Con Juan Carlos che scappa la sinistra spagnola non perda l’occasione dell’egemonia.
Il Borbone di Spagna è fuggito il 3 agosto come il suo predecessore francese del XVIII secolo e notoriamente non è un buon presagio per la monarchia. Lo è invece per i popoli di Spagna e per la sinistra radicale di questo paese che ha ora un’occasione unica per costruire finalmente un discorso egemonico che parli alla maggioranza della società.
La fuga in aereo di Juan Carlos I, con probabile destinazione finale la residenza di una nota famiglia di latifondisti zuccherieri di Santo Domingo e con tappa intermedia un hotel di lusso di Abu Dhabi, pare motivata dalle indagini su tangenti, impiego di società off-shore e investimenti nei paradisi fiscali condotte dalla giustizia svizzera e spagnola. L’effetto che la notizia ha avuto sull’opinione pubblica è stato notevole, nonostante il nuovo dilagare dell’epidemia di Coronavirus in Spagna.
D’altra parte non poteva che essere così, data la permanenza in carica di Juan Carlos per ben 39 anni e data la natura dei rapporti tra la monarchia e le classi dominanti spagnole.
La casa reale borbonica, collante della borghesia iberica.
Il “fuggitivo” ha infatti avuto un ruolo centrale nella cosiddetta transizione dall’era franchista alla democrazia borghese dopo la morte nel ’75 del generale traditore e golpista Francisco Franco che aveva abbattutola legittima Repubblica Spagnola (1933-39) al termine della guerra civile. La monarchia in sostanza ha fatto da ponte tra gli interessi divergenti delle frazioni della borghesia iberica: tra i nostalgici moderati del regime franchista (Fraga Iribarne) e la borghesia democratica, che voleva aprirsi al processo di unificazione europea e svolgere un ruolo più presentabile nel quadro dell’alleanza atlantica con gli Stati Uniti, rappresentata soprattutto dal partito dell’Ucd e in parte dal Psoe e appoggiata dallo stesso Partito Comunista spagnolo di Santiago Carrillo.
Tuttavia, se la transizione ha infine consentito l’instaurazione di un regime parlamentare, ha comunque lasciato pesanti eredità del passato sulle spalle dei popoli spagnoli. Eredità che hanno mostrato il loro volto autoritario nel trattamento riservato ai nazionalisti catalani dopo le vicende della dichiarazione di indipendenza di tre anni fa.
Di fatto, la monarchia borbonica ha rappresentato in Spagna l’agglutinante della reazione politica attorno al quale si agganciano il mondo degli affari (vedesi appunto le indagini su Juan Carlos), la destra politica neofascista e non (da Vox a Ciudadanos) fino agli pseudo socialisti del Psoe dell’attuale primo ministro Sanchez.
La situazione politica attuale: la partita di Unidas Podemos e dei nazionalisti.
A gennaio di quest’anno la sinistra radicale spagnola unita nella coalizione Unidas Podemos che raggruppa il partito populista Podemos e la formazione politica Izquierda Unida (includente i comunisti spagnoli del Pce), ha formato un governo con il Psoe di ispirazione neoliberale di Pedro Sanchez. Un’operazione politica dettata dalla necessità di assicurare un governo democratico al paese dopo le due elezioni del 2019 e l’avanzata dei neofascisti di Vox.
Tuttavia, il programma “radicale” del governo che prevedeva ad esempio una riforma del mercato del lavoro in favore dei lavoratori e un regime fiscale più severo nei confronti della rendita finanziaria finora non ha visto la luce e nel frattempo sulla Spagna si è abbattuta la tempesta perfetta del COVID-19. Non che si potessero coltivare molte speranze in merito, dato che l’unica cosa che accomuna Podemos (e in parte Izquierda Unida) al Psoe è la fede nell’Unione Europea. Ora però la sinistra radicale ha la sua occasione per uscire dall’impasse nella quale si trova legata com’è a un’alleanza imbarazzante. Si può infatti rilanciare la sfida repubblicana per aprire un dialogo con ampi settori della società spagnola, completamente disillusi rispetto al mito della monarchia democratica dei Borboni.
Peraltro, le sponde politiche per lanciare la parole d’ordine di un referendum costituzionale per dar vita a una Repubblica solidaristica e plurinazionale non mancano: voci di consenso provengono dagli ambienti nazionalisti catalani e baschi resisi conto dei limiti dell’indipendentismo.
Questa prospettiva avrebbe il merito di dare chiarezza alla strategia della sinistra radicale spagnola allontanandola dal falso progressismo del Psoe che sta svelando il suo vero volto nella difesa ad oltranza della monarchia, aprendo crepe nell’elettorato progressista che ancora lo sostiene e perfino tra i militanti socialisti (la federazione giovanile del Psoe è dichiaratamente repubblicana). Inoltre, metterebbe la destra, compresa Vox, nell’imbarazzante situazione di dover difendere con la monarchia un ex re accusato di corruzione.
A giugno di quest’anno, un sondaggio condotto per conto del giornale Públicoha dato un 52% di favorevoli alla Repubblica. In ogni caso da tempo quasi la metà dei votanti si indirizza a un cambiamento dell’assetto istituzionale spagnolo, soprattutto tra i giovani che negli ultimi sono stati tra i più penalizzati dalle leggi neoliberali della destra e del Psoe in materia di lavoro.
Il progetto di una repubblica plurinazionale che riconosca tutti i diritti sociali, politici e civili dei diversi popoli della Spagna darebbe la possibilità alla sinistra di classe di uscire dal ruolo subalterno che le disegna addosso il sistema elettorale e di giocare una partita egemonica nel paese, contro il Psoe, contro la destra liberista e contro il fascismo. Una vittoria del tricolore repubblicano in Spagna avrebbe conseguenze storiche e riflessi positivi su tutto il vecchio continente, Italia compresa.
A 81 anni dalla caduta della II Repubblica spagnola è ora di presentare il conto ai Borboni.
https://www.lacittafutura.it/esteri/spagna-il-re-in-fuga-e-il-vessillo-della-repubblica