Le risorse idriche mondiali sono sufficienti per un’adeguata irrigazione utile a sfamare 840 milioni di persone in più. Ma bisogna investire nei Paesi poveri
Investendo per garantire alle colture un’adeguata irrigazione anche nei Paesi dove l’economia è più fragile potremmo dare da mangiare fino a 840 milioni di esseri umani in più rispetto ad oggi. Almeno il 15% delle terre coltivate del Pianeta subisce infatti una carenza idrica non dovuta a vincoli idrologici (le risorse di acqua rinnovabile sarebbero cioè fisicamente disponibili). Dietro ad essa, una mancanza di capacità economica e istituzionale a sfruttarle. Se irrigassimo debitamente questi territori potremmo invece aumentare la produzione alimentare globale dal 6 all’8%. Un rimedio concreto per evitare l’espansione agricola negli ecosistemi naturali.
A fornire questa scomoda verità è un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano, dell’University of California di Berkeley e dell’Università di Amsterdam.
Il filone d’indagine era già battuto da qualche anno. Gli analisti lo hanno approfondito, in uno studio (Global agricultural economic water scarcity) pubblicato sulla rivista «Science Advances». Nel documento si dimostra che sulla Terra c’è acqua per coltivare altri 140 milioni di ettari di superficie. Tuttavia, questa opportunità preziosissima si scontra anche con la cosiddetta “scarsità di acqua economica in agricoltura” (EWS, economic water scarcity). La carenza è quindi il vero freno all’eradicazione globale di fame e malnutrizione sul pianeta e non ha cause di carattere climatico né tecnologico.
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183 milioni minacciati dalla fame e dal coronavirus
Per comprendere la portata dello studio, va ricordato che fame e malnutrizione colpiscono ancora oltre 800 milioni di persone, nonostante la lotta a queste piaghe sia tra i principali obiettivi delle Nazioni unite per il 2030.
Ancora alla fine del 2019 ben 135 milioni di persone in 55 Paesi e territori risultavano essere esposte a insicurezza alimentare acuta, ricorda l’ultimo rapporto della Rete globale contro le crisi alimentari (GNFC). E il numero cresce fino a 183 milioni se si considerano gli individui classificati in stato di “stress”, che potrebbero facilmente peggiorare la propria condizione in caso di emergenze come l’attuale pandemia da coronavirus.
Lo scenario sembra già assai vicino all’attualità se pensiamo che 73 dei 135 milioni di persone “a rischio”, ovvero ben più della metà, vive in Africa, dove il Covid-19 si sta diffondendo in un quasi totale silenzio di dati e cronache. Quel che resta del totale è suddiviso tra i 43 milioni di Asia e Medioriente e i 18,5 milioni di America Latina e nei Caraibi.
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Acqua per colmare il deficit, ma sostenibile
Osservando la mappa pubblicata nello studio, si scopre che la gran parte delle aree nelle quali è determinante il fattore della scarsità di acqua economica si estende su due fasce continentali longitudinali. Dove si trovano? Proprio in Africa e nella regione euroasiatica.
«Questo dato – spiega professoressa Maria Cristina Rulli, alla guida del gruppo del Politecnico – è tanto più rilevante quando riguarda Paesi in via di sviluppo, dove incide pesantemente rispetto alla scarsità fisica di acqua, e dove è ancora possibile produrre di più, chiudendo il cosiddetto gap agricolo. I Paesi del Nord del mondo, che hanno avuto i benefici della green revolution, godono di un’agricoltura che produce quasi al massimo di quanto potrebbe. Al contrario ci sono zone del mondo dove ancora agricoltura e produzione sono migliorabili».
Per cogliere la possibilità di miglioramento, serve un’irrigazione che colmi l’eventuale deficit idrico delle piante. Ma non a tutti i costi, dal momento che 2,23 miliardi di persone si alimentano grazie a usi insostenibili delle risorse di acqua blu. E questo è un altro degli aspetti decisivi indagati dalla ricerca. Con i giusti investimenti finanziari si può garantire acqua blu rinnovabile sufficiente per la produzione agricola sul 15% di terra irrigata in più ma senza minare i flussi idrici ambientali e gli stock di acqua dolce. Non solo: così facendo – conclude Rulli – potremmo anche «venire incontro abbondantemente ai bisogni alimentari di chi è malnutrito».
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5 Paesi da irrigare, cibo per 650 milioni di persone in più
I due terzi delle terre coltivate soggette a scarsità di acqua economica si trovano nell’Africa subsahariana, nell’Europa orientale e nell’Asia centrale. Un intervento mirato avrebbe effetti differenti su ciascuna area. In Africa, l’espansione dell’irrigazione, con l’adozione di pratiche sostenibili, consentirebbe, ad esempio, di avere cibo a sufficienza per nutrire da 189 a 235 milioni di persone in più, determinando un incremento del consumo di acqua per questo scopo compreso tra il 24 e il 96%. In Europa orientale e in Asia centrale garantiremmo nutrimento per almeno altri 300 milioni di persone, fino a un massimo di 417.
«Massimizzare la produzione agricola espandendo l’irrigazione su terreni coltivati con scarsità d’acqua economica aumenterebbe di almeno un terzo l’attuale produzione calorica totale in 19 Paesi a basso reddito», precisano gli scienziati. Ma è da cinque nazioni che giungerebbe circa la metà dell’aumento della produzione calorica globale associata all’espansione dell’irrigazione su terreni coltivati con scarsità idrica: Nigeria, Ucraina, Russia, Romania e Kazakistan.
La sola Nigeria, che ha una popolazione in rapida crescita, risolvendo il problema della scarsità d’acqua, potrebbe alimentare quasi cento milioni di persone in più. Ucraina, Russia e Romania produrrebbero calorie utili a nutrire – rispettivamente – fino a 119, 88 e 39 milioni di individui aggiuntivi.SICCITÀSVILUPPO SOSTENIBILE