I politici di entrambi gli schieramenti celebrano la decisione non ufficiale, mentre monta la protesta ecologista per un progetto di sviluppo montano ormai vecchio e dall’impatto devastante
La notizia ha iniziato a rimpallare nei social media e nelle chat di gruppi ambientalisti giusto prima di Capodanno, per poi arrivare a un articolo trionfalistico de “Il Messaggero” del 31 dicembre. La Regione Lazio ha espresso un parere tecnico con una Valutazione di Incidenza positiva rispetto al progetto TSM2, “Terminillo Stazione Montana”, un complesso di nuovi impianti, piste, bacini per l’innevamento artificiale, rifugi. Non è una Valutazione di Impatto Ambientale classica, manca ancora il parere sull’impatto paesaggistico e si attende la formalizzazione del VIA da parte della regione. Certo però che si tratta di un parere tecnico pesante che fa presagire il peggio. Il progetto, da parte di politici di qualunque schieramento, è prospettato come un viatico per la crescita e il rilancio economico della zona del reatino.
Il Terminillo è un complesso montuoso appenninico composto da più cime tra cui la più elevata del Lazio, coi suoi oltre 2200 metri. Si trova a 20 chilometri da Rieti e a un centinaio di chilometri dalla capitale.
Dal piazzale del Verano, nel quartiere romano di San Lorenzo, se è un giorno limpido e guardi verso nord, vedi la sua cresta che si staglia all’orizzonte del cielo terso e ti pare quasi di toccarla. Il suo sviluppo turistico ebbe inizio durante il fascismo. Lo stesso Mussolini personalmente inneggiava e promuoveva il Terminillo come località turistica, utilizzandola come lo sfondo in cui costruire la narrazione tossica, maschilista e violenta dell’“uomo sportivo” che sciava a petto nudo (le foto sono in molti libri di storia) e performava nel suo ruolo dominante, per servire la società militare e patriarcale che il regime aveva costruito.
Proprio in quegli anni assume l’appellativo di “montagna dei romani” e in una Italia ancora sprovvista di autostrade, dove raggiungere le Alpi era un percorso lungo e complicato, il Terminillo diviene presto un luogo frequentato dall’alta borghesia capitolina. Negli anni del boom economico si trasforma invece in un luogo appetibile per classe media e così a partire dagli anni ‘70, le piccole località ai piedi della montagna vengono puntellate da alcuni futuribili e “densi” complessi residenziali di seconde case. La montagna mantiene due zone di impianti di risalita, Pian de’ Valli e Campostella, entrambe dalle dimensioni tutto sommato ridotte, rimangono ampi boschi di faggi e valloni intatti.
Negli anni ‘80 il turismo sciistico nella montagna reatina inizia un lento declino. Da un lato l’Autostrada del Sole rende le Alpi più vicine per i vacanzieri, dall’altro per i turisti domenicali l’Autostrada dei Parchi rende le località abruzzesi di Ovindoli o Campo Felice più facilmente raggiungibili da Roma, perché, per raggiungere il Terminillo non c’è una autostrada, ma solo la “lenta” via Salaria.
Inoltre il cambiamento climatico avanza inesorabilmente e i giorni in cui si può sciare al Terminillo diminuiscono anno dopo anno. Viene pure portata la neve artificiale con costi e impatti esorbitanti, ma il “valore” della stazione sciistica continua a calare.
Forse proprio per l’alta presenza di seconde case di romani, la montagna però non si svuota. Il Terminillo era per molti aspetti un luogo in cui si poteva ripensare un certo tipo di sviluppismo turistico in montagna, liberandolo dalla religione dello sci da discesa e dell’impianto di risalita. Non fu così purtroppo, e nei tempi del governo regionale di Marrazzo prima e poi di Polverini viene avanzato un progetto di rinnovamento, ampliamento e collegamento tra le due aree degli impianti del Terminillo, il “Terminillo Stazione Montana”. Il progetto tuttavia non supera la Valutazione di Impatto ambientale nel 2015. La Provincia ci riprova ed è appunto la versione rinnovata dello stesso progetto che parrebbe essere stata approvata.
Il giornalista ed esperto di montagna Stefano Ardito ha scritto un duro intervento sulla questione sul propio blog: «Il TSM2 (“Terminillo Stazione Montana 2”) è uno sfascio ambientale gigantesco, […] Per capire la dimensione dello sfascio basta fare una passeggiata nei meravigliosi valloni dove dovrebbero sorgere piste e impianti, e sul crinale destinato a essere scavalcato. E poi immaginare, in questi ambienti oggi integri, 10 seggiovie, 7 tapis-roulant, 37 chilometri di nuove piste, 7 rifugi, 2 bacini per l’acqua necessaria all’innevamento artificiale».
I Tapis-roulant sono necessari perché le due zone di impianti di risalita non sono “naturalmente” collegabili e gli sciatori che vorranno muoversi dall’una all’altra dovranno fare gran uso di seggiovie ma anche, appunto di “nastri trasportatori”, alla faccia dello sport “naturale”.
Continua però sempre Ardito: «La bufala più seria è nei conti che accompagnano il TSM2. Bufala sui costi previsti, 50 milioni di euro di cui 20 già impegnati dalla Regione e altri 30 in arrivo da fantomatici privati. Ma basta un’occhiata alle dimensioni del progetto per capire che la spesa totale sarebbe di almeno 100 milioni. Il rischio è di tagliare boschi e sbancare pendii senza nemmeno inaugurare la stazione».
Abbiamo raggiunto Serena, una portavoce del gruppo di attivist* “Balia dal collare”, parte della rete ecologista di associazioni e attivist* che nel reatino da anni si batte contro questo progetto, per un commento. «Gli amministratori locali portano avanti da anni una retorica rivendicativa nei confronti della Regione che avrebbe abbandonato Rieti per favorire la grande città metropolitana. La narrazione diffusa tra la popolazione dice che con questi progetti e con questo modello Rieti tornerebbe ai fasti di un tempo andato (cioè il fascismo) e sarebbe finalmente una Provincia moderna.
In realtà il territorio della Provincia ha luoghi di estremo interesse a livello naturalistico, il Terminillo può essere vissuto ed esplorato 12 mesi l’anno per i suoi boschi, le sue cime e i suoi sentieri: lo sanno perfettamente e a volte lo usano pure come strumento retorico. Tuttavia quando si tratta di far girare denaro e di progettare investimenti pensano solo allo sci da discesa e a devastare il territorio. I sostenitori del progetto poi stanno utilizzando in questi giorni una greve aggressività verbale a sfondo sessista sui social media contro noi attiviste che ci opponiamo al progetto».
Le domandiamo inoltre cosa può essere accaduto per aver fatto cambiare di opinione alla Regione, visto che i due progetti, quello bocciato del 2015 e quello attuale sono molto simil:
«I sostenitori del progetto hanno fatto una forte pressione sulla base di due argomentazioni retoriche. Uno è lo spopolamento dei territori rurali del Centro Italia a seguito del terremoto del 2016 e 2017 [Amatrice non è lontana dal Terminillo, ndr].
L’altro è la crisi economica post-Covid che sta mettendo in difficoltà chