Lo scorso 19 agosto, il leader della Repubblica Democratica Popolare di Corea, Kim Jong-Un, ha presieduto la sesta seduta plenaria del settimo Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, comunicando l’importante decisione della convocazione dell’ottavo Congresso del Partito del Lavoro per il gennaio del 2021. L’apparizione del maresciallo Kim Jong-Un, con relative immagini diffuse dai media ufficiali nordcoreani, non è però bastata per mettere a tacere le voci circa il suo stato di salute, nonostante queste siano state smentite più volte dai fatti.
Sono bastate le parole, prive di ogni dimostrazione, di un ex funzionario sudcoreano, tale Jang Sung-Min, per scatenare la stampa occidentale, che ha nuovamente messo in circolazione la notizia secondo la quale il leader sarebbe morto o attualmente in coma, mentre quello mostrato dalle immagini ufficiali sarebbe addirittura un sosia. E a tali voci hanno fatto seguito anche quelle che vedrebbero nella sorella di Kim Jong-Un, Kim Yo-Jong, l’attuale leader del Paese. La stampa main stream occidentale, animata da un profondo sentimento antinordcoreano, è riuscita addirittura a contraddire se stessa nel giro di poche ore, affermando da un lato che Kim Yo-Jong sarebbe la detentrice del potere e dall’altro arrivando ad annunciare un suo declassamento, dimostrato dalla sua assenza in occasione delle ultime iniziative pubbliche.
La realtà è che i membri del governo nordcoreano non possono neppure prendersi un paio di settimane di vacanza se non vogliono finire sulle pagine della stampa occidentale come morti, esautorati o addirittura condannati a fantasiose torture ed esecuzioni da parte del leader. Un insieme di fake news che viene diffusa con regolarità sulla Corea del Nord, mentre non raggiungono mai la stessa diffusione le smentite o le riapparizioni pubbliche di personaggi considerati deceduti o giustiziati.
Se voci come quelle sulla Corea del Nord e sui suoi leader venissero diffuse su qualsiasi altro Paese, nessuno le prenderebbe sul serio. Ma quando si tratta di Pyongyang, tutto è concesso ai sedicenti giornalisti, che in gran parte ne parlano senza avervi neppure mai messo piede. Tanto, con decenni di propaganda e di fake news alle spalle, il pubblico è disposto a credere a qualunque cosa quando si parla di questo Paese ignoto ai più, ma sulla bocca di tutti.
Eppure, il fatto che Kim Jong-Un abbia preso una decisione importante come quella di convocare un nuovo Congresso del Partito del Lavoro dovrebbe essere sufficiente, qualora ve ne sia bisogno, a provare che quello che si vede nelle immagini ufficiali è il maresciallo in carne ed ossa, e che il potere è ancora ben saldo nelle sue mani. La convocazione del Congresso del Partito è infatti un atto assai importante che non può certo avere luogo in assenza del consenso del leader, e che per esempio il generale Kim Jong-Il, il padre dell’attuale leader, non convocò mai nei diciassette anni trascorsi alla testa del Paese.
Il maresciallo Kim Jong-Un ha riportato in auge il Congresso del Partito del Lavoro nel 2016, convocandone la settima edizione ben trentasei anni dopo l’ultimo Congresso indetto da suo nonno, il presidente eterno Kim Il-Sung. Kim Jong-Un ha dimostrato di voler interpretare alla lettera le regole del Partito, che prevedono lo svolgimento del Congresso ogni cinque anni, pratica che non era però stata applicata dai suoi predecessori, se non da Kim Il-Sung fino al 1961.
Il comunicato pubblicato in seguito alla sesta seduta plenaria del settimo Comitato Centrale del Partito Comunista di Corea, quello nel quale si annuncia la convocazione dell’ottavo Congresso, mostra anche una capacità di autocritica da parte dell’attuale leadership, laddove si legge che “l’economia non è migliorata di fronte alle gravi situazioni interne ed esterne e alle molteplici sfide inaspettate, il conseguimento pianificato degli obiettivi per il miglioramento dell’economia nazionale è stato gravemente ritardato e il tenore di vita delle persone non è stato migliorato notevolmente”.
“La riunione plenaria, dopo aver analizzato e rivisto l’esperienza e gli insegnamenti tratti dal lavoro degli ultimi cinque anni per la costruzione di un potente Paese socialista, ha deciso di convocare l’ottavo Congresso del Partito del Lavoro di Corea come segue per stabilire una corretta linea di lotta e politiche strategiche e tattiche sulla base delle nuove esigenze della nostra rivoluzione in via di sviluppo e della situazione vigente”, si legge ancora nel comunicato pubblicato dalla stampa nordcoreana.
L’ottavo Congresso, che come detto avrà luogo il prossimo gennaio, si occuperà di revisionare il lavoro del Comitato Centrale del Partito, rivedere le regole del Partito e soprattutto rinnovare la composizione del Comitato Centrale del Partito. In occasione del Congresso dovrebbero essere decise anche le linee da seguire per la pianificazione del prossimo piano economico quinquennale.
Secondo il Rodong Sinmun (il Giornale dei Lavoratori), organo ufficiale del Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, l’ottavo Congresso “servirà come pietra miliare importante per superare gravi sfide e difficoltà nella nostra avanzata e sviluppare la nostra rivoluzione in un nuovo stadio superiore”. “Il Congresso servirà da spartiacque di grande importanza per la revisione dell’operato complessivo del Partito e per aumentare notevolmente la sua efficienza lavorativa”, prosegue la testata nordcoreana.
In conclusione, crediamo che i segnali provenienti da Pyongyang dimostrino come Kim Jong-Un sia ancora pienamente al timone di comando del Paese – e non ci sarebbero ragioni per credere il contrario. In passato, oltretutto, i vari Congressi del Partito del Lavoro hanno sempre confermato la leadership vigente. Il leader nordcoreano, infine, dimostra grande capacità di analisi e di autocritica, oltre che dedizione alla causa della rivoluzione coreana, e proprio questo l’ha spinto alla convocazione del Congresso del Partito, al fine di procedere ad un aggiustamento degli aspetti critici osservati nell’ultimo quinquennio, sempre lungo la direttiva dell’ideologia socialista di tipo Juche.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog