Inizialmente previste per novembre, le elezioni legislative della Macedonia del Nord sono state prima anticipate al 12 aprile, e successivamente posticipate al 15 luglio. Se l’ultimo rinvio, come facilmente intuibile, è stato causato dalla pandemia da nuovo coronavirus, il precedente anticipo era stato causato dalla decisione del primo ministro Zoran Zaev di abbandonare le proprie funzioni. Zaev aveva infatti subito un duro colpo nell’ottobre dello scorso anno, quando il parere negativo della Francia aveva momentaneamente bloccato le trattative per l’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea, uno dei principali obiettivi del governo. Il primo ministro aveva fatto di tutto per permettere a Skopje di approdare nell’UE, compresa la ratifica del discusso accordo con la Grecia per il cambiamento del nome del Paese in Macedonia del Nord.
A quel punto, Zaev, che si era giocato tutto sull’avvicinamento a Bruxelles, non ha potuto far altro che rassegnare le dimissioni e chiedere nuove elezioni anticipate, mentre il ruolo di primo ministro è stato provvisoriamente attribuito ad Oliver Spasovski, ex ministro degli interni ed altro esponente del partito di Zaev, l’Unione Socialdemocratica di Macedonia (in macedone: Социјалдемократски сојуз на Македонија; traslitterato: Socijaldemokratski Sojuz na Makedonija; SDSM).
Come prevedibile e nonostante lo sbloccarsi della situazione riguardante l’adesione all’UE, il responso delle urne non è stato positivo per i socialdemocratici di Zaev, che guidavano la coalizione di centro-sinistra. Tuttavia, i partiti della coalizione, ai quali si è recentemente aggiunto il Movimento Besa (in albanese: Lëvizja Besa; in macedone: Движење Беса; traslitterato: Dviženje Besa) della minoranza albanese, hanno conservato la maggioranza relativa, eleggendo 46 deputati con il 35.89% delle preferenze.
Se il centro-sinistra ha subito un calo di otto seggi, non è andata molto meglio alla coalizione di centro-destra, che sperava di approfittare dei mezzi passi falsi del governo Zaev. Con il leader dell’opposizione Hristijan Mickoski come candidato alla guida del governo, il cartello che fa capo ai nazionalisti conservatori dell’Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone – Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (Внатрешна македонска револуционерна организација – Демократска партија за македонско национално единство; Vnatrešna Makedonska Revolucionerna Organizacija – Demokratska Partija za Makedonsko Nacionalno Edinstvo; VMRO-DPMNE) ha subito una sorte simile, perdendo sette scranni: VMRO-DPMNE elegge così quarantaquattro parlamentari con il 34.57% dei consensi.
L’affluenza alle urne in netto calo (52.02% contro il 66.79% del 2016), probabilmente anche a causa della pandemia da covid-19, che nel Paese ha causato oltre quattrocento morti e quasi novemila contagiati, ha favorito i partiti minori, soprattutto quelli che rappresentano la popolazione di etnia albanese. Al terzo posto troviamo l’Unione Democratica per l’Integrazione (in macedone: Демократска унија за интеграција; traslitterato: Demokratska Unija za Integracija; in albanese: Bashkimi Demokratik për Integrim – BDI), il partito di sinistra della minoranza albanese, che passa da dieci a quindici seggi (11.48%), seguito dal suo equivalente di destra, l’Alleanza per gli Albanesi (Aleanca për Shqiptarët, AS), che da soli tre seggi arriva ad occupare ben dodici scranni (8.95%).
Positivo anche il riscontro ottenuto dal partito della sinistra socialista ed antimperialista Levica (Левица, letteralmente “sinistra”), fondato nel 2015, che per la prima volta elegge due parlamentari, ottenendo il 4.10% delle preferenze. La formazione guidata da Dimitar Apasiev ha in questo modo raggiunto il suo obiettivo per questa campagna elettorale, che era appunto quello di diventare una forza parlamentare, dopo cinque anni di battaglie extraparlamentari in difesa dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Completa il quadro dei 120 scranni dell’emiciclo di Skopje l’unico rappresentante del Partito dei Democratici Albanesi (in albanese: Partia Demokratike Shqiptare – PDSH; in macedone: Демократска партија на Албанците; traslitterato: Demokratska Partija na Albancite – DPA).
Visto che nessuna delle due principali coalizioni ha ottenuto la maggioranza assoluta di 61 seggi, sarà necessaria la formazione di un governo di coalizione. La costituzione macedone, inoltre, prevede che all’interno del governo debba essere rappresentato almeno uno dei partiti della minoranza etnica albanese. Inizialmente, alcuni analisti avevano previsto un possibile accordo tra la coalizione di centro-sinistra guidata da Zaev ed il principale partito albanese, il BDI, a sua volta su posizioni di centro-sinistra, come già accaduto nella precedente legislatura. Tuttavia, il leader del BDI, Ali Ahmeti, ha affermato che il suo partito accetterà di entrare al governo solamente con un premier di etnia albanese, condizione che nessuna delle due principali coalizioni è pronta ad accettare.
A questo punto, tutti gli indizi lasciano presagire delle lunghe contrattazioni tra le forze politiche, che potrebbero anche durare mesi, lasciando il Paese con un vuoto di governo. La rapida formazione di un esecutivo sarebbe invece fondamentale per continuare a condurre i colloqui per l’adesione della Macedonia del Nord all’Unione Europea, visto che, dopo l’iniziale opposizione della Francia, nel mese di marzo gli stati membri hanno raggiunto una posizione comune favorevole all’inizio dei negoziati ufficiali. Il progetto di ingresso della Macedonia (ed eventualmente di altri Paesi della stessa area, come Albania e Serbia) nell’UE fa parte del progetto euroatlantista di espansione ad oriente, per contrastare la Russia nella regione balcanica. Ricordiamo, infatti, che, dal 27 marzo di quest’anno, la Macedonia del Nord è divenuta ufficialmente anche un membro della NATO.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog