Riceviamo e pubblichiamo
I fatti di Agosto 2020 si agganciano a quelli di Marzo 2012 aggiungendo un nuovo anello alla catena dei ribaltamenti golpisti che, nei fatti, mai hanno avuto l’effetto di svincolare il Mali dal controllo della Francia.
Nel 1991 Amadou Toumani Touré defenestrò Moussa Traoré, di cui era guardia del corpo; nel 2002 vince le elezioni e diventa presidente.
Nel 2012 alla vigilia delle elezioni (*1), a cui non avrebbe più partecipato, Tourè è rimosso (*2) dal golpe del capitano Amadou Haya Sanogo, successivamente promosso generale. (*3)
Nell’agosto 2013 i maliani vanno alle urne e scelgono un politico navigato: Ibrahim Boubacar Keita. La sua presidenza non placa le tensioni di un paese composito per etnie e per radicate ostilità, tuttavia la formale legittimità protegge la Francia e i suoi interessi nel Sahel.
A marzo 2020 le elezioni locali avvengono fra scontri nel centro del paese e violenze jiadiste, (*4) tuttavia il partito di Keita conserva la maggioranza.
Nel mese di giugno, però, i paesi dell’Africa occidentale (ECOWAS) lo esortano a indire nuove “regolari” elezioni ed è l’innesco per la mobilitazione degli ufficiali.
Il 18 agosto 2020 Keita viene arrestato dai golpisti comandati dal colonnello Sadio Camara, e si dimette con un discorso trasmesso in televisione:
“Se oggi alcuni settori militari hanno deciso che l’intervento era necessario per porre fine [alla presidenza], ho forse altra scelta? Non desidero che venga versato sangue‘.
Il 19 il colonnello Assimi Gouta è proclamato capo del costituito Comitato Nazionale Per La Salute del Popolo.
Dalla Francia il ministro degli Esteri Le Drian lascia intendere di essere sorpreso, condanna “l’ammutinamento”, chiede che i militari “tornino nelle caserme”. Diversamente dal 2012, i francesi non vogliono fare da soli e chiedono la convocazione del Consiglio di Sicurezza ONU.
Il primo atto pubblico della giunta militare è una conferenza stampa dai toni rassicuranti:
Verso la popolazione: “Maliane e Maliani, da tempo le tensioni politico-sociali minano il buon andamento del Paese, le proteste scaturite dalle ultime elezioni dimostrano sufficientemente che il Paese sta andando male. […] il clientelismo politico, la gestione familiare degli affari di stato hanno finito per uccidere qualsiasi opportunità di sviluppo in quel poco che rimane di questo bellissimo paese. […] Il terrorismo e l’estremismo distruggono la coesione sociale e tuttavia non sono inevitabili. […] Per evitare che il paese affondi, noi, le forze patriottiche raggruppate all’interno del Comitato Nazionale per la Salvezza del Popolo (CNSP), abbiamo deciso di assumerci le nostre responsabilità davanti al popolo e davanti alla storia per garantire la continuità dello Stato […] A partire da questo giorno 19 agosto 2020, tutte le frontiere aeree e terrestri sono chiuse fino a nuovo avviso, è in vigore un coprifuoco dalle 21:00 alle 5:00 fino a nuovo avviso, la continuità dei servizi sarà assicurata. Coloro che ne hanno diritto, ai sensi dei testi in vigore, della società civile e dei movimenti socio-politici sono invitati a unirsi a noi per creare insieme le migliori condizioni per una transizione politica civile che porti a elezioni generali credibili per l’esercizio democratico attraverso un Tabella di marcia che getterà le basi per un nuovo Mali.”
Verso i Tuareg “Invitiamo anche i nostri fratelli del Coordinamento dei Movimenti Azawad (CMA) ad unirsi a noi per l’efficace attuazione dell’accordo derivante dal processo di Algeri [n.d.r. concessioni autonomia contro abbandono obiettivo indipendenza] nulla dovrebbe ostacolare l’unità della nazione maliana. La pace in Mali è la nostra priorità e sarà raggiunta con voi.”
