d’ufficio che si realizza attraverso il decreto semplificazioni approvato dal Consiglio dei Ministri “salvo intese”, si collega direttamente con modifiche “liberalizzatrici” del Codice degli Appalti.
L’articolo 323 del codice penale sull’abuso d’ufficio è stato modificato sostituendo le parole “ di norma di legge o di regolamento” con “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.
La finalità della modifica è quella di circoscrivere il reato affinché la fattispecie criminosa scatti soltanto quando il funzionario viola norme e regole precise e non semplici principi generali.
Ci troviamo su di un terreno molto scivoloso: le obiezioni che sono state avanzate hanno riguardato, infatti, il fatto che la finalità della modifica di legge è quella di ridurre molto sensibilmente il novero delle condotte penalmente perseguibili.
Rovescerei questo concetto: l’intento è quello di allargare la possibilità di esercizio dell’abuso d’ufficio, quindi di estendere la possibilità di esercizio di un potere posto fuori dalla legalità.
Il “salvo intese” fa capire come vi siano ancora margini di discussione su questo punto e sarà bene che in Parlamento si apra una riflessione particolarmente approfondita.
In conclusione però vale la pena aprire un punto riguardante la concezione del potere che viene espressa dal Movimento 5 stelle e che è stata ben descritta nell’intervento del Presidente del Consiglio quando ha parlato proprio di “circoscrivere il reato”, quindi di conseguenza di un automatico allargamento della discrezionalità e relativa impunità per chi detiene il potere politico – amministrativo.
Il Movimento 5 stelle, infatti, rappresenta, a partire dalle rappresentazioni sceniche del suo fondatore all’epoca dei primordi, l’espressione diretta di una volontà di potenza che non ammette dialettica né interna, né esterna perché espressione di un’idea semplicisticamente “sostitutiva” nell’esercizio del potere.
Una visione semplicemente sostituiva nell’esercizio del potere che si sarebbe verificata (come poi in effetti accadde) attraverso un semplice meccanismo di assunzione totalitaria del potere stesso.
La concezione insita nell’uno vale uno si dirige esattamente in questa direzione, e si muove al contrario della cosiddetta “democrazia diretta” in senso meramente plebiscitario, laddove la raccolta del consenso serve soltanto a ratificare l’esercizio della discrezionalità.
Circoscrivere un reato come quello dell’abuso d’ufficio nel modo con il quale si sta cercando di fare modificando l’articolo 323 rappresenta infatti una mossa perfettamente in consonanza con l’idea dell’ abuso d’ufficio quale elemento insito nell’espressione di una volontà totalitaria nell’esercizio del potere.
L’abuso d’ufficio rappresenta, infatti, il classico reato dell’idea dell’impunità perenne.
Un’idea del potere, quella del M5S, che esclude la politica e la considera soltanto l’esercizio di una tattica per affermarsi.
Una idea del potere (e dell’antipolitica) che fa al pari di quella della “piena potestà” reclamata dalla Lega nell’estate scorsa e che i 5 stelle rifuggirono soltanto perché considerati ingombranti su quella strada e quindi da escludere: molto meglio la destra estrema di Fratelli d’Italia.
Movimento 5 stelle e Lega rappresentano due punti di effettivo pericolo per la democrazia costituzionale e il punto della modifica del reato sull’abuso d’ufficio rappresenta un dettaglio davvero insidioso, da non trascurare.