Le elezioni per la Camera dei Rappresentanti de Il Cairo sono tra le più complicate del mondo, prevedendo ben quattro fasi al fine di determinare la composizione della camera bassa egiziana. Il processo ha infatti avuto inizio il 24 ottobre con la prima fase del primo turno, per concludersi solamente l’8 dicembre. Da notare che la consultazione ha fatto registrare un’affluenza alle urne decisamente bassa (intorno al 20%), un dato in linea con la “tradizione” delle elezioni egiziane, sempre scarsamente partecipate, ed acuito ulteriormente dall’emergenza sanitaria. Per la cronaca, l’Egitto è ad oggi il terzo Paese africano più colpito dal Covid-19, dopo Sudafrica e Marocco, con quasi 123.000 casi positivi e quasi settemila morti.
Come prevedibile, la maggioranza assoluta dei seggi è stata conquistata dal Partito del Futuro della Nazione (Mostaqbal Watan), fedele all’attuale presidente ʿAbd al-Fattāḥ al-Sīsī, che ha ottenuto 316 scranni sui 596 che compongono l’emiciclo. Considerando che ben 124 seggi sono stati conquistati da candidati indipendenti, il secondo partito più rappresentato alla Camera – ovvero il Partito Popolare Repubblicano (Hezb Al-Shaeb Al-Gomhuri) – ne ha ottenuti solamente 50.
Tra le altre forze, il Nuovo Partito Wafd (Ḥizb Al-Wafd Al-Jadīd) ha conquistato 26 seggi, seguito dai nazionalistai di sinistra del Partito dei Difensori della Patria, con 23 seggi, e dal Partito dell’Egitto Moderno (Hizb Masr al-Haditha), con undici. Da segnalare anche il buon risultato del Partito Unionista Progressista Nazionale (Ḥizb al-Tagammu’ al-Watani al-Taqadomi al-Wahdawi), meglio noto come Tagammu, una formazione che si ispira al socialismo nasserista, che ha eletto sette rappresentanti, uno in più rispetto alla precedente legislatura.
Intanto i deputati della legislatura uscente hanno concluso il proprio mandato quinquennale nella giornata di martedì: “Oggi dichiaro la fine della sesta sessione parlamentare in linea con l’articolo 274 dello statuto interno della Camera“, ha detto ai parlamentari il portavoce del parlamento Ali Abdel-Aal. “Mi congratulo con lo Stato egiziano per aver concluso le elezioni parlamentari in modo molto positivo, e questo dimostra che l’Egitto è diventato molto stabile in termini politici e sulla strada dello sviluppo“, ha aggiunto.
Nella seduta finale, i parlamentari uscenti sono stati chiamati ad approvare la carta del Forum del gas del Mediterraneo orientale, un organismo che, oltre all’Egitto, include anche Italia, Grecia, Cipro, Israele, Giordania e Palestina, con il fine di gestire congiuntamente le risorse di gas naturale presenti in quella regione. “È un passo molto importante per i paesi del Mediterraneo orientale e una grande vittoria per l’Egitto in particolare“, ha detto Abdel-Aal, sottolineando anche che “il fatto che il Cairo sia stato scelto per ospitare la sede del forum trasformerà l’Egitto in un importante hub per i produttori e gli esportatori di gas naturale“.
Il Parlamento ha inoltre approvato un accordo di cooperazione economica e militare Egitto-Russia firmato a Soči nell’ottobre 2018. Tale accordo, di durata decennale, mira a rafforzare la cooperazione tra Egitto e Russia in ambito economico, di investimento, politico e militare.
Tali accordi fanno ben capire l’importanza strategica ricoperta dall’Egitto ed il motivo per il quale l’Italia e gli altri Paesi europei continuino a considerarlo come un partner di grande rilevanza, nonostante il Paese sia attualmente travolto da fondate critiche nei confronti della presidenza al-Sīsī. Recentemente, come noto, il capo di stato egiziano si è recato a Parigi per incontrare il suo omologo francese Emmanuel Macron, che ha definito come una “partnership strategica” le relazioni franco-egiziane. A fare scalpore è stata soprattutto la consegna della Legion d’Onore – la massima onoreficenza della Repubblica Francese – al presidente egiziano, ma sono ben altre le questioni fondamentali alla base dei radicati rapporti che intercorrono tra l’Egitto ed alcuni Paesi europei.
Nel caso della Francia, come dell’Italia, tale partnership non è motivata da un effettivo sostegno alle politiche di al-Sīsī, ma è piuttosto dovuta all’esistenza di alcuni obiettivi strategici comuni, come la limitazione del ruolo di potenza regionale svolto dalla Turchia nel Mediterraneo orientale, la lotta all’islamismo e la stabilizzazione della Libia, ai quali vanno aggiunti gli affari economici, riguardanti il commercio di gas egiziano verso l’Europa e di armi francesi e italiane verso il Paese nordafricano.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog