La Marea Blanca ha portato migliaia di persone in piazza per una della manifestazioni più importanti svoltasi a Madrid dall’inizio della pandemia. La difesa della Sanità Pubblica e Universale si è ripresa le strade in una protesta che ha più volte richiesto le dimissioni di Ayuso, la governatrice di centrodestra della Comunità di Madrid
Migliaia di persone hanno accolto l’appello lanciato da più di una dozzina di realtà legate alla sanità pubblica e riunite nella Marea Blanca. Una chiara dimostrazione di forza in un momento di tensione tra chi difende il sistema di salute pubblica e di primo soccorso e il modello ospedaliero portato avanti dalla Comunità di Madrid con l’inaugurazione, in questa ultima settimana, d’un padiglione – o solo d’una sua parte – del mega-ospedale Isabel Zendal.
La manifestazione, che è passata dalla fontana del Nettuno e da piazza Colón, è stata senza dubbio la più partecipata e multitudinaria dall’inizio della pandemia. Persone di diverse generazioni, personale medico e infermieristico in camice, pensionate, giovani. Bambine e bambini con i loro cartelloni hanno percorso le vie della città rispettando il distanziamento sociale e scandendo lo slogan “La Sanità non si vende, si difende”. Il pronostico di una giornata piovosa non si è compiuto, ma le centinaia di ombrelli di colori diversi hanno reso speciale questo momento.
I collettivi chiedono «una politica democratica, leale ed efficace per il recupero del 100% della sanità pubblica garanzia di universalità e qualità» e vogliono «lottare per abolire quelle norme e quelle leggi» che rendono possibile la privatizzazione, come proclamano nel manifesto letto alla fine del percorso le strutture che hanno convocato la giornata di mobilitazione.
Una delle rivendicazione più ripetute è stata quella della «riapertura immediata di tutti i centri sanitari ora chiusi, come i SUAPS, servizi di emergenza nel Primo Soccorso e i centri di salute; ma anche i 16 posti letto in terapia intensiva dell’ Hospital Infanta Sofía, così come tutti i posti letto dismessi nei vari ospedali pubblici della Comunità di Madrid». Senza dimenticare la richiesta di «assunzione di nuove figure professionali necessarie per garantire una assistenza regolare ai pazienti Covid e non Covid».
«Questa situazione è insostenibile, in tutta la Spagna ma specialmente a Madrid, con Isabel Díaz Ayuso, dove la sanità è un disastro. La paura non viene dal contagio in sé ma dal rischio che non ci siano abbastanza posti letto per tutte le persone o che il personale medico non sia sufficiente per garantire il servizio a chi si ammala», spiega Concha Colomo, medica in pensione.
A proposito, ha denunciato «lo sfruttamento e il maltrattamento istituzionale» che stanno subendo le sue ex-compagne di corsia. «Mi raccontano che la situazione è tremenda, che sono sfinite, sia nel settore medico che in quello infermieristico, sono tutte e tutti sfinit*, e i maltrattamenti che vivono sono molto duri» – ha ribadito.
«Questa storia del nuovo ospedale è una barbarie. Invece di sprecare i soldi avrebbero dovuto investire nel personale, che è quello che manca di più. Ci sono interi reparti del mega-ospedale che sono chiusi, il primo soccorso, dove passano tutti i pazienti e che avrebbe potuto risolvere molti problemi, è carente di personale. Bisognava spendere soldi per assumere nuov* medic* e infermier* e non in un ospedale che non sappiamo neanche se sarà mai funzionante. La pandemia? Quando sarà la prossima? Tra 80 anni? E in che stato si ritroverà questo ospedale se non verrà usato per tutto questo tempo? È completamente illogico», ci dice per concludere.
“Governi chi governi, il primo soccorso si difende” è stato uno degli slogan più scanditi durante il percorso. Ma anche quello che dice “Sanità Universale”. Il coro “meno bandiere e più infermiere” si è alzato soprattutto quando il corteo è arrivata a piazza Colón, dove una struttura di luci con i colori della bandiera spagnola ricoprono l’entrata ai pianiterra della piazza, dove ha sede il Centro Culturale della Villa Fernán Gómez.