Nel Mediterraneo orientale la Nato sta cessando di essere un’alleanza con i suoi membri che ormai rischiano lo scontro diretto. Non solo continuano, infatti, quelle che non sono solo schermaglie tra Grecia e Turchia, ma Francia e Germania si sfidano ormai apertamente guidando due opposti schieramenti.
Grecia e Turchia, due paesi interni alla NATO sono più volte arrivati vicini allo scontro aperto. Un problema che può minare l’alleanza stessa, visto che la Turchia è un membro importante nonché il secondo esercito.
L’ultima fase delle tensioni tra i due paesi è segnata dalle controversie sulle zone economiche esclusive contestate. Le tensioni si sono intensificate il mese scorso quando la Grecia si è opposta alle attività della nave di ricerca sismica turca, la MTA Oruc Reis, in una zona a sud dell’isola di Meis, o Kastellorizo. Quindi è arrivata la mossa di Atene la scorsa settimana, con la firma di un accordo di delimitazione marittima con l’Egitto, che secondo la Turchia viola la sua piattaforma continentale e i diritti marittimi.
I due paesi sono arrivati fino allo scontro tra navi da guerra: la fregata greca Limos – secondo quanto denuncia Ankara – avrebbe con una manovra di disturbo tentato di impedire lo svolgimento della propria attività alla nave Oruc Reis, sarebbe quindi intervenuta a questo punto la nave militare Kemal Reisav, che avrebbe speronato la nave greca danneggiandola.
La Grecia invece parla di un errore di manovra dell’imbarcazione turca. La Turchia ha a lungo contestato le trivellazioni unilaterali dell’amministrazione greco-cipriota nel Mediterraneo orientale, affermando che la Repubblica di Cipro Nord possiede anch’essa diritti sulle risorse nella regione.
Dietro ai due contendenti si nascondono interessi di altri paesi: segnatamente Francia e Germania. Lontano da Bruxelles sembra essersi spezzato il famigerato asse franco-tedesco verrebbe da dire.
La Francia sostiene la Grecia in funzione anti-turca. Parigi ha inviato nel Mediterraneo i caccia Rafale, la nave da assalto anfibio Tonnere e la fregata Lafayette. Lo stesso presidente Macron ha lanciato accuse contro la Turchia: “Le decisioni unilaterali della Turchia provocano tensioni. Devono spegnersi per permettere un dialogo pacifico tra Paesi vicini e alleati NATO”.
La Germania invece gioca di sponda con Erdogan soprattutto in Libia. Berlino continua a vendere armamenti alla Turchia e riveste il ruolo di mediatore nel conflitto libico iniziato con il “processo di Berlino”. Altro scenario dove Parigi e Ankara giocano su sponde opposte.
Il recente accordo a tre siglato tra Turchia, Libia e Qatar ha visto come regista dell’operazione proprio la Germania con il ministro degli Esteri Heiko Mass.
Il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, l’omologo del Qatar, Khalid bin Mohammad al Attiyah, e il viceministro degli Esteri del governo di Tripoli, Salah Al Din al Namroush, hanno raggiunto un accordo che prevede – secondo fonti libiche riportate da “Agenzia Nova” – la creazione di “una base navale turca a Misurata e una base aerea ad Al Watiya, a sud-ovest di Tripoli”.
Dopo l’umiliazione dell’invasione Nato del 2011 che ha rovesciato e ucciso il nostro principale alleato nel Mediterraneo, Gheddafi, la politica estera italiana nell’area segna una nuova Caporetto. Vi ricordate la cabina di regia libica “concessa” da Obama a Renzi e da Trump a Conte? Resta ormai solo la telefonata con cui Erdogan comunica al nostro premier di spostare l’ospedale di campo perché a Misurata c’è un nuovo sceriffo.
Il destino della Libia nelle mani di Turchia e Qatar, con la mediazione della Germania.
I primi due, come è noto, sono i paesi che più di tutti hanno permesso che la Siria venisse infestata per anni da terroristi provenienti da decine di nazioni con l’obiettivo di distruggere uno stato sovrano e perseguire interessi criminali spesso legati ai paesi della Nato. Che a poche miglia di casa si possano costruire avamposti del fondamentalismo jihadista finanziato, armato e sostenuto da Turchia e Qatar dovrebbe fare venire i brividi all’Italia.
E, il terzo paese, la Germania ottiene due successi diplomatici enormi ai danni proprio del nostro paese. Berlino diviene, infatti, determinante nell’area del Mediterraneo più importante per i nostri interessi strategici e sposta il ricatto migratorio utilizzato contro di lei da Erdogan attraverso la guerra per procura in Siria, proprio in Libia e precisamente contro i paesi dell’Europa del Sud. Italia chiaramente in prima fila.
Per intenderci e per essere ancora più chiari: se all’Italia le condizioni per i prestiti del Recovery Fund non dovessero andare bene (come sicuramente sarà), o se il nostro governo si volesse opporre alla reintroduzione del Patto di Stabilità per evitare due decenni di povertà assoluta alla popolazione, il miglior alleato di Berlino per imporre nuova austerità e le sue follie ordo-liberiste sarà proprio Erdogan e il ricatto delle migliaia di migranti pronti a partire dalla Libia. Capolavoro diplomatico di Berlino sulle spalle, sempre più piegate, dell’Italia