Nessuna sorpresa alle elezioni presidenziali della Repubblica Centrafricana, dove il capo di Stato in carica, Faustin-Archange Touadéra ha ottenuto un secondo mandato consecutivo alla guida del paese. In effetti, il primo turno del 27 dicembre è stato sufficiente per sancire la conferma del leader del Movimento Cuori Uniti (Mouvement cœurs unis, MCU), che ha superato la soglia del 50% dei consensi (53,92%), rendendo vano il secondo turno programmato per il 14 febbraio.
Per quanto riguarda i numerosi altri candidati, l’ex primo ministro Anicet-Georges Dologuélé ha ottenuto un incoraggiante 21,01% in rappresentanza dell’Unione per il Rinnovamento Centrafricano (Union pour le renouveau centrafricain, URCA), mentre al terzo posto troviamo Martin Ziguélé, anche lui ex premier, che si è fermato al 7,46% come candidato del Movimento per la Liberazione del Popolo Centrafricano (Mouvement pour la Libération du Peuple Centrafricain, MLPC).
Entrato in carica nel 2016 come primo presidente della sesta repubblica, Touadéra non ha avuto vita facile in uno dei paesi più martoriati del continente africano. I gruppi armati che imperversano nel territorio centrafricano hanno reso impossibile lo svolgimento del voto in diverse aree del paese: si calcola che circa il 14% delle stazioni di voto sia rimasto chiuso, mentre non è stato possibile mettere in piedi stazioni di voto in ben 29 delle 81 prefetture che costituiscono la Repubblica Centrafricana.
L’affluenza alle urne è risultata comunque elevata nelle aree dove il voto ha potuto avere luogo regolarmente, con un dato pari al 76,32%. Questo nonostante i timori riguardanti la pandemia da Covid-19, che nel paese ha colpito quasi cinquemila persone su 4.6 milioni di abitanti, anche se i dati riguardanti i contagi sembrano mostrare un contenimento dell’epidemia.
Considerato come uno dei paesi più poveri dell’Africa francofona, la Repubblica Centrafricana non si è mai completamente ripresa dal periodo coloniale, del quale subisce ancora oggi i retaggi. Nonostante non si tratti di un paese che offre grandi opportunità economiche, la Repubblica Centrafricana resta ancora oggi fortemente ancorata alla sfera d’influenza della Francia, come dimostrano gli interventi armati di Parigi degli ultimi anni, nel marzo 2007 a Birao e nel 2013 con l’operazione Sangaris.
Anche in passato, l’ingerenza francese si è fatta sentire in un paese che ufficialmente ha raggiunto l’indipendenza il 13 agosto 1960: nel 1979, in particolare, un’incursione dei paracadutisti francesi permise il colpo di stato che portò al potere David Dacko, mentre il capo di Stato Jean-Bedel Bokassa, autonominatosi imperatore, si trovava in Libia. Lo stesso Bokassa era stato precedentemente sostenuto dai governi francesi nella sua ascesa al potere, fino a quando il suo eccessivo potere non lo ha trasformato in un personaggio scomodo e difficile da gestire. Ancora, nel 2003 la Francia appoggiò il golpe ordito da François Bozizé contro Ange-Félix Patassé: tale situazione ha dato vita a forti scontri nel nord del paese, che continuano ancora oggi sotto forma di una guerra civile generalizzata al di fuori della capitale Bangui. Proprio Bozizé, rimasto al potere dal 2003 al 2013, ha tentato di candidarsi nuovamente alle presidenziali, ma la sua candidatura è stata respinta dalla Corte Costituzionale.
“Il paese non si è mai ripreso dagli orrori della Françafrique che, dall’incoronazione del dittatore Bokassa con la complicità del presidente Giscard d’Estaing, attraverso le molteplici destabilizzazioni e decenni di colpi di mano e saccheggi, ha lasciato questo paese esangue”, si legge in un articolo pubblicato sul sito del Parti Communiste Français (PCF). “La guerra civile, iniziata nel 2013 durante la caduta dell’ex presidente, François Bozizé, ha completato lo smembramento della Repubblica Centrafricana. La spedizione militare francese che seguì non fece nulla per rimediare ai problemi del popolo centrafricano”.
“L’accordo di pace firmato in Sudan nel febbraio 2019 ha determinato una diminuzione delle violenze ma segna nel tempo la divisione del paese tra il governo di Bangui e vaste aree detenute da vari gruppi ribelli. L’occupazione temporanea di Bambari, la quarta città del paese, da parte di un gruppo armato nei giorni scorsi illustra questa situazione”, si legge ancora sul sito del PCF. Solamente pochi giorni prima delle elezioni, infatti, la missione di pace delle Nazioni Unite ha potuto comunicare di aver ripreso il controllo di Bambari. come affermato da Abdoulaziz Fall, portavoce della missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (MINUSCA). I rapporti dicono che non sono state registrate perdite di vite umane.
Nonostante le grandi difficoltà, l’organizzazione delle elezioni del 27 dicembre ha rappresentato un avvenimento importante. Pochi giorni prima della scadenza elettorale, Mankeur Ndiaye, rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite, ha affermato che un eventuale rinvio delle elezioni avrebbe potuto causare un vuoto di potere e “un periodo di instabilità incontrollabile”. L’ONU ha infatti fortemente caldeggiato lo svolgimento delle elezioni, nonostante il parere contrario di alcuni gruppi politici dell’opposizione e la “grave crisi nella Repubblica Centrafricana”.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog