Piccolo stato himalayano incastonato fra Cina ed India, il Nepal è attualmente governato dal Partito Comunista del Nepal, nato nel maggio del 2018 dall’unificazione tra il Partito Comunista del Nepal (Unificato Marxista-Leninista) ed il Partito Comunista del Nepal (Centro Maoista). Nonostante la forte maggioranza di cui godono i comunisti, che controllano 47 seggi sui 59 che compongono l’Assemblea Nazionale di Kathmandu e 174 su 275 alla Camera dei Rappresentanti, il governo guidato dal primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli non gode più del sostegno dell’organo legislativo, che si preparava a votare la sfiducia nei confronti dell’attuale premier. KP Sharma Oli, tuttavia, ha anticipato le mosse del parlamento chiedendo lo scioglimento dello stesso da parte della presidente Bidhya Devi Bhandari.
“Il primo ministro ha perso la maggioranza nel partito parlamentare, nel comitato centrale e nel segretariato del Partito“, ha detto Bishnu Rijal, un membro del comitato centrale del Partito Comunista. “Invece di cercare un compromesso all’interno del Partito, ha scelto di sciogliere il parlamento“.
La decisione di Oli ha incontrato la forte opposizione dei deputati comunisti e dei principali gruppi di opposizione, come il Congresso Nepalese, un partito socialdemocratico. Secondo i parlamentari, infatti, lo scioglimento dell’organo legislativo sarebbe avvenuto in maniera incostituzionale, e porterebbe il Paese a dover organizzare le elezioni tra l’aprile ed il maggio del 2021, più di un anno prima del voto previsto nel novembre 2022.
Eletto per la prima volta nel 2015, nel 2018 KP Sharma Oli è tornato alla guida del governo nepalese con la promessa di reprimere la corruzione e stringere legami più forti con la Cina per rilanciare l’economia del Paese himalayano. Tuttavia, il premier non ha mantenuto le promesse, creando malumori soprattutto all’interno del suo partito: il problema della corruzione non è stato affrontato in maniera adeguata, mentre l’economia nepalese continua a stagnare, colpita duramente anche dalla pandemia da Covid-19, che nel Paese ha causato oltre 250.000 casi positivi e quasi 1.800 morti su una popolazione di 29.3 milioni di abitanti.
Ora, il dissenso nei confronti di KP Sharma Oli si è ulteriormente acuito in seguito allo scioglimento del parlamento. “In base alle disposizioni costituzionali esistenti, lo scioglimento del Parlamento non può essere una prerogativa del primo ministro quando ci sono molte altre opzioni per formare un nuovo governo“, ha detto Bipin Adhikari, esperto di diritto costituzionale nepalese, come riportato dal New York Times. Il parere di Adhikari va dunque a confortare il punto di vista dei parlamentari, che giudicano la mossa del premier incostituzionale.
Nonostante tutte le attuali difficoltà, va ricordato che il Nepal ha trovato solamente di recente una propria stabilità politica grazie all’azione del Partito Comunista. Il Paese ha avuto una lunga storia monarchica, diventando una repubblica solamente nel 2008, in seguito alla rivoluzione del 2006, portando alla destituzione del sovrano Gyanendra. Nel 2015, il Nepal si è dotato di una nuova costituzione che lo designa come una repubblica democratica federale, o, per la precisione uno “Stato repubblicano democratico federale, indipendente, indivisibile, sovrano, laico, inclusivo, democratico, orientato al socialismo” (art. 4).
Questi cambiamenti hanno anche portato ad un importante cambiamento nella politica estera nepalese. Mentre prima il Paese era sottoposto soprattutto all’influenza dell’India, i governi comunisti hanno puntato su un forte avvicinamento alla Cina, che ha a sua volta sostenuto il Nepal dal punto di vista economico. In risposta, l’India ha imposto un blocco non ufficiale di un mese contro il Nepal in seguito all’approvazione della costituzione del 2015.
Proprio di recente, il ministro della difesa di Pechino, Wei Fenghe, ha visitato il Nepal ed ha affermato che “la Cina sostiene fermamente gli sforzi del Nepal per salvaguardare la sua indipendenza nazionale, la sovranità e l’integrità territoriale”, con riferimento ad alcune dispute territoriali che oppongono Kathmandu a Nuova Delhi. “La Cina continuerà ad assistere allo sviluppo militare del Nepal e contribuirà al benessere delle persone di entrambi i Paesi, nonché alla pace e alla stabilità regionali”, ha affermato Wei, che ha incontrato sia la presidente Bhandari che il premier Oli, in occasione del 65° anniversario delle relazioni diplomatiche formali tra i due Paesi.
L’attuale crisi di governo, che ha portato alla dimissioni di ben sette ministri, tuttavia, non mette in dubbio il primato del Partito Comunista, che quasi certamente è destinato a vincere con margine le elezioni anticipate della prossima primavera – ammesso che queste abbiano luogo. A mancare è invece la fiducia nei confronti del primo ministro KP Sharma Oli, che secondo gli analisti è destinato ad essere sostituito da Pushpa Kamal Dahal, meglio noto con il nome di Prachanda, attuale presidente del Partito Comunista e già primo ministro per due mandati in passato. Secondo i sostenitori di Dahal, ex leader della fazione maoista, l’accordo tra i due leader comunisti prevedeva che KP Sharma Oli, avrebbe dovuto cedergli il ruolo di capo del governo dopo due anni, e di conseguenza la mossa di Oli sembra essere stata pianificata appositamente per evitare il passaggio di consegne.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog
In ogni caso c’ è il rischio di una divisione del Partito Comunista del Nepal,