MeVe, Memoriale Veneto Grande Guerra
Francesco Cecchini
COLONIALISTI MONTEBELLUNESI.
La vicenda è raccontata da un articolo pubblicato su QdPnews lo scorso 12 novembre. Il link è il seguente.
Significativo il titolo: L’ archivio del generale Vincenzo Garioni può riscrivere le pagine di storia del colonialismo italiano.
Le pagine di storia del colonialismo italiano sono già state raccontate da storici come Del Boca. Inoltre l’ ultimo nomero di MicroMega è stato dedicato ai crimini coloniali dell’ Italia in Africa con un articolo interessante di Valeria Deplano, ricercatrice di Storia contemporanea all’ Università di Cagliari.
Copertina di MicroMega
La biografia di Vincenzo Garioni è ben nota. Nacque a Biadene, Montebelluna, il 19 novembre 1856, e morì a Venezia il 24 aprile 1929. Generale fu Governatore della Libia da giugno 1913 a fine del 1914, quindi fu responsabile dei crimini coloniali dell’ Italia in Libia.
Vincenzo Garioni
Chi ha gestito l’ acquisisizione dell’ archivio di Vincenzo Garioni è stato De Bortoli, presidente dell’ Università della Terza Età di Montebelluna, che vorrebbe che anche quello di Piero Bertolini, ministro delle colonie diventasse patrimonio del Meve. In merito De Bortoli ha dichiarato: “Ora diventa ancora più importante acquisire anche l’archivio di Pietro Bertolini, montebellunese che fu un pezzo da novanta della politica di inizio ’900, più volte ministro e in predicato di succedere a Giolitti…”
Un articolo pubblicato da Ancora Fischia il Vento racconta di Piero Bertolini, ministro delle colonie . Il link è il seguente:
MeVe, MEMORIALE VENETO DELLA GRANDE GUERRA.
Il 3 novembre 2018 è stato aperto a Villa Correr Pisani di Montebelluna il Memoriale del tragico evento della Grande Guerra o Grande massacro.
Non è un museo con i cimeli esposti nelle teche, anche se qualche cimelio c’ è, ma tante postazioni interattive, manifesti e foto a raccontare quello che è successo. Ideatore del Memoriale è stato l’ ex sindaco di Montebelluna, Marzio Favero, antifascista e antimilitarista. La parte museale è stata curata da Monica Celi, direttrice del Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna.
Ultimamente il Meve è chiuso a causa del COVID-19 e non ha organizzato, eventi, mostre, presentazioni di libri. I limiti dovuti al COVID-19 possono essere superati con iniziative virtuali. Un esempio è il Museo Ernest Hemingway e della Grande Guerra di Bassano del Grappa, che legge on-line su Facebook racconti di Hemingway.
Molti sono gli avvenimenti della Grande Guerra avvenuti in zona che meritano di essere raccontati con parole e con immagini.
LA FAME A VALDOBBIADENE.
A Valdobbiadene, cittadina della Marca trevigiana, in una lapide che ricorda il tributo di sangue si può leggere: “Cittadini uccisi da proiettili n. 51 – Cittadini morti per fame n. 484.” Da dati ufficiali sappiamo che i soldati di Valdobbiaadene morti in combattimento furono 214 e durante l’esodo per cause varie, malattie in genere altri 129. I numeri quindi dicono che la causa maggiore di morte fu la mancanza di cibo. 874 morti su un totale di 8.800 abitanti, 10% quindi. I più uccisi da una miseria che non permise loro di mangiare. La fame durante il Grande Massacro è raccontata in dettaglio da Francesco Jori nel libro “Ne uccise più la fame. La Guerra della gente comune nel Triveneto.”.
DOPO CAPORETTO A SAN FIOR.
