Dietro questo post di apparente buon senso del presidente Boonaccini si nasconde un approccio egoistico che va respinto e che non ha nulla a che fare con la tradizione progressista dell’Emilia-Romagna.
Non è tollerabile che in una Repubblica la sanità sia frammentata in 20 sistemi sanitari diversi e non è tollerabile che il diritto alla salute dipenda dal luogo di nascita di ciascuno di noi. Non è tollerabile per ragioni etiche e non lo è perché una gestione inefficiente della sanità in alcune aree del Paese si ripercuote inevitabilmente sulle altre, come ci sta dimostrando anche la pandemia. La necessità di conciliare l’autonomia dei territori con parità di diritti per tutti non è più rimandabile.
L’Emilia-Romagna ha certamente una sanità di qualità, ma per onestà intellettuale va detto che se questo è possibile è perché il riparto del fondo sanitario nazionale sulla base della spesa storica ha creato, anno dopo anno e complice la scellerata riforma del titolo V del 2001, profonde disuguaglianze fra regioni del nord e regioni del sud. Disuguaglianze che vanno colmate, non ampliate con la suggestione di un’autonomia regionale che rischia di frammentare definitivamente un paese già profondamente diseguale.
L’Emilia-Romagna deve certamente puntare a migliorare sempre la propria sanità ma il presidente Bonaccini, in qualità di presidente della conferenza Stato-Regioni, anziché soffiare sul fuoco delle spinte autonomiste di molti presidenti leghisti dovrebbe chiedere al governo una politica di investimenti per i territori – a partire dal Recovery found – al fine di garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti.
Stefano Lugli prc