Francesco Cecchini

Il 4 novembre 1966, 54 anni fa, l’ acqua alta a Venezia raggiunse 194 cm.. Fu un evento meteorologico straordinario che annegò, o quasi, la città. I danni, alle persone, agli edifici, ai monumenti furono ingenti. Da allora si è molto pensato a come salvaguardare Venezia dall’ acqua alta. Dopo 54 anni il prodotto è il MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico). Risultato è che le alte maree continuano, solo nel 2019 ve ne sono state una trentina sopra i 110 cm, tra l’ altro ve ne è stata una di 187 cm, la seconda dopo il record del 1966, con forti venti di bora e di scirocco che ha provocato  crolli e distruzioni. La difesa di Venezia, però, il famoso MOSE ancora non c’è, non funziona.            L’ opera, che dovrebbe difendere Venezia dall’ acqua alta, e la cui realizzazione è iniziata nel 2003, tra ricorsi, ritardi di costruzione e collaudi, non è ancora realmente entrata in funzione.

Il Centro Previsioni e Segnalazioni Maree del Comune di Venezia, diretto da Alvise Papa, prevede che sabato 3 ottobre vi saranno 135 cm di acqua alta. Sabato, quindi, potrebbe essere messo in funzione per la prima volta il MOSE,  le barriere dovrebbero venire sollevate in caso di superamento del livello soglia di 130 centimetri. La decisione verrà presa dalla comissaria Spitz e dagli ingegneri del Consorzio Venezia Nuova soltanto sei ore prima dell’eventuale innalzamento delle paratoie, in base alla conferma o meno delle previsioni del Centro Maree.

Se tale decisione verrà presa le 78 paratoie del MOSE saranno prese in contropiede per un paio di ragioni.

Il MOSE è stato inaugurato il 10 luglio 2020, ma  non è stato realmente collaudato.

Un ispezione subacquea effettuata a inizi agosto dai tecnici della ditta Trelleborgha messo in luce dei problemi, sui quali il 4 agosto è stato inviato un rapporto al Consorzio Venezia Nuova. Acqua dentro i cassoni, bulloni ossidati. E i giunti che non tengono la pressione dellacqua. È stata riscontrata la presenza di acqua tra i giunti Gina e Omega, che garantiscono la tenuta stagna dei cassoni in calcestruzzo sottacqua, dove sono ancorate le paratoie del Mose. Entra acqua, dunque. E le prove di pressione eseguite a Treporti non hanno dato esito positivo. Si registrano perdite di pressione e infiltrazioni d acqua. rapporto segnala lavori non fatti a regola darte. Bulloni ossidati, e con lunghezze diverse da quelle di progetto. Il guaio che preoccupa di più è la mancata tenuta della pressione sott’ acqua. Ma si scoprono anche particolari che finora nessuno aveva portato alla luce, come la realizzazione dei giunti con gomma non adeguata e con una conformazione non prevista dal progetto originario. Significa, spiega un tecnico, che potrebbe essere a rischio anche la tenuta e la sicurezza del sistema in particolari condizioni.

 Tutto ciò rende la messa in funzione del MOSE un’ incognita, sempre che Spitz e gli ingegneri del MOSE prendano questa rischiosa decisione.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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