Monsignor Pedro Casaldáliga, vescovo di origine catalana vissuto in Brasile dove si è distinto come difensore dell’Amazzonia, dei diritti delle popolazioni indigene e dei poveri in generale, nonché strenuo oppositore delle dittature militari, è morto ieri in un ospedale di San Paolo all’età di 92 anni. Trasferitosi nel 1968 nella foresta amazzonica per diffondere il messaggio di Cristo, Casaldáliga fu un propugnatore della Teologia della Liberazione, assumendo per il suo stemma vescovile nel 1971 il motto: ‘Nulla possedere, nulla prendere a carico, nulla chiedere, nulla tacere e soprattutto non uccidere nessuno’.
Durante la dittatura militare in Brasile, fu minacciato di morte diverse volte (fra cui l’11 ottobre 1976, giorno in cui fu ucciso padre João Bosco Burnier) e anche minacciato di espulsione dal Brasile. In sua difesa si schierò l’allora arcivescovo di San Paolo, Paulo Evaristo Arns. Durante il pontificato di Giovanni Paolo II, monsignor Casaldáliga attraversò momenti di difficili relazioni con la Chiesa di Roma che disapprovava la sua vicinanza ai movimenti sociali brasiliani, molto attivi negli anni ’80. Nel 2003, a 75 anni, la Santa Sede gli chiese di lasciare la sua diocesi, evento che avvenne solo dopo un tormentato percorso in cui il vescovo continuò a svolgere quotidianamente la sua missione pastorale. I resti di Casaldáliga saranno sepolti a Sao Felix do Araguaia, nel Mato Grosso, luogo che in vita non volle mai più abbandonare.