Martedì 10 novembre si sono tenute le elezioni generali in Giordania, al fine di rinnovare i 130 seggi della camera bassa (Majlis al-Nuwaab) di ʿAmmān, di cui quindici sono riservati alle donne, nove alla minoranza religiosa cristiana e tre alle minoranze etniche cecea e circassa. La tornata elettorale si è svolta regolarmente nonostante le numerose richieste di rinviare la data del voto a causa della diffusione del Covid-19, che nel Regno Hascemita di Giordania (al-Mamlaka al-Urdunniyya al-Hāshimiyya) ha colpito oltre 160.000 persone, uccidendone quasi duemila su una popolazione di dieci milioni di persone.
Tale situazione ha portato ad un’affluenza alle urne assai ridotta, pari solamente al 29.88% degli aventi diritto. Allo stesso tempo, va detto che le elezioni giordane non avevano fatto registrare una grande partecipazione neppure nel 2016 (37%), in quanto molti cittadini le ritengono inutili, visto che i poteri della camera bassa sono molto limitati e difficilmente influenzano l’indirizzo politico del governo. Nonostante le riforme passate dal re Ḥusayn negli anni ‘80, infatti, il sovrano, oggi nella persona di re ʿAbd Allāh II, dispone ancora di un potere sconfinato, potendo scegliere sia il primo ministro, attualmente Bisher Al-Khasawneh, che tutti i 65 senatori che compongono la camera alta (Majlis al-Ayan).
“La maggior parte dei giordani pensa che il parlamento svolga un ruolo marginale nel sistema politico”, ha spiegato Oraib Rintawi, esperto del Centro di studi politici Al-Quds, all’agenzia AFP. “Le persone voteranno secondo le linee tribali per un candidato del loro clan o per rappresentanti che forniranno loro servizi“, non per ragioni politiche, ha aggiunto Rintawi alla vigilia del voto. Allo stesso tempo, molti politologi considerano il parlamento giordano come uno dei più rappresentativi del panorama mediorientale, visto l’ampio ventaglio di partiti politici che possono partecipare alle elezioni.
Come se non bastasse, il Paese mediorientale è stato colpito anche da una grave crisi economica a causa della pandemia. Il solo turismo, del resto, valeva il 14% del PIL giordano nel 2019, ma per quest’anno si prevede un crollo delle entrate di almeno tre miliardi di dollari, mentre la disoccupazione ha raggiunto il 23% ed il tasso di povertà ha subito un incremento del 15.7%, secondo i dati della banca Mondiale. La situazione è poi resa ancora più critica dall’afflusso di rifugiati siriani e iracheni, che fuggono dai conflitti dei Paesi limitrofi, andando ad aggiungersi ai rifugiati palestinesi, presenti in quel territorio da decenni. Per tali ragioni, nel marzo 2020, il Fondo Monetario Internazionale ha approvato 1,3 miliardi di dollari in aiuti alla monarchia giordana, seguiti da un secondo versamento di circa 396 milioni di dollari in fondi di emergenza per attenuare l’impatto del Covid-19.
I risultati pubblicati nelle giornate successive hanno mostrato un calo della rappresentanza femminile e delle forze di opposizione nel parlamento giordano. Per quanto riguarda le donne, ne sono state elette solamente quindici, che andranno ad occupare i seggi a loro riservati, mentre nel 2016 erano state in venti ad ottenere un seggio, come notato dal presidente della Commissione elettorale indipendente, Khaled al-Kalaldeh. Inoltre, il Fronte d’azione islamico, il braccio politico dei Fratelli Musulmani e principale partito di opposizione, ha preso otto seggi, dimezzando la propria rappresentanza. Tuttavia, a questi vanno aggiunti due seggi conquistati da una “lista gemella”. Tra i partiti di opposizione figura anche il Partito Comunista Giordano (Hizb al-Shuyu’iyah al-Urduni), il più antico partito del Paese (fondato nel 1951).
In seguito all’annuncio dei risultati, i sostenitori dei candidati vincitori sono scesi in piazza per festeggiare, mentre quelli degli sconfitti hanno organizzato manifestazioni di protesta. In entrambi i casi, si sono verificate violazioni delle misure prese dal governo per evitare la diffusione del Covid-19. Il ministro dell’Interno Tawfiq al-Halalmah ha affermato di assumersi la responsabilità “morale” per gli eventi indisciplinati che si sono verificati nel Paese. Anche re ʿAbd Allāh II è intervenuto per dire che le celebrazioni che violano il coprifuoco e altre attività simili dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni iniziali rappresentano una “chiara violazione” della legge. “Siamo uno stato di diritto e la legge verrà applicata a tutti senza eccezioni“, ha concluso il monarca.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog