Le autorità vietnamite hanno risposto ancora una volta “presente” di fronte alla prova del nove, quella di un’inaspettata seconda ondata di COVID-19 nel Paese. Dopo 99 giorni senza trasmissioni interne alla comunità, il Vietnam ha infatti dovuto affrontare un importante focolaio emerso presso la città costiera di Đà Nẵng, collegato all’ingresso illegale di alcuni cittadini stranieri – prevalentemente cinesi – nel Paese.
Innanzi tutto, dopo i primi arresti, sono proseguite le retate per fermare i flussi illegali di cittadini stranieri e gli affari dei loro trafficanti. Poi, oltre alle misure di distanziamento sociale prese nella città di Đà Nẵng, anche altre importanti località nelle quali sono stati registrati casi positivi hanno preso le misure necessarie a limitare il contagio.
Le autorità della città epicentro e il governo centrale vietnamita hanno imposto una campagna di allontanamento sociale per Đà Nẵng che ha portato, tra le varie cose, alla chiusura di tutti i ristoranti e dei servizi “non essenziali”, nonché l’interruzione di tutti gli eventi religiosi, sportivi e culturali, imponendo una multa di 7.5 milioni di đồng (322 dollari) ai trasgressori. Il Comitato del Popolo della città di Đà Nẵng ha inoltre disposto la costruzione in quattro giorni di un ospedale da campo nel distretto di Hải Châu, dopo che il principale ospedale della città era stato chiuso per il numero eccessivo di casi. Il Dipartimento della Sanità locale ha arruolato circa 600 studenti di medicina e 100 tecnici per aiutare a raccogliere campioni, arrivando a testare 10.000 persone al giorno, dando la precedenza a coloro che presentavano sintomi come febbre, tosse, starnuti o difficoltà respiratorie.
Già il 28 luglio, le autorità della provincia di Quảng Nam, situata a sud di Đà Nẵng, hanno annunciato la chiusura dei luoghi di intrattenimento e dei servizi “non essenziali”, come bar, internet caffè, karaoke, sale massaggi, cinema e discoteche. Sono inoltre stati temporaneamente fermati tutti i trasporti pubblici, dopo che la provincia ha registrato i primi casi collegati con il focolaio di Đà Nẵng. Infine, sono stati vietati assembramenti superiori alle venti persone, costringendo a forti limitazioni per lo svolgimento di festival, eventi religiosi, sportivi e culturali e visite turistiche.
Le principali misure di restrizione all’interno della provincia hanno riguardato la città di Hội An, importante centro storico ed ambita meta turistica. Per la sola Hội An, infatti, è stata prevista una campagna di allontanamento sociale di quindici giorni a partire dal 30 luglio, mentre ai cittadini è stato chiesto di uscire di casa indossando la mascherina e solamente per le emergenze, per l’acquisto di cibo o medicinali o per recarsi presso strutture di produzione o attività commerciali che implicano il commercio di beni e servizi essenziali.
Nella capitale Hà Nội, il 30 luglio sono stati chiusi i bar ed è stato varato un divieto di assembramento dopo l’emersione di due casi positivi da parte di persone che erano recentemente rientrate da Đà Nẵng. Nguyễn Đức Chung, presidente del Comitato del Popolo della capitale, ha ordinato di effettuare ventunmila test sulle persone che si erano recate a Đà Nẵng e nella provincia di Quảng Nam.
Anche la città di Huế, antica capitale imperiale situata cento chilometri a sud di Đà Nẵng, ha chiuso i servizi “non essenziali” come karaoke e bar e ha interrotto tutti i festival e le funzioni religiose. Misure simili sono state prese dalle autorità della provincia centrale di Đắk Lắk, dove è stato registrato un caso positivo collegato al focolaio di Đà Nẵng. Nella provincia sono stati chiusi bar, discoteche, karaoke, saloni di bellezza e luoghi di intrattenimento, ed è inoltre stata indetta una campagna di distanziamento sociale di quindici giorni. Il 2 agosto, è stato annunciato anche il rinvio del tradizionale festival biennale di Huế: generalmente organizzato ad aprile, questo era già stato rimandato ad agosto, ma il Comitato del Popolo della città ha deciso di spostarlo definitivamente al 2021.
Ad Hồ Chí Minh City sono state prese le misure necessarie per evitare il propagarsi della seconda ondata. Le autorità cittadine hanno disposto la chiusura di tutti i bar e le discoteche, vietando gli assembramenti di più di trenta persone e rimandando gli eventi considerati come “non urgenti”. La metropoli meridionale aveva precedentemente trascorso 117 giorni senza casi positivi, ma il 30 luglio ha registrato due casi (un artista marziale statunitense di 57 anni e sua moglie vietnamita di 46 anni) collegati sempre al focolaio di Đà Nẵng. Inoltre, il Comitato del Popolo di Hồ Chí Minh City ha disposto la chiusura di una strada nel distretto periferico di Thủ Đức, dove è stato registrato un caso sospetto.
Nella provincia di Lâm Đồng, situata nella regione centro-meridionale del Tây Nguyên, è stata imposta una quarantena a ventitré persone nella giornata del 2 agosto, dopo che il direttore giapponese di un’impresa agricola, appena tornato in Vietnam, è stato identificato come sospetto.
Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato una nota affermando che gli studenti in quarantena e quelli delle località maggiormente colpite dalla seconda ondata potranno sostenere gli esami validi per l’ultimo anno della scuola superiore nazionale in una fase successiva. Gli studenti provenienti da località non vincolate dall’ordine di distanziamento sociale hanno regolarmente sostenuto gli esami il 9 e 10 agosto come previsto.
Il primo ministro Nguyễn Xuân Phúc è intervenuto per affermare che le località colpite dalla seconda ondata devono “accelerare i processi, imporre metodi aggressivi e drastici per rilevare le infezioni, rintracciare i casi sospetti e localizzare le aree colpite per reprimere i focolai”. Il capo del governo ha anche sottolineato che le autorità locali devono decidere misure che garantiscano l’efficacia della prevenzione della diffusione delle infezioni e minimizzino allo stesso tempo gli impatti sulla vita delle persone e sulle attività socioeconomiche. Al momento, il Vietnam registra un tasso di disoccupazione del 4.46%, molto basso rispetto ai Paesi occidentali, ma che per la Repubblica Socialista rappresenta il dato più alto degli ultimi dieci anni. Il Ministero del Lavoro teme che la seconda ondata possa portare a un ulteriore aumento della disoccupazione, anche perché negli Stati Uniti, in Europa, due dei tre principali mercati di esportazione del Vietnam insieme alla Cina, non vi è alcun segno che la pandemia sia sotto controllo. Lo scenario peggiore previsto dal Ministero è che altre 60.000-70.000 persone perderanno il lavoro ogni mese fino alla fine dell’anno, principalmente nel turismo, nei servizi, nell’edilizia, nei trasporti e nella produzione.
Grazie alle misure prese nel resto del Paese, gli scienziati vietnamiti hanno potuto confermare che tutti i casi registrati all’interno del Paese nel corso della seconda ondata sono collegati al focolaio di Đà Nẵng. Ciò significa che i contagi sono stati fermati in tempo per evitare la nascita di nuovi focolai. Il governo ha raggiunto con successo l’obiettivo di contenere l’epidemia a Đà Nẵng, rafforzare i controlli in altre città e province, e rintracciare tutti coloro che hanno visitato o attraversato Đà Nẵng. La chiusura delle frontiere già a partire da marzo, unitamente agli ulteriori controlli effettuati per evitare l’immigrazione illegale in seguito all’emergere della seconda ondata, ha poi permesso al Vietnam di diminuire drasticamente il traffico di esseri umani, con un calo del 31% rispetto all’anno scorso.
Gli sforzi ed i risultati ottenuti dal Vietnam nella lotta contro la pandemia, nel frattempo, continuano ad ottenere il plauso e il sostegno delle organizzazioni internazionali. La Banca Mondiale ha affermato che fornirà al Vietnam 6,2 milioni di dollari in aiuti a fondo perduto per permettere al Paese di fronteggiare al meglio la seconda ondata. “La situazione del Covid-19 in Vietnam si sta evolvendo rapidamente”, ha detto Stallmeister, direttrice ad interim della Banca mondiale in Vietnam. “Questa operazione di emergenza non solo sosterrà il governo nel monitorare e rispondere rapidamente al Covid-19, ma contribuirà anche a costruire un sistema sanitario resiliente per future emergenze sanitarie”. Il denaro della Banca Mondiale sosterrà duecento laboratori al fine di migliorare le loro capacità di sorveglianza e test. Finanzierà anche l’acquisto di attrezzature da parte del Centro per la ricerca e la produzione di vaccini e prodotti biologici per la ricerca e lo sviluppo di nuovi vaccini e test diagnostici rapidi.
Articolo pubblicato per la prima volta su www.lacittafutura.it
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Giulio Chinappi – World Politics Blog