riceviamo e pubblichiamo

di Franco Astengo

C’è poco da discutere: i 5 parlamentari e i 2.000 amministratori locali che hanno usufruito dei “bonus” in piena emergenza sanitaria hanno inferto un duro colpo alla credibilità della democrazia rappresentativa.

Inoltre questo”deplorevole” fatto si è verificato all’avvio della campagna elettorale per il referendum sul taglio dei parlamentari, fornendo così ulteriore fiato alle trombe di quel qualunquismo che ha ispirato lo stupido provvedimento di riduzione numerica inteso come fatto “punitivo” e non di riorganizzazione istituzionale.

Qualunquismo che va ricordato non risiede soltanto nella “maggioranza silenziosa” me è ben rappresentato nelle istituzioni disponendo, addirittura, della maggioranza relativa alla Camera e al senato.

Risulterà molto difficile riuscire ad argomentare sulla necessità di collegare nel ragionamento di questo momento la questione morale e la questione politica.

Non ci si può limitare a lanciare l’ennesimo allarme sul degrado del sistema politico e sull’incapacità dei soggetti organizzati a fornire un contributo nella costruzione di un largo gruppo dirigente intellettualmente e moralmente all’altezza di guidare il Paese in tutte le sue articolazioni istituzionali e amministrative.

E’ insufficiente anche testimoniare di una presunta “degenerazione del sistema”.

In realtà fatti come questi ci chiamano a fare i conti con il corporativismo e della logica assistenzialista che domina sia la vita politica sia quella (impropriamente) definita “civile”.

Troviamo ancora alla ribalta le corporazioni e l’ idea di una assistenza gratuita e incontrollatamente “a pioggia” intesa come “autobiografia della nazione”, in memoria del fascismo e del regime democristiano di cui l’odierno “qualunquismo” si pone quasi come legittimo erede.

Una”autobiografia della nazione” che ,al di fuori da qualsivoglia idea di moralismo, ci indica come esemplare il fatto che per il grande pubblico le questioni dirimenti nel dopo emergenza sanitaria sembrano essere quelle della movida e delle vacanze.

Si tratta di cercare di far capire che siamo di fronte a un grande tema di carattere culturale, di mancata costruzione di senso ideale nelle motivazioni di fondo dell’agire pubblico.

Un problema che riguarda essenzialmente la perduta funzione pedagogica della politica e l’incapacità di identificazione delle contraddizioni sociali sulle quali dovrebbero poggiare le diverse identità.

Sicuramente ci troviamo ben oltre l’affermazione difensiva che, in fondo, si tratta di una minoranza, delle famose “mele marce” o di “una macchia nera su di un vestito bianco”.

Per questo motivo proprio l’occasione fornita dal referendum deve essere colta non tanto per adeguarsi alle motivazioni che hanno portato a quella scelta per poi contrastarle sullo stesso terreno (costi della politica, rappresentatività territoriale).

Il referendum deve rappresentare l’occasione per andare a fondo per individuare le ragioni vere delle fragilità del sistema e far sì che coloro che si esprimono per il “NO” assumano una visione di forte capacità propositiva posta in direzione di una crescita complessiva della cultura democratica.

In assenza di questa capacità culturale propositiva la fragilità del sistema potrebbe essere resa estrema dalla probabile strumentalizzazione della (giustificata) indignazione popolare servendo così da marchingegno per l’apertura di una possibile crisi costituzionale.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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