Le privatizzazioni e i tagli di sanità, istruzione e mezzi pubblici, la mancanza di prevenzione e di pianificazione, il porre al primo posto il profitto privato, l’individualismo competitivo e la sistematica distruzione della ragione non possono che favorire la diffusione della pandemia.

 di Renato Caputo  

La migliore confutazione del pensiero unico dominante liberista emerge dall’assoluta incapacità di far fronte alla pandemia da parte dei paesi che maggiormente ne subiscono la nefasta influenza. In tal modo, anche i paesi più ricchi del mondo si dimostrano assolutamente incapaci di fare fronte all’emergenza imposta dalla diffusione del coronavirus. Ciò dipende dall’assioma posto alla base dell’ideologia dominante, espresso nel modo migliore da Margaret Thatcher che amava ripetere che esistono unicamente gli individui, o meglio quella ristretta minoranza ai profitti della quale ogni altro valore deve essere sacrificato. In tal modo si pretende di negare l’esistenza stessa della società e, in particolare, del concetto stesso di giustizia sociale e di bene pubblico. Da qui il mito della privatizzazione, ossia della svendita a prezzi stracciati ai ricchissimi privati di ogni bene pubblico da cui è possibile trarre profitto. Tale modo di vedere pone l’individualismo, l’arrivismo, la costante competizione con tutti gli altri come il principale valore e modello da seguire, non a caso posto alla base del cosiddetto sogno americano. Naturalmente un tale modo egoistico di intendere il mondo, che ha al suo fondo il darwinismo sociale, impedisce in primo luogo qualsiasi forma di cooperazione a livello internazionale indispensabile per sconfiggere il prima possibile il virus. Così le grandi potenze mondiali, invece di cooperare per raggiungere quanto prima il vaccino, sono impegnate in una assolutamente irrazionale gara a chi saprà, battendo la concorrenza, arrivare per prima, da sola all’ambito risultato. Da tale punto di vista, come ha mostrato al solito nel modo più spudorato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, qualsiasi strumento, anche ai danni dei propri storici alleati, è legittimo, pur di sconfiggere la concorrenza. In tal modo, le risorse che potrebbero essere messe insieme per giungere il prima possibile alla sconfitta del virus sono sprecate per spiare i concorrenti, fare pubblicità ai propri progressi e sminuire i risultati conseguiti dagli altri. Così, sebbene sia del tutto irrazionale, i tempi necessari per giungere a trovare l’antidoto alla pandemia si allungano in modo assurdo e irresponsabile, condannando milioni di esseri umani alla quarantena, alla malattia e alla morte. In tal modo l’ideologia dominante si mostra del tutto autocontraddittoria perché impedisce proprio quello sviluppo della divisione del lavoro che pone alla base dello sviluppo della produttività economica.

Un altro aspetto irrazionale e antieconomico dell’ideologia dominante e del modo di produzione imperante è l’esigenza immediata di realizzare profitti dai capitali investiti, che impedisce ogni pianificazione razionale della produzione e produce l’anarchia caratteristica del capitalismo. In tal modo, diviene impossibile pianificare nel modo più efficace la modalità migliore e più razionale per sconfiggere il virus. Così, pur di non mettere limiti alla brama di profitto dei pochi ricchi, si sono seguite le vie più sconsiderate. Come, per esempio, la riapertura delle discoteche, delle funzioni religiose, degli sport di gruppo etc. non appena con l’estate la curva dell’epidemia era, naturalmente, decresciuta. Non volendo rinunciare ai profitti immediati del turismo, tutte le misure di sicurezza sono passate completamente in secondo piano. Così, quando con il ritorno del freddo i contagi hanno ripreso a crescere, si è aspettato che la situazione precipitasse, che andasse perduta la possibilità di tracciare i contagi, prima di cominciare a chiudere le attività finalizzate al profitto. D’altra parte, dal momento che soltanto il profitto privato è considerato sacro, si è sacrificata ancora una volta la spesa pubblica per finanziare, ai danni della fiscalità generale – che grava quasi esclusivamente sul lavoro salariato – il rimborso dei profitti mancati della borghesia.

Così, dopo anni passati a predicare l’austerità pubblica e a colpevolizzare gli italiani per essere vissuti al di sopra delle loro possibilità – al punto da vietare per legge, mettendo il pareggio di bilancio in Costituzione, persino le politiche keynesiane – ora che si tratta di socializzare le perdite dei privati il debito pubblico è di nuovo cresciuto in modo del tutto sconsiderato. Anzi si esaltano i prestiti chiesti dallo Stato per sostenere il sistema produttivo, ossia il capitalismo, senza pensare a chi ne dovrà pagare poi i conti.

In tal modo, pur predicando la priorità assoluta del fattore economico, il capitalismo e l’ideologia dominante si dimostrano del tutto autocontraddittori e antieconomici, in quanto per non sacrificare i profitti immediati si lascia esplodere una pandemia che non potrà che avere dei risvolti catastrofici dal punto di vista produttivo. Abbiamo così tutte le potenze imperialiste in clamorose recessioni, mentre paradossalmente sono solo i pochi paesi che non mettono al primo posto, in maniera miope, l’economia, a continuare a crescere, nonostante la pandemia. A ulteriore dimostrazione che anche le forme più imperfette di socialismo, sono comunque superiori e più razionali, anche dal punto di vista economico, rispetto alle forme “migliori” di società capitaliste.

Peraltro, la mancanza di ogni forma di pianificazione comporta necessariamente la completa incapacità di prevenire, anche perché dal punto di vista del profitto immediato è sempre maggiormente conveniente curare. Così non solo i paesi imperialisti – partiti avvantaggiati in quanto colpiti dal virus solo diverso tempo dopo l’inizio dell’epidemia in Cina – non hanno fatto nulla per prevenire la sua diffusione, fino a trasformarla in una pandemia, ma non hanno fatto nulla per prevenire nemmeno la più che prevedibile seconda ondata, nonostante i terribili danni prodotti dalla prima. D’altra parte questa irrazionalità ha una ragione ben precisa, ovvero la pandemia come la guerra contribuisce alla distruzione della sovrapproduzione dei soggetti più deboli, consentendo ai più forti – le grandi imprese multinazionali – di rafforzarsi ulteriormente, sfruttando la crisi per massimizzare ancora di più i propri profitti e contrastare la caduta tendenziale del saggio di profitto.

Del resto la cieca priorità assoluta data ai profitti immediati privati e il mito delle privatizzazioni hanno portato le potenze imperialiste a smantellare progressivamente il servizio sanitario pubblico, che erano state costrette a edificare per contrastare la lotta di classe dal basso dei ceti subalterni. In tal modo si sono autoprivate dello strumento essenziale per far fronte a una pandemia. Anche in questo caso, nonostante i disastri già emersi con la prima ondata, nulla si è fatto per rilanciare tale indispensabile settore, consentendo così alla seconda ondata di essere paradossalmente ancora più devastante della prima nei paesi imperialisti.

Discorso analogo vale per la costante riduzione e dequalificazione del trasporto pubblico, essenziale per portare la forza lavoro nei luoghi del suo sfruttamento e la forza lavoro in formazione nelle strutture destinante al suo indottrinamento. In tal modo sia con la prima sia con la seconda ondata si è dovuto chiudere – sempre quando i buoi erano ormai fuggiti – attività da cui era possibile trarre profitto e strutture destinate alla forza-lavoro in formazione, in quanto il servizio pubblico a forza di essere tagliato e dequalificato è divenuto un vettore di diffusione della pandemia.

Discorso analogo vale per le scuole pubbliche. Anche in questo caso, fedeli ai dogmi del pensiero unico dominante, i governi degli Stati imperialisti, a partire dal nostro, niente hanno fatto per consentire ai luoghi di formazione della futura forza-lavoro di svolgere la propria essenziale funzione, per lo stesso futuro della società capitalista, in sicurezza. In tal modo, come già durante la prima ondata, si è finito – pur di non rifinanziare sanità, trasporti e scuola pubblica – per sacrificare la forza-lavoro in formazione, non solo creando un evidente handicap per la stessa economia futura, ma rendendo da subito ancora più impossibile ai ceti subalterni la semplice riproduzione della propria forza lavoro.

D’altra parte, dietro questa così palese e apparentemente paradossale irrazionalità, del tutto antieconomica, vi è ancora una volta l’esigenza del modo di produzione capitalistico di sfruttare al meglio queste fasi di crisi per massimizzare il proprio dominio, sempre più dispotico, sui ceti sociali subalterni. Il permanente stato d’emergenza prodotto dalla crisi è stato ampiamente sfruttato per rendere altrettanto permanente lo stato d’eccezione e mettere fuori gioco la stessa formale liberal-democrazia borghese. Allo stesso modo, il ricorso sempre più ampio al sedicente smart working ha atomizzato le classi subalterne, ha fatto tabula rasa dei residui di coscienza di classe e ha favorito l’introduzione del lavoro a cottimo, che impedisce alle classi subalterne di porre dei limiti al proprio sfruttamento.

Inoltre l’assioma per cui esisterebbero solo gli individui e non la società non poteva che aumentare sempre di più, all’interno dei paesi imperialisti, i comportamenti egoistici e asociali degli individui, rendendo particolarmente difficile, se non impossibile, farli reagire in modo adeguato alle restrizioni dell’arbitrio individuale necessarie a far fronte a una pandemia. Al punto che mentre non ci sono state quasi per niente proteste contro il mancato rilancio di sanità, trasporti e istruzione pubblica, contro gli extraprofitti lucrati dalle multinazionali che regolarmente eludono il fisco, contro la progressiva riduzione degli spazi della stessa liberal-democrazia formale borghese, si è data grande visibilità alle manifestazioni negazioniste e alle esplosioni di rabbia di settori della piccola borghesia che pretendono di essere risarciti dalla fiscalità pubblica per aver dovuto chiudere le proprie fonti di profitto, per poter far fronte a una pandemia sempre meno controllabile nei paesi imperialisti. Grazie al supporto dei mezzi di comunicazione di massa tali proteste irrazionali e sostanzialmente antisociali della piccola borghesia hanno finito per avere egemonia anche su settori proletari e della sinistra radicale, che ne hanno prontamente accolto la parola d’ordine “tu mi chiudi, tu mi paghi”.

È impressionante il consenso che trovano proprio nei paesi imperialisti e filoimperialisti le posizioni apertamente irrazionalistiche e anitiscientifiche di negazionisti e complottisti. Del resto anche in questo caso non si tratta ovviamente di un destino cinico e baro, ma del prodotto di oltre un secolo e mezzo di sistematico attacco alla ragione portato avanti da una classe dominante sempre più in crisi. Non può, dunque, stupire l’assurdo successo che ottengono proprio nei paesi imperialisti e filoimperialisti leader populisti della destra radicale che ostentano il negazionismo antiscientifico e il complottismo antidemocratico.

https://www.lacittafutura.it/editoriali/perche-la-pandemia-colpisce-particolarmente-i-paesi-liberisti

07/11/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.ilriformista.it/quando-il-coronavirus-colpisce-i-negazionisti-i-casi-trump-bolsonaro-e-johnson-165032/

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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