Verso l’estero: “È passato il tempo delle divisioni politiche e ideologiche che seminano l’intolleranza e conducono all’odio, che è il male. Attendiamo dalle organizzazioni subregionali e internazionali l’accompagnarci per il benessere del Mali. MINUSMA, la forza Barkhane, il G5 Sahel, la forza Takuba rimangono i nostri partner per la stabilità e il ripristino della sicurezza. Rivolgendoci a voi fratelli in armi, vi esortiamo a garantire la continuità delle vostre missioni sovrane, sia organiche che cooperative”.
Diverse le sigle, ma sempre operazioni militari di “difesa” motivate dal pericolo del “terrorismo”. In tutte è presente e leader effettiva la Francia, a Takuba andranno anche 200 soldati italiani.
I commenti internazionali sono i consueti contro i colpi di stato e mostrano di assumere come verità la “sorpresa” palesata dalla Francia. Tuttavia ci sono elementi che giustificano l’avere delle riserve. La richiesta di continuità di collaborazione alle missioni presenti sul territorio fa apparire il golpe più un consolidamento della situazione globale che una rivolta. La Francia, diversamente che in passato, ha oggi consistenti motivi di preoccupazione a livello locale e internazionale.
In dicembre Parigi aveva convocato i paesi del G5 Sahel ( Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Chad) per affrontare il forte sentimento antifrancese che monta nella regione fomentato da un inestricabile mix di verità e fandonie. Voci sul furto di oro da parte dei soldati francesi, la consegna di motociclette ai jihadisti da parte dell’esercito francese, il bombardamento di una base dell’esercito nigeriano sempre da parte dell’esercito francese e, proprio in Niger, collettivi della società civile, tra cui la rete delle donne per la pace e la sicurezza, avevano chiesto in dicembre l’immediata partenza delle forze francesi e respinto l’idea della nuova coalizione di forze straniere (Takuba) nel Sahel.
Foto di Gruppo del Summit Economico Russia-Africa, 2019
Meno di tutto Macron deve aver gradito la mobilitazione nei social: “La Francia è uno stato terrorista! Viva la cooperazione Mali e Russia” recitava un post Facebook del 15 novembre nella Pagina del “Gruppo di Patrioti del Mali”, preceduto il 12 ottobre, riferisce Le Monde, dalla richiesta da parte di un’ “Associazione dei giovani musulmani del Mali” di “intervento della Russia per aiutare l’esercito maliano a recuperare l’integrità del territorio del Paese.”
Da Francetv.Info: “In questi mesi abbiamo assistito a un’affascinante offensiva di Mosca nel continente africano, come dimostrato dall’organizzazione del primo Forum Economico Russia-Africa a Sochi il 23 e 24 ottobre 2019. In questo contesto, diversi capi di stato del Sahel hanno chiesto alla Russia di investire nella regione.” Il Mali era andato ben oltre e i ministri della Difesa, il russo Sergey Shoygu e il maliano Ibrahim Dahirou Dembele, avevano concluso un negoziato per la fornitura di armamenti e l’ addestramento di unità da combattimento terrestre da rendere operative nella lotta al terrorismo.
Non stupisce oggi che la Tass dedichi numerosi articoli al colpo di stato e prometta attento monitoraggio degli sviluppi:
MOSCA, 19 agosto. / TASS /. La Russia tiene attentamente d’occhio gli sviluppi in Mali e darà la sua valutazione dopo aver analizzato la situazione, ha detto mercoledì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
(*1) I fatti del golpe 2012 in questi articoli
I mali del MALI in tempo reale: 22, 23, 24 marzo
Bamako live: quello che qui non si racconta del Mali
(*2) ; Tourè in allarme aveva interpellato la Francia: ricevette l’ordine di lasciare il palazzo, seguito da un comunicato ai golpisti. “Ristabilite l’ordine istituzionale, astenetevi dal commettere violenze, liberate le persone detenute, rispettatene l’integrità fisica, in particolare del presidente Amadou Toumani Touré.”
(*3) Alterne fortune dopo il golpe per Sanogo che ora è imputato in un processo per sequestro di ufficiali a lui ostili nelle settimane seguenti il golpe; un processo che i militari stessi cercano di ostacolare, anche corrompendo testimoni, affinché non vengano alla luce le complicità.
(*4) Se per il precedente ribaltamento del potere nel 2012 il pretesto fu la rivolta indipendentista dei Tuareg, quest’anno lo è il massacro di oltre 130 pastori Fulani da parte, si presume, del gruppo etnico Dogon