Il sito «Vecchia Conegliano e dintorni» racconta l’occupazione di Castel Roganzuolo, una frazione del comune di San Fior in provincia di Treviso: «I soldati germanici e austro-ungarici non si accontentavano di dare sfogo alla fame repressa: uccidevano il bestiame, ne consumavano una parte e lasciavano l’altra marcire nella strada; gettavano il grano sotto le zampe dei cavalli; si ubriacavano direttamente alle botti e non si davano nemmeno il disturbo di tapparle dopo essersene serviti, sicché il vino scorreva per le cantine. Il saccheggio metodico non lasciò intatta alcuna casa e la popolazione venne ridotta alla fame. Si racconta che in certi paesi la gente raccattava perfino gli escrementi dei cavalli, nella affannosa ricerca di qualche chicco di granoturco per sfamarsi. I pochi beni e la vita stessa degli abitanti erano quotidianamente appesi ad un esile filo. Ogni notte c’era il rischio che un gruppo di soldati penetrasse a forza in casa: alla ricerca di cibo o per violentare le donne che vi abitavano. Oltre allo stupro notturno, le donne erano spesso oggetto di forme di violenza più “meditate”. Povere madri, spesso profughe, che si recavano presso qualche comando locale allo scopo di ottenere un lasciapassare o una tessera annonaria, venivano costrette dagli ufficiali a subire lo sfogo delle loro basse passioni per ottenere ciò di cui avevano assoluto bisogno».
FUCILAZIONI A NERVESA.
Dopo la rotta di Caporetto l’esercito italiano si assestò sulla linea del Piave. Furono giorni di confusione e di tensione, anche tra i vertici militari e le truppe. La brigata Treviso, è a Nervesa della Battaglia, Tre soldati, fra cui un caporale, erano stati sorpresi dal Colonnello Brigadiere Giuseppe Barbieri che uscivano da una villa di Nervesa con della biancheria, un paio di camicie e mutande pulite con le quali cambiarsi di indumenti sporchi e pieni di insetti. Vennero interrogati e tre ore arrivò dal Comandato di Brigata l’ordine di fucilarli. Invano valse il tentativo del colonnello stesso di far ridurre la pena. Furono fucilati il 2 novembre 1917 da un plotone d’esecuzione che pianse per l’ordine assurdo. Dovettero presenziare ufficiali e compagni d’armi sgomenti. I fucilati non si lamentarono né vollero essere bendati.
PROSTITUZIONE.
Durante la prima guerra mondiale si diffusero sempre di più nei paesi vicino alle zone di guerra, le case chiuse. Ma vi furono molte donne che si prostituirono non neii casini. Erano, per lo più, madri che non riuscendo a mantenere i figli mentre i mariti erano al fronte, erano costrette a prostituirsi pur di portare un pezzo di pane a casa. Da un documento della storica Laura Matelda Puppini (Capitolo quarto di O gorizia tu sei maledetta…): Maria G. e Anna V. con le figlie, furono internate perché, dopo essersi sottratte agli ordini di sgombero delle retrovie del Piave, si prostituivano clandestinamente nei pressi di Montebelluna, nuocendo «al buon ordine, alla disciplina e all’immagine dei numerosi reparti». Maria era vedova, Anna aveva dieci figli, tra cui tre, di 22, 18 e 17 anni, praticavano la prostituzione per mantenersi…
Per non parlare di Montebelluna durante la Grande Guerra. Montebelluna visse in prima persona la Grande Guerra 1915-1918. Nel maggio 1916, ci fu il primo morto montebellunese. Dopo Caporetto, fra il novembre del 1917 e il novembre del 1918, i numeri diventarono più tragici e pesanti. Il territorio di Montebelluna venne bombardato dall’alto per 21 volte e colpito dalle artiglierie oltre Piave per ben 48 giorni. E’ stata, più che altre, una vera e propria città al fronte. Per esempio nella battaglia del settembre 1917 fu al centro dello schieramento italiano che bloccò l’avanzata degli austriaci, con davanti le armate settima, sesta, quarta, ottava e terza e alle spalle la nona armata di contenimento.
Montebelluna durante la Grande Guerra.