Il regime comunista è applicabile in Asia in generale e in Indocina in particolare? Ecco la questione che ci interessa oggi.
A questa domanda, possiamo rispondere affermativamente. Per comprendere, bisogna esaminare storicamente e geograficamente la situazione attuale del continente asiatico. Questo vasto continente che possiede una superficie 80 volte più grande della Francia (45.000.000 chilometri quadrati) e una popolazione che si avvicina alle 800 milioni di anime e una composizione politica abbastanza complessa.
Di tutte le nazioni asiatiche, il Giappone è la sola ad essere affetta il più gravemente da questa malattia contagiosa che è l’imperialismo capitalista. Dalla guerra russo-giapponese, il male si manifesta sempre più inquietante primo per l’annessione della Corea, secondo per la collaborazione alla guerra del “Diritto”.
Per impedirgli di scivolare verso l’abisso di un’occidentalizzazione irrimediabile, vale a dire per distruggere il capitalismo prima che possa prendere profondamente radici nelle isole nipponiche, un Partito Socialista si è appena formato. Come tutti i governi borghesi, quello del Mikado fa tutto quello che può per combattere il movimento. Come tutte le forze operaie, quella del Partito giapponese – malgrado la repressione del governo – progredisce abbastanza rapidamente. Alcuni Congressi sono stati vietati nelle città del Giappone; degli scioperi e delle manifestazioni popolari hanno avuto luogo.
La Cina, che è stata ed è ancora il vitello d’oro del capitale europeo e americano, si è appena svegliata. L’avvento al potere del rivoluzionario Sun Yat-sen nel sud ci promette una Cina riorganizzata e proletaria. Forse non è troppo esagerato sperare che, in un prossimo futuro, queste due sorelle – la Cina nuova e la Russia operaia – cammineranno fraternamente mano nella mano per il bene della democrazia e dell’umanità.
Arriviamo ora all’Asia sofferente.
La povera Corea è nelle mani del capitalismo giapponese. L’India – quest’India così popolata e così ricca – è asservita agli sfruttatori inglesi. Per fortuna la volontà dell’affrancamento elettrizza tutti questi oppressi, e un’intensa agitazione rivoluzionaria scuote tutte le anime indù e coreane. Tutti si preparano lentamente ma saggiamente alla lotta suprema e liberatrice.
E l’Indocina? L’Indocina, sfruttata dal capitalismo francese, serve ad arricchire qualche squalo! Fanno assassinare gli indocinesi nella macelleria imperialista per difendere… non sanno cosa. Li avvelenano con l’alcool e l’oppio. Li tengono nell’ignoranza (ci sono 10 scuole contro 1.000 spacci ufficiali di droga), si inventano dei complotti per fargli assaggiare i benefici della civilizzazione borghese sul patibolo, nella prigione o in esilio! 75.000 chilometri quadrati di terra, 20 milioni di abitanti consegnati allo sfruttamento crudele di una manciata di briganti coloniali, tale è l’Indocina attuale.
Vediamo ora le ragioni storiche, che permettono al comunismo di acclimatarsi facilmente in Asia, più facilmente che in Europa.
L’asiatico – benchè considerato dagli Occidentali un arretrato – comprende meglio la necessità di una riforma totale della Società presente. Ed ecco perché:
quasi 5.000 anni fa, l’imperatore Hoàng Đế (2697 a.C.) aveva già applicato il sistema Tĩnh điện: divise la terra coltivabile tracciando due linee verticali e orizzontali. In questo modo ne fece nove parti uguali. I coltivatori ricevettero ciascuno uno degli otto appezzamenti, quello del mezzo fu coltivato in comune da tutti, e il suo prodotto destinato ai lavori di pubblica utilità. Le tracce servirono da canali di irrigazione;
la dinastia Hia (2205 a.C.), inaugurò il lavoro obbligatorio.
Il grande Confucio (551 a.C.), raccomandò l’internazionalismo e predicò l’uguaglianza di fortuna. Disse: “La pace mondiale può venire solo da una Repubblica universale. Non bisogna temere di avere poco, e ugualmente di non avere niente. L’uguaglianza elimina la povertà, ecc… […]”.
Per quello che riguarda la proprietà privata, la legge annamita [Annam era il nome del Vietnam centrale secondo la suddivisione coloniale francese, ndr] vieta la vendita o l’acquisto globale delle terre. In più, un quarto del terreno coltivabile è obbligatoriamente riservato come bene comune. Ogni tre anni, questo terreno viene redistribuito. Ogni abitante del comune ne riceve una parte. Questo non impedisce a qualcuno di arricchirsi, a causa degli altri tre quarti che possono essere venduti e acquistati, ma può salvare molti altri dal cadere nel pauperismo.
Quello che ci manca, crediamo nostro dovere di segnalare per quei compagni che hanno a cuore di propagare il comunismo e che desiderano sinceramente aiutare tutti i lavoratori a scuotere il giogo dello sfruttatore e ad entrare nel focolare comune del proletariato internazionale, affinché possano aiutarci efficacemente, quello che ci manca per diventare comunisti, sono le condizioni più elementari dell’azione:
la libertà di stampa;
la libertà di viaggio;
la libertà d’insegnamento e di educazione;
la libertà di riunione (tutto questo ci è selvaggiamente vietato dai nostri civilizzatori colonialisti).
Il giorno in cui le centinaia di milioni di asiatici martirizzati e oppressi si sveglieranno per sbarazzarsi dell’abietto sfruttamento di qualche insaziabile colonialista, formeranno una forza colossale e potranno, eliminando una delle condizioni d’esistenza del capitalismo, l’imperialismo, aiutare i loro fratelli d’Occidente nel compito dell’emancipazione totale.
Nguyễn Ái Quốc, La Revue Communiste (1921)
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Giulio Chinappi – World Politics Blog