L’11 dicembre si sono tenute le elezioni indirette per il Senato del Madagascar, le prime da quanto la camera alta dell’isola ha visto una drastica riduzione dei seggi per volontà del presidente Andry Rajoelina. Tornato alla testa del Paese nel gennaio del 2019, dopo essere già stato presidente tra il 2009 ed il 2014, Rajoelina aveva proposto l’eliminazione del Senato attraverso un referendum, con esito infruttuoso a causa del parere negativo dell’Alta Corte Costituzionale.
A quel punto, Rajoelina ha optato per una drastica decurtazione dei seggi del Senato, portati da 63 a 18, giustificando questa scelta con le elevate spese che, secondo il presidente, la camera alta causerebbe alle casse dello Stato. Oltretutto, il presidente ha mantenuto il potere di nominare sei senatori, che con i numeri attuali rappresentano un terzo del totale.
La riforma del Senato malgascio, come prevedibile, ha incontrato il parere fortemente negativo da parte delle opposizioni. In particolare, alcuni partiti come Force nouvelle pour Madagascar (Hery Vaovao Hoan’i Madagasikara, HVM) e J’aime Madagascar (Tiako I Madagasikara, TIM), guidate rispettivamente dagli ex presidenti Hery Rajaonarimampianina e Marc Ravalomanan hanno deciso di boicottare le elezioni.
Le elezioni, come anticipato, si sono svolte con scrutinio indiretto, ovvero i senatori sono stati votati dai delegati delle assemblee regionali e municipali del Paese. La lista Nous tous, ensemble avec Andry Rajoelina (Isika Rehetra Miaraka amin’i Andry Rajoelina), che sostiene l’attuale capo di Stato, ha ottenuto ben dieci seggi, contro i due della lista Malagasy miara-miainga (MMM). Come detto, gli altri sei senatori sono stati nominati dallo stesso Rajoelina, andando dunque a formare un emiciclo decisamente favorevole all’attuale governo.
In questo modo, il presidente ed il suo braccio destro, il primo ministro Christian Ntsay, si sono assicurati il controllo totale delle due camere che compongono il parlamento malgascio, mentre in precedenza il Senato era controllato dall’opposizione. Grazie al boicottaggio lanciato dalle principali forze avversarie, la lista progovernativa ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti in tutte le sei province dell’isola, raggiungendo addirittura un riscontro del 100% nella provincia di Mahajanga, dove non erano presenti altri candidati.
Nel frattempo, il Madagascar continua ad essere fortemente colpito da difficoltà economiche, acuite anche dalla siccità che sta imperversando nella parte meridionale dell’isola. La crisi è naturalmente ulteriormente acuita dalla pandemia da Covid-19, che sulla più grande isola del continente africano ha colpito oltre 17.600 persone causando almeno 260 morti.
Allo stesso tempo il Paese sta beneficiando degli ingenti aiuti della Banca Africana per lo Sviluppo, che lo scorso 11 dicembre ha approvato lo stanziamento un prestito di 42,9 milioni di dollari per finanziare la seconda fase di un progetto energetico che dovrebbe collegare la capitale Antananarivo e la città industriale di Antsirabé. Il progetto contribuirà a immettere l’energia generata dalla centrale idroelettrica di Sahofika nella rete nazionale, fornendo a circa 8 milioni di persone energia pulita e accessibile.
La seconda fase del progetto prevede anche l’elettrificazione di 19 villaggi nei consigli municipali di Soanindrariny, Ambohidranandriana, Ambatomena e Ambohimiarivo del Madagascar centrale, un paese che, nonostante abbia un enorme potenziale di energia rinnovabile, ha un tasso di accesso all’elettricità pari ad appena il 15% a livello nazionale e al 6% nelle zone rurali.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog