Di fronte al salto di qualità che caratterizza questa fase della costruzione dell’Unione Europea, una prospettiva anticapitalista organica, coordinata e coerente dal respiro continentale rappresenta un’esigenza più che mai imprescindibile per il rilancio della lotta per il socialismo. Allo stesso modo, la conoscenza della politica interna degli Stati che compongono l’UE, dei rapporti di forza tra le classi in seno alle singole società, delle problematiche regionali che attraversano il continente, risulta più che mai fondamentale per dotarsi degli strumenti politici necessari a porsi l’obiettivo di organizzare la lotta di classe non solo paese per paese, ma anche in ambiti territoriali sempre più profondamente influenzati dall’integrazione strutturale che contraddistingue il progetto ultra-imperialista della cosiddetta “costruzione europea“.
Al perseguimento di questo obiettivo strategico Fronte Popolare dedica da tempo uno sforzo particolare, sviluppando sistematicamente sempre nuove relazioni con organizzazioni politiche marxiste che, nei singoli paesi dell’UE, avvertano questa necessità e si propongano di darvi risposta in termini dialettici, creativi, aperti e autenticamente rivoluzionari.
Una di queste organizzazioni è senza dubbio laNuova Corrente di Sinistra – Per la liberazione comunista (NAR), attiva in Grecia dal 1990 e parte decisiva della coalizione anticapitalista ANTARSYA. Con le compagne e i compagni della NAR abbiamo gettato negli ultimi mesi le basi per una collaborazione politica che intendiamo approfondire, fondata sulla forte identità di visione politica che abbiamo avuto modo di misurare.
Per presentare al pubblico italiano la NAR, abbiamo rivolto alcune domande al compagno Yorgos Michailidis, membro del Comitato Politico del Partito e della sua commissione internazionale.
[D] Nel 2015 il mondo intero ha assistito attonito alla brutalizzazione della Grecia da parte della Trojka. Si è trattato del culmine di un processo iniziato con la crisi economica del 2008 e la conseguente esplosione delle contraddizioni del modello di sviluppo imposto dalle classi dominanti al vostro paese, nel quadro dell’integrazione nell’Unione Europea ultraimperialista. Come riassumeresti le tappe essenziali di quella crisi?
[R] Il vero volto della “crescita economica” durante l’integrazione nell’UE/Eurozona prima della crisi è stato evidente quello dell’abolizione dei diritti dei lavoratori, dell’aumento della disoccupazione e delle forme di lavoro precario, della privatizzazione dei beni pubblici, ecc. I giovani hanno fatto da cavia a questo nuovo mondo barbaro. Negli anni della crisi, abbiamo vissuto una ridistribuzione della ricchezza ancora più esasperatamente a favore dei ricchi e dei potenti e la dissoluzione delle illusioni sulla possibilità di un nuovo contratto sociale senza rottura con le priorità strategiche del capitalismo. Di conseguenza, il capitale ha approfondito le sue riforme e si è mosso non solo nel campo della produzione e del lavoro, ma anche nel sistema politico, nell’ambito dell’ideologia e delle relazioni internazionali. Inoltre, l’UE tende ad adottare una struttura sempre più aggressiva, antisociale e autoritaria. Questo autoritarismo agisce come un importante complemento delle politiche antisociali e antioperaie dell’UE che, a nostro avviso, non può essere riformata, ma solo rovesciata attraverso la lotta di classe. Dal 2008, l’aumento delle rivendicazioni delle lotte ha costretto cinque governi a dimettersi o li ha condotti a pesanti sconfitte elettorali, e ha favorito lo sviluppo di nuove forme di organizzazione popolare, rafforzando nel complesso le forze radicali. SYRIZA (all’epoca partito della sinistra riformista), è emerso come un’opposizione parlamentare e poi un governo che in realtà ha congelato e bloccato la mobilitazione del movimento popolare in nome della lotta nel quadro istituzionale. Le loro scelte strategiche di rimanere nel quadro dell’UE e dell’Eurozona “a qualsiasi costo” e di accettare la legittimazione debito nazionale, sono state la base politica che ha trasformato rapidamente le loro promesse pre-elettorali in impegni verso i memorandum e verso l’oligarchia borghese nazionale e straniera. Il successivo punto di flessione è stato quello del luglio 2015, con la convocazione di un referendum e l’immediata rimozione del suo risultato. La vittoria schiacciante del “NO” è stata il punto culminante di quel periodo, segno dell’ampia volontà popolare di un’alternativa alla strategia neoliberista, ai memorandum e alla strada a senso unico descritta dalle istituzioni dell’UE.
[D] Oggi, a dodici anni dalla crisi del 2008 e a cinque anni da quel 2015, quali ferite durevoli permangono nella società greca?
[R] Possiamo dire che oggi, dopo dodici anni di continui attacchi ai diritti dei lavoratori e del popolo, la società greca è diversa. Molti dei diritti e delle libertà precedentemente esistenti sono stati cancellati. La liberalizzazione dell’economia greca si è approfondita con un nuovo insieme di regole e leggi neoliberiste che regolano le condizioni di lavoro e la vita sociale. Il movimento dei lavoratori non è stato in grado di riorganizzarsi, anche se le lotte di classe non si sono mai fermate e varie iniziative sono state prese a livello di base.
I lavoratori greci e la gente comune sono notevolmente più poveri e lavorano per più ore, la disoccupazione si è stabilizzata oltre il 20% (rispetto al 10% prima della crisi), il sistema sanitario e quello dell’istruzione sono stati degradati e inoltre circa mezzo milione di persone (per lo più giovani) hanno lasciato il paese per lavorare all’estero.
Allo stesso tempo, la maggior parte del settore statale è stato privatizzato (da tutti i governi) e l’ambiente è stato devastato da vari investimenti consentiti dalle nuove leggi neoliberiste che sono state votate in questo periodo.
[D] Nel 2015 molti a sinistra, in tutta Europa, hanno guardato con simpatia e speranza alla vittoria di SYRIZA e all’assunzione della carica di Primo Ministro da parte di Alexis Tsipras. Tutti conoscono gli esiti immediati che il suo confronto con le istituzioni dell’UE ebbe nel 2015: prima il manifestarsi dell’opposizione popolare alle condizioni imposte dalla Trojka, sancito dal referendum indetto dallo stesso Tsipras, poi la firma del terzo memorandum. Quale bilancio si può tracciare dell’esperienza di governo di SYRIZA?
[R] A nostro avviso, l’esperienza governativa di SYRIZA è stata devastante. Nella storia della Grecia è stata la prima volta in cui misure così antipopolari, che hanno inferto un duro colpo ai diritti dei lavoratori, sono state adottate sotto un governo di “sinistra”. Invece di rompere con l’idea che non esistano alternative, coltivata con tanta enfasi dalle forze capitaliste, il “governo di sinistra” la ha legittimata sottomettendosi pienamente all’UE, alla Troika e alla classe dominante greca e applicando le loro politiche. Inoltre, anche in ambiti diversi da quello dell’economia, SYRIZA ha dimostrato che la “continuità dello Stato” non è influenzata dai cambiamenti di governo, in quanto ha continuato la politica contro i rifugiati e ha sviluppato l’agenda nazionalista dello Stato greco, allineandosi alle principali priorità geopolitiche della classe dirigente greca e cooperando pienamente con gli Stati e le istituzioni imperialiste come l’Unione Europea, gli USA, la NATO e Israele.
La politica di governo di SYRIZA ha permesso alle forze capitaliste e a quelle più reazionarie di affermare che anche la sinistra è responsabile della situazione dell’economia, che la sinistra si è dimostrata incapace di applicare una politica diversa e che anche la sinistra è legata agli interessi capitalistici. Ciò ha contribuito in modo significativo alla frammentazione e alla demoralizzazione delle forze conflittuali e del movimento operaio.
[D] Da circa un anno la Grecia è nuovamente governata dalla destra tradizionale di Nuova Democrazia, che si è radicalizzata in senso reazionario sotto la guida di Kyriakos Mītsotakīs. Quali direttrici ha seguito il governo di destra dal suo insediamento a oggi?
[R] Il partito Nuova Democrazia, come maggior partito conservatore di destra dopo la fine del regime della Giunta nel 1974, ha profondi legami con lo Stato e la società e una chiara agenda neoliberista. Tuttavia, è odiato dalla maggior parte della società greca e durante la crisi ha perso una parte considerevole della sua popolarità tra le masse. Il suo ritorno al potere è stato possibile solo grazie al completo fallimento di SYRIZA nel realizzare i cambiamenti promessi prima di arrivare al potere.
Dal 2019, Nuova Democrazia ha seguito un percorso molto aggressivo. Ha approfittato dell’intorpidimento causato dal mandato quinquennale di SYRIZA e attualmente sta applicando un misto di politiche neoliberiste e nazionaliste. In sostanza, stanno completando la trasformazione neoliberista e reazionaria del quadro giuridico e istituzionale che permette al capitale greco di approfondire lo sfruttamento delle masse. Sono riusciti a far passare una nuova serie di riforme per trasformare l’economia e la società greche in un’economia e una società di stampo latinoamericano.
A livello di comunicazione, hanno seguito la tattica della demonizzazione dei sindacati, della sinistra in senso ampio, dei rifugiati e degli immigrati, perseguendo la costruzione un’alleanza con tutte le principali forze capitalistiche e con le parti più reazionarie e conservatrici della società. L’immagine pubblica di Mītsotakīs è quella di un politico europeo moderno e di mentalità aperta, ma in tutti i momenti cruciali ha applicato più o meno le vecchie e collaudate tattiche della destra, ovvero la diffusione della paura, la costante enfatizzazione di minacce alla sicurezza reali o immaginarie, la promozione del nazionalismo, la xenofobia, ecc.
Infine, poiché le gerarchie di Nuova Democrazia considerano lo Stato una loro proprietà, hanno lanciato una campagna per screditare completamente SYRIZA, rivelando scandali reali o creati ad arte, costringendo così SYRIZA ad adottare una posizione di opposizione ancora più morbida e superficiale.
[D] Come si è manifestata la crisi del Covid 19 in Grecia? Quali contraccolpi si stanno verificando per le condizioni di vita della classe operaia greca e per gli spazi democratici nel paese?
[R] La Grecia è stata relativamente fortunata a essere colpita più tardi dalla pandemia rispetto al vostro paese. Questo ha dato al governo greco un po’ di margine in più per applicare per tempo le misure necessarie a contenere la diffusione del Covid 19. Così, fino all’estate la Grecia ha avuto uno dei tassi di mortalità più bassi in Europa e nel mondo. Tuttavia, deve essere chiaro che ciò non è avvenuto a causa di un sistema sanitario pubblico ben preparato, ma a causa della rapida applicazione di misure orizzontali, vale a dire un blocco a livello nazionale. D’altra parte, il governo ha varato ben pochi provvedimenti per sostenere finanziariamente e psicologicamente i lavoratori e le persone in difficoltà durante il periodo di isolamento. Molti sono rimasti disoccupati o non retribuiti e durante la pandemia si sono verificate una serie di violazioni dei diritti dei lavoratori da parte dei datori di lavoro. Contemporaneamente, il governo ha applicato una serie di inutili misure restrittive che miravano più a disciplinare la gente (e soprattutto la gioventù) che a combattere il virus. Fortunatamente per il governo, tutto questo è stato in gran parte oscurato dal basso tasso di mortalità, che ha permesso a Nuova Democrazia di rivendicare una “storia di successo” che sarebbe servita come modello per tutta l’Europa.
Possiamo dire che grazie a questo relativo successo nella prima fase siamo stati “destinati a fallire” nella seconda. E questo perché la logica alla base di ogni decisione governativa è stata “come spendere meno – come cambiare meno”. Inoltre, temendo che una forte riduzione del numero dei turisti avrebbe fatto affondare l’economia greca già in difficoltà, il governo si è piegato agli interessi dell’industria turistica, permettendo così un enorme afflusso di circa due milioni di persone (in un paese di dieci milioni di abitanti), la maggior parte delle quali non sono state sottoposte a tampone e non hanno subito alcun tipo di controllo. Per tutte queste ragioni, stiamo attualmente assistendo a un grave aumento dei casi di Covid 19 e dei decessi nel nostro paese, mentre il governo non ha fatto alcun passo significativo per migliorare e rafforzare il sistema sanitario pubblico. Ancora una volta constatiamo come la logica dei capitalisti, che antepone i profitti alle persone, porti a conseguenze catastrofiche e alla perdita di vite umane.
[D] La Grecia, in virtù della sua posizione strategica, è un importante membro della NATO. Come si è evoluto il rapporto dei governi che si sono succeduti ad Atene negli ultimi anni con l’Alleanza Atlantica? Quali sono le priorità attuali del movimento antimperialista e per la pace in Grecia?
[R] Non mi sembra eccessivo affermare che la Grecia sia attualmente il più affidabile e quindi il più prezioso alleato della NATO in tutta la regione. Fin dall’inizio della differenziazione della Turchia sotto il governo Erdogan/AKP, i governi greci hanno seguito la strategia di rafforzare ulteriormente i legami del nostro paese con la NATO per ottenere la simpatia e il sostegno degli Stati Uniti nelle dispute greco-turche. Lo Stato greco sta cercando di assicurarsi una posizione migliore, una posizione di guardiano e mandatario locale della NATO non solo per la regione balcanica, ma anche per il Mediterraneo orientale. Abbiamo assistito a un impegno costante di tutti i governi greci dell’ultimo decennio (SYRIZA inclusa) in favore dell’approfondimento dei legami Grecia-NATO, che ha condotto all’espansione delle basi USA e NATO già esistenti e alla decisione di crearne di nuove (per esempio quella sul confine terrestre greco-turco, nella città di Alexandroupolis).
Il movimento antimperialista e contro la guerra in Grecia ha, a nostro avviso, tre priorità principali. La prima è combattere contro la presenza NATO in Grecia, esigere che le basi militari vengano chiuse e smantellate e assicurarsi che la Grecia non sia coinvolta nelle guerre che affliggono la regione. Un altro compito è quello di denunciare di fronte alle masse l’essenza della propaganda di Stato e del discorso nazionalista, al fine di minare i tentativi dei governi di coltivare l’odio nazionalista contro i paesi vicini e preparare le masse a una guerra su piccola o vasta scala. Noi insistiamo sul fatto che è altrettanto importante che le forze comuniste prendano di mira sia i grandi Stati e le organizzazioni imperialiste, sia la loro borghesia nazionale e la sua strategia. Non importa che la Grecia sia un paese piuttosto piccolo e che la sua classe dirigente abbia perso terreno nella competizione internazionale: noi la consideriamo reazionaria, aggressiva e pericolosa per gli interessi dei popoli della regione. Per questo motivo abbiamo sviluppato un ampio lavoro nell’esercito e tra i soldati di leva (in Grecia il servizio militare è obbligatorio per i giovani uomini) attraverso la rete “Spartacus”, mentre allo stesso tempo abbiamo sviluppato diverse iniziative per costruire un forte fronte anticapitalista e antimperialista con le altre forze politiche.
Infine, ma non meno importante, è impossibile condurre una battaglia decisiva contro la guerra e l’imperialismo senza un coordinamento internazionale. Soprattutto nei Balcani, nell’Europa meridionale e nel Mediterraneo è fondamentale costruire un’ampia alleanza e un coordinamento antimperialista, anti-nazionalista e contro guerra. Stiamo cercando di contribuire a questa causa sviluppando le nostre relazioni con le forze anticapitaliste e comuniste della regione. Negli ultimi anni abbiamo promosso iniziative serie contro la guerra e il nazionalismo con organizzazioni sorelle della Turchia e della Macedonia del Nord.
[D] Il vostro paese è anche un elemento importante nei rapporti tra l’Unione Europea e i Balcani. Come interpretate le controversie intercorse tra la Grecia e nazioni confinanti come la Macedonia del Nord o l’Albania? Avete potuto sviluppare collaborazioni internazionaliste con le forze di sinistra di quei paesi?
[R] A partire dagli anni ’90, la classe dirigente greca si è assicurata un ruolo di primo piano nei Balcani grazie alla sua posizione geografica e all’appartenenza all’UE e alla NATO. Il capitalismo greco ha compiuto seri passi avanti nell’espansione negli anni ’90 e 2000, ma ha anche fondato il suo sviluppo interno sull’afflusso di manodopera a basso costo dai paesi balcanici devastati. La crisi economica ha portato a un drastico ripiegamento del capitalismo greco sui mercati balcanici, con la Turchia che è emersa come il nuovo potenziale leader dell’area, sia dal punto di vista economico che politico. Tuttavia, dopo il primo shock e dopo aver affrontato la lotta interna con la classe operaia in Grecia, la classe dominante greca ha mostrato segni di prontezza e una rinnovata ambizione alla “riconquista” dei Balcani e naturalmente alla diminuzione la presenza del suo principale concorrente: la Turchia.
L’Accordo di Prespa con la Macedonia del Nord deve essere letto precisamente in questi termini. Allineamento alle priorità dell’imperialismo statunitense e dell’UE per estromettere Russia, Cina e Turchia dai Balcani occidentali. Inoltre, approfittando del suo diritto di veto e del desiderio della Macedonia del Nord di entrare nella NATO e nell’UE, lo Stato greco è riuscito, con piccole concessioni, a firmare un accordo vantaggioso che gli permette di esercitare una nuova influenza politica nella regione. Non a caso, peraltro, l’Accordo di Prespa comprende un’appendice piuttosto ampia di accordi economici tra i due Paesi. Lo Stato ellenico ha usato il nazionalismo greco come strumento di pressione per fare meno concessioni e ottenere di più. Allo stesso tempo, la narrazione ufficiale fornita al popolo greco attraverso i mass media e i partiti al potere è stata che la Macedonia del Nord rappresentava una minaccia per il territorio greco con il suo irredentismo. Naturalmente le rivendicazioni nazionaliste esistono anche nella Macedonia del Nord, ma dopo l’accordo di Prespa è l’aviazione greca che pattuglia lo spazio aereo della Macedonia del Nord, elemento che serve a dimostrare chi comanda nella regione.
Anche con l’Albania la Grecia cerca di rafforzare la sua posizione di principale partner commerciale. L’Albania e la Macedonia del Nord sono entrambe mercati d’investimento fiscalmente libero per le imprese greche, destinazioni per le esportazioni e fonti di manodopera a basso costo. Ciò è diventato evidente nei mesi scorsi quando, durante il periodo di lockdown, lo Stato greco è stato costretto a fare un’eccezione e a portare migliaia di contadini albanesi nuovi per raccogliere la frutta nel nord della Grecia. Ogni volta che i rapporti tra i due Paesi presentano delle difficoltà, la propaganda greca ricorda la minoranza greca dell’Albania meridionale e la violazione dei suoi diritti. La principale questione geopolitica che lo Stato greco vuole concludere con l’Albania è la delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive (ZEE), come è successo recentemente con l’Italia. La Grecia sta cercando di estendere al massimo la sua ZEE ai danni dell’Albania e di usare la cosa come strumento di negoziazione contro la Turchia, sul versante opposto dei nostri confini marittimi.
Nel complesso, l’obiettivo dello Stato greco è quello di affermarsi come il principale agente della NATO e dell’UE nei Balcani e, attraverso questo ruolo, di migliorare la posizione della sua classe dominante e del capitalismo greco.
Negli ultimi anni abbiamo cercato di costruire e consolidare legami più forti con varie organizzazioni politiche balcaniche che hanno un’analisi marxista e un programma anticapitalista e comunista. Purtroppo nei paesi ex socialisti balcanici esistono solo organizzazioni piccole, con reti e influenza limitate, che lavorano in circostanze difficili. Tuttavia, c’è stato un notevole aumento della loro presenza in Albania, Macedoniadel Nord e Croazia e noi prendiamo costantemente iniziative per dichiarazioni congiunte e materiale pubblico multilingue, iniziative pubbliche congiunte, interviste e scambi di opinioni.
[D] Un altro contesto in cui la Grecia gioca un ruolo importante è quello della divisione di Cipro, che si intreccia anche con i rapporti storicamente tesi tra Grecia e Turchia di cui parlavamo prima. Qual è la vostra posizione in merito?
[R] La divisione di Cipro è uno dei più grandi traumi della nostra regione e una fonte costante di attrito tra Grecia, Turchia e la stessa Cipro. A nostro avviso, l’unica soluzione praticabile e antimperialista è la piena sovranità e indipendenza di Cipro. Cipro dovrebbe essere uno stato unificato senza eserciti stranieri sul suo territorio (né turchi, né greci) e senza basi militari straniere (le basi britanniche occupano il 10% del territorio). Allo stesso tempo, la posizione della minoranza turca dovrebbe essere assicurata e rispettata. Per noi si tratta di un Paese con due comunità etniche uguali, che possono vivere insieme e prosperare a patto che le interferenze turche e greche cessino. E questo è un ulteriore compito delle forze comuniste in Grecia e in Turchia. A questo punto, vorrei chiarire che siamo contrari alle proposte dell’ONU per un nuovo Stato cipriota le cui istituzioni e la cui vita politica siano oggetto di spartizione su base etnica: se applicate, esse avrebbero come risultato quello di fare delle divisioni etniche il fattore centrale della vita del paese.
[D] Come l’Italia, la Grecia è un crocevia delle rotte migratorie verso l’Europa dal Medio Oriente e dall’Africa. Conosciamo le tensioni sociali che ciò a provocato nel vostro paese. Come operate per costruire la solidarietà tra la classe operaia greca e i migranti?
[R] Questo è senza dubbio uno dei compiti più difficili, ma anche più importanti che abbiamo di fronte. La Grecia, a partire dagli anni ’90, ha accolto un gran numero di immigrati. All’epoca si trattava per lo più migranti provenienti dai Balcani e dall’Europa dell’Est (soprattutto albanesi). Poi è arrivata una nuova ondata di migranti asiatici e africani. Ma l’ultima e più complicata fase è stata quella seguita allo scoppio della guerra in Siria.
Dal 2015 abbiamo cercato di migliorare il nostro lavoro nei confronti dei migranti. Prima di tutto abbiamo contribuito alla costruzione di un coordinamento permanente di sindacati, collettivi e progetti di sostegno ai migranti che ha intrapreso varie iniziative per contribuire ad alleviare le difficoltà degli immigrati e dei rifugiati, fornire solidarietà e fare pressione sul governo e sugli apparati di Stato. I nostri compagni insegnanti sono riusciti in molti casi a condurre lotte determinanti in favore dell’accoglimento nelle scuole greche dei bambini migranti e rifugiati in condizioni di uguaglianza rispetto ai figli dei cittadini greci. Inoltre, quando possibile, organizziamo o prendiamo parte a proteste per sostenere i diritti dei migranti e difenderli in caso di mobilitazioni razziste. Tuttavia dobbiamo accrescere ulteriormente i nostri sforzi in questo campo, perché finora non siamo riusciti a coinvolgere grandi masse di migranti e rifugiati in modo stabile.
[D] Il vostro Partito è stato fondato nel 1990 come conseguenza di una scissione del KKE. Quali sono le ragioni fondanti della vostra azione e quale il vostro punto di vista sulle caratteristiche politiche e teoriche di un’organizzazione che lotti per il socialismo nel nostro tempo?
[R] Questo è un tema molto vasto per dare una risposta in breve. Partiamo dalla nostra scissione dal KKE. Essa si è prodotta in un periodo in cui il “campo socialista” stava crollando e le idee comuniste erano considerate obsolete. Contemporaneamente, i partiti comunisti “ufficiali” in Europa stavano completando la loro metamorfosi in partiti socialdemocratici o in forze complementari e non antagoniste alla politica borghese. In Grecia, era il periodo in cui il KKE aveva deciso prima di formare un’ampia coalizione con piccole forze socialdemocratiche (in realtà piccolo-borghesi) su base riformista, poi di partecipare a una serie di governi di coalizione con forze borghesi. Naturalmente questa politica aveva le sue radici negli sviluppi dell’Unione Sovietica. Fu il partito sovietico, negli anni ’80, a consigliare alla controparte greca di allearsi con il PASOK (un partito socialdemocratico e piccolo borghese) e di ridimensionare le sue critiche. Poi, la leadership della Gioventù Comunista (KNE), con il suo segretario Giorgos Grapsas, decise di opporsi a questo corso di eventi che evidentemente portava alla disintegrazione e alla mutazione genetica delle principali forze comuniste in Grecia. Il dibattito sulla linea del partito fu aspro e un numero considerevole di quadri del KKE si allineò con la maggioranza dei suoi giovani. Con misure antidemocratiche, la dirigenza del KKE riuscì a spodestare la “opposizione di sinistra” che si pronunciava a favore della necessità di preservare lo spirito rivoluzionario e la prospettiva di classe e di alzare la bandiera rossa in tempi in cui i partiti ufficiali avevano deciso di ammainarla. Le forze interne alla KNE e al KKE che più tardi formarono la NAR si rifiutavano di accettare che il comunismo e il marxismo fossero superati e naturalmente si rifiutavano di partecipare alla cosiddetta politica di “riconciliazione nazionale”, che in realtà significava la trasformazione della sinistra in una forza costituzionale riformista.
Da quel momento la NAR ha iniziato un lungo percorso di riesame e rivalutazione di vari aspetti dei metodi praticati dai partiti comunisti, delle tattiche come di elementi del marxismo sovietico ed europeo, in un processo che abbiamo chiamato “rifondazione comunista”. Il nostro obiettivo era quello di rendere di nuovo attraenti le idee comuniste, di ringiovanire il marxismo pur mantenendone il nucleo, di essere critici nei confronti della storia della classe operaia e del partito comunista senza liquidarla, il che significava in realtà cercare di dare una risposta alle questioni sollevate dai limiti degli esperimenti comunisti del XX secolo.
[D] La NAR è parte integrante della coalizione della sinistra anticapitalista ANTARSYA. Come opera questa coalizione e quali obiettivi si pone?
[R] ANTARSYA è stata costituita nel 2009, dopo le grandi manifestazioni tenutesi in Grecia nel dicembre 2008. È la più ampia coalizione anticapitalista formatasi in Grecia fino ad oggi, con oltre 3.000 membri. È formata da varie organizzazioni politiche di diverse correnti marxiste (maoista, euro-maoista, trotskista, nuova sinistra, ecc.) e da un gran numero di attivisti senza partito che cercavano un “rifugio politico”. ANTARSYA tiene conferenze panelleniche ogni due o tre anni. Ha membri registrati, comitati regionali e locali e due principali organi di coordinamento: l’Organo di coordinamento panellenico (80 membri) e il Comitato centrale di coordinamento (15 membri). Tutti i membri di ANTARSYA sono uguali e la rappresentanza di ogni organizzazione politica che partecipa al fronte nei due organi principali è assicurata.
L’obiettivo di ANTARSYA è quello di lottare per la prospettiva anticapitalista nel nostro paese, di rafforzare e guidare le lotte dei lavoratori e delle fasce oppresse della società. ANTARSYA ha sviluppato un programma anticapitalista che cerchiamo costantemente di arricchire. Il suo scopo principale è quello di contribuire al rovesciamento del sistema capitalista, dando impulso al movimento di base, e di rappresentare un passo avanti verso la creazione di un “terzo polo anticapitalista” indipendente nella società greca, politicamente dominata dalle forze borghesi tradizionali e dalla sinistra riformista e non rivoluzionaria. Per noi, ANTARSYA non è la fine del cammino, ma un passaggio necessario per l’unificazione politica, non solo di movimento, delle forze anticapitaliste.
[D] Grecia e Italia sono accomunate dalla partecipazione al progetto ultraimperialista dell’Unione Europea, contro il quale la NAR è da sempre in prima linea. Quali possibilità ritenete che ci siano di sviluppare un’azione condivisa delle forze di classe dei diversi paesi contro l’UE? Come e con quali finalità dovrebbe svilupparsi quell’azione?
[R] La posizione rispetto all’Unione Europea è per noi di grande importanza. A nostro avviso, essa determina in larga misura l’essenza dei rapporti di forza in Europa. Come la posizione di una forza politica nei confronti della sua classe dominante nazionale definisce il suo ruolo nella società nazionale, potremmo dire che in un senso più ampio la posizione di ciascuna forza politica nei confronti dell’Unione Europea definisce il suo ruolo a livello paneuropeo, ma in realtà è anche una posizione a favore o contro la strategia e le aspirazioni della sua classe dominante. In Grecia, la classe dominante si è sempre considerata parte del progetto di unificazione capitalista dell’ Europa. Ciò rappresenta una condizione necessaria per il suo predominio contro la classe operaia in Grecia e per il modo in cui cerca di promuovere i suoi interessi nella regione. Ecco perché ogni forza comunista o anticapitalista in Grecia dovrebbe essere contraria alla partecipazione del nostro paese a questa integrazione imperialista. Allo stesso modo, crediamo che sia fondamentale costruire un movimento di sinistra, anticapitalista e contro l’UE in tutti Stati membri. Purtroppo molte organizzazioni anticapitaliste e partiti comunisti in tutta Europa si rifiutano di adottare la posizione secondo cui l’UE dovrebbe essere sciolta sotto la pressione socialista e internazionalista, non naturalmente per un ritorno al vecchio sistema europeo di poteri e confini nazionali, ma verso una nuova unità paneuropea che sia anche antimperialista e anticapitalista. È impossibile sconfiggere le nostre classi borghesi se non smantelliamo la loro sovrastruttura capitalistica collettiva, che salvaguarda e rafforza la loro posizione. Alcuni primi passi potrebbero essere fatti coordinandosi contro le aspirazioni imperialiste dei paesi dell’UE, per combattere la “fortezza-Europa”, per costruire una classe operaia unita e affermare istanze come quelle della gioventù e degli studenti e altre ancora contro le politiche dell’UE.
14/09/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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