Il candidato del Movimento per il Socialismo (MAS) Luis Arce vincerebbe al primo turno le prossime elezioni presidenziali di ottobre in Bolivia, secondo il sondaggio pubblicato ieri (Jubilee Foundation).
Secondo i dati dell’indagine, il Mas ha il 40,3% di preferenza di voto, mentre al secondo posto c’è Comunidad Ciudadana, di Carlos Mesa, con il 26,2%
La legge boliviana stabilisce che per essere eletti al primo turno bisogna ottenere il 50% + 1 dei voti validi oppure superare il 40% con almeno 10 punti di vantaggio sul secondo candidato.
Il gruppo Tu Voto Cuenta ha realizzato quasi 16.000 interviste, 12.000 in aree urbane e più di 3.000 in aree rurali e solo i voti validi sono stati presi in considerazione per questo risultato, ignorando i voti bianchi e nulli.
Nel caso dei risultati che tengono conto dei bianchi, nulli e indecisi, Luis Arce ha ottenuto il 29,2%, mentre Carlos Mesa il 19,0%, il candidato di ultradestra Luis Fernando Camacho di Creemos il 10,4%, la presidente golpista Jeanine Áñez 7,7%, il candidato evangelico Chi Hyun Chung 3,2%, Tuto Quiroga 2.0%, María Bayá 0,6% e Feliciano Mamani 0,4%.
Sono state effettuate complessivamente 15.979 interviste, di cui 12.339 corrispondono all’area urbana e 3.640 all’area rurale. Allo stesso modo, sono stati condotti 9.508 sondaggi online, mentre 6.471 erano di persona.
A livello urbano, il candidato MAS ottiene il 26,6%, seguito da Mesa con il 20,7% e Camacho che raggiunge l’11,5% , mentre in ambito rurale l’intenzione di votare a favore di Luis Arce registra il 38,5%, Carlos Mesa ha il 12,9% e Camacho il 6,7%.
I dubbi sullo svolgimento di queste elezioni sono molti.
Il governo golpista ha già rinviato 3 volte la data del voto poiché i sondaggi assegnavano sempre una vittoria al MAS, ha vietato la candidatura dell’ex presidente Evo Morales (fuggito dopo il golpe) col pretesto che attualmente vive fuori del paese, ha proibito il voto dei boliviani all’estero (dove il Movimento socialista ha la maggioranza), ha incarcerato numerosi esponenti della opposizione con l’accusa di aver promosso proteste di piazza ed ha chiuso la TV pubblica per poi riaprirla dopo la sostituzione del direttore e di tutti i giornalisti.
Rete Solidarietà rivoluzione bolivariana