di Richard D. Wolff
Una pietra angolare dell’economia ortodossa è l’idea che le decisioni dei capitalisti riguardo agli investimenti e alla produzione siano intrinsecamente “efficienti”. Questo significa che i capitalisti scelgono tra tutti i corsi d’azione alternativi questi i cui costi sono minimi e i cui benefici sono massimi. Mantenere i costi al livello più basso possibile producendo contemporaneamente beni e servizi che producano i massimi ricavi possibili è ciò che massimizza il profitto, la differenza tra costi e ricavi. Il capitalismo, ci viene detto, è il sistema migliore perché spinge tutti i responsabili della produzione (i proprietari e i dirigenti di vertice) a massimizzare i profitti e dunque l’efficienza economica. I capitalisti incassano i profitti e il resto di noi beneficia dell’efficienza della produzione in seno al sistema capitalista.
Il COVID-19 rivela la falsità dell’economia ortodossa. Per i capitalisti non era redditizio produrre e accumulare adeguate quantità di scorte di test, mascherine, guanti, letti, eccetera, per essere pronti per il virus. Considerati i costi per produrre questi beni, non c’era modo di sapere quanto a lungo dovevano essere mantenuti a magazzino prima che ci fosse domanda e acquisto di essi. Immagazzinare costa. Lo stesso controllare le scorte riguardo al deterioramento e sostituire quelle deteriorate o assicurarsi contro il deterioramento. Non c’era, in breve, alcun modo di conoscere (e dunque di essere in grado di calcolare) i costi nel modo fantasticato dall’economia ortodossa.
Analogamente, non c’era modo per i capitalisti di conoscere o calcolare i prezzi che avrebbero potuto incassare dalla vendita dei beni che potevano immagazzinare. Se non fosse arrivata nessuna grave malattia, i ricavi avrebbero potuto essere molto ridotti e avrebbero richiesto molto tempo per materializzarsi. Se fosse arrivata una pandemia, potevano essere praticati prezzi elevati, ma quando? Se un’emergenza nazionale avesse introdotto il governo come acquirente unico di tali beni (poi consegnati gratuitamente ai bisognosi) i prezzi sarebbero stati probabilmente molto inferiori. Se gli Stati Uniti avessero collaborato con altri paesi nel produrre e distribuire tali beni, e se tale collaborazione avesse incluso i prezzi, anche ciò avrebbe influenzato i ricavi dalla loro vendita. In breve, i capitalisti non sono in grado di conoscere o calcolare i ricavi nel modo fantasticato dall’economia ortodossa.
I capitalisti in generale – e i capitalisti statunitensi in particolare – hanno calcolato che i profitti sarebbero stati maggiori in altri investimenti rispetto a quelli che avrebbero potuto produrre i beni necessari per prepararsi al COVID-19 e contenerlo. Le conseguenze (ritorni negativi) di essere stati inadeguatamente preparati e di aver inadeguatamente contenuto il COVID-19 sono di gran lunga superiori a qualsiasi potessero essere i costi di fare preparativi adeguati. L’efficienza nel far fronte alla pandemia non è stata ciò che il capitalismo ha realizzato: esattamente il contrario.
La maggior parte dei manuali dell’economia ortodossa – quelli effettivamente utilizzati oggi nella maggior parte dei corsi universitari – insegna il “modello” semplicistico dei costi-benefici o costi-ricavi come se cogliesse il processo decisionale capitalista. Il capitalismo della massimizzazione del profitto è così giustificato poiché una società “efficiente” ottiene maggiori ritorni per il minimo sforzo. Il magico gioco di prestigio qui richiede che agli studenti sia raccontato che il modello coglie esattamente l’essenza di quanto i capitalisti fanno effettivamente.
Ma ciò è falso. Il modello non coglie nulla di quanto è irriducibilmente ignoto e non conoscibili quanto sia ai costi sia ai ricavi. Il modello, invece, presuppone spensieratamente il contrario, che i costi e i ricavi siano in generale conoscibili e conosciuti. Solo allora il manuale può affermare che il capitalismo è efficiente. E quello è il senso del modello e del manuale: giustificare e razionalizzare un capitalismo che altrimenti rischia la smentita oggi operata dal COVID-19.
I capitalisti reali sanno benissimo che devono costantemente tirare a indovinare riguardo a costi e ricavi, che le loro ipotesi sono spesso sbagliate e che le fortune delle loro imprese salgono e scendono in base allo scontro delle loro ipotesi con la realtà. La differenza tra i manuali di economia e la realtà capitalista spiega la differenza tra le facoltà accademiche di economia e le facoltà di “scienze aziendali”. La maggior parte delle università statunitensi include entrambe. Non hanno due facoltà di storia o di antropologia o di lettere. C’è un motivo per due facoltà separate: nelle facoltà di economia il capitalismo è giustificato e razionalizzato mediante “modelli” quali quelli basati sul calcolo dei costi e dei benefici. Nelle facoltà di scienze aziendali i modelli sono prevalentemente ignorati a favore dell’esame di come gestire imprese reali che affrontano ignoti inconoscibili (non solo quanto a costi e ricavi ma anche nella gestione del personale, nell’organizzazione dell’impresa e nei finanziamenti).
Un tentativo disperato dell’economia ortodossa di bandire l’ignoto dai propri modelli merita di essere preso in considerazione perché sembra aver persuaso alcuni. [Gli economisti ortodossi] ammettono che i costi e i ricavi cui si riferiscono possono non essere noti con certezza ma che può essere nota la “probabilità” del verificarsi di specifici costi e ricavi. Possiamo allora parlare, ci dicono, di costi e ricavi che sono noti al 50, 30 o uno per cento e che ciò può consentire decisioni capitaliste efficienti circa la probabilità nota di risultati.
Questo è un gioco di prestigio ancor più magico. In parole povere, conoscere la probabilità di qualsiasi specifico costo o ricavo richiede che noi conosciamo l’intera gamma dei costi e ricavi possibili e quanto frequentemente ciascuno costo specifico si verifica (come i costi sono “distribuiti” in seno a tutte le possibilità). Ma è precisamente questo che non è noto o conoscibile. Poveri capitalisti: in realtà non possono conoscere né quali siano i loro costi e ricavi, né quali potrebbero essere tutti i possibili costi e ricavi, né quale probabilità si applichi a ciascuno di essi. Incertezza e inconoscibilità sono irriducibili; ci sono sempre.
Così il capitalismo non genera, e tanto meno garantisce, efficienza. E’ tutto un miraggio di giustificazione ideologica. Il capitalismo serve prima di tutto e soprattutto i capitalisti. Tale minoranza insedia o sceglie gli occupanti della maggior parte delle posizioni dominanti nella società. In questo sono come i padroni e i signori delle società schiaviste e feudali. In tali società l’autolegittimazione delle loro minoranze dominanti riguardava la loro superiorità fisica, mentale o morale e/o la loro speciale relazione con Dio o con gli dèi. Le società capitaliste emerse dai predecessori schiavisti e feudali hanno anche rigettato le autolegittimazioni di tali sistemi. Il capitalismo doveva trovare un genere diverso di autolegittimazione.
Ne ha trovato uno: la fantasia dell’”efficienza” garantita dalla massimizzazione del profitto dei capitalisti. Si suppone che tutti dobbiamo piegarci al capitalismo al modo in cui i nostri antenati so erano piegati ai padroni degli schiavi, ai signori feudali e ai re. Il COVID-19 rivela che cosa è in gioco nel continuare a credere a questa fantasia.
Per secoli i capitalisti hanno intrapreso investimenti che erano “redditizi” solo perché non conoscevano (e così sottovalutavano o ignoravano) tutti i costi ecologici implicati. Sono stati i capitalisti che hanno spostato le imprese da una parte all’altra del mondo per maggiori profitti a non conoscere (e dunque a non tenerne conto) i costi sociali e umani implicati. Sono stati i capitalisti a trovare investimenti più redditizi che prepararsi e a creare scorte dei mezzi protettivi necessari a difendere la salute del pubblico dal COVID-19. Non hanno saputo nemmeno questo.
Inoltre è stata in parte la convinzione nella fantasia – che l’impresa privata mossa dal profitto sia il sistema economico “più efficiente” – che ha azzoppato i governi di tutto il mondo. Hanno fatto molto meno di quanto avrebbero potuto e dovuto per compensare adeguatamente le carenze del capitalismo per prepararsi al virus o contenerlo. In tutto il globo quanto più sono stati intrappolati in tale fantasia (come negli Stati Uniti, Regno Unito e Brasile) tanto peggiori sono state le morti e le distruzioni del COVID-19. Dove l’intrappolamento è stato minore (come in Nuova Zelanda, Vietnam e Giappone) – a volte a causa di valori tradizionali concorrenti non, o non ancora, cancellati dalla fantasia capitalista – le morti e le distruzioni sono state minimizzate.
Un esito positivo del disastro del coronavirus sarebbe una consapevolezza più diffusa che liberarci dal capitalismo richiede il rigetto dell’ideologia autolegittimante dell’efficienza.
Questo articolo è stato prodotto da Economy for All, un progetto dell’Independent Media Institute.
Richard D. Wolff è professore emerito di economia all’Università del Massachusetts, Amherst, e docente ospite del Programma di Laurea in Affari Internazionali della New School University a New York. Il programma settimanale di Wolff, “Economy Update”, è condiviso da più di cento stazioni radiofoniche e raggiunge 55 milioni di spettatori televisivi attraverso Free Speech TV. I suoi libri recenti presso Democracy at Work sono ‘Understanding Marxism’ e ‘Understanding Socialism’, entrambi disponibili presso democracyatwork.info
Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/covid-19-exposes-weakness-of-major-theory-used-to-justify-capitalism/
Originale: Independent Media Institute
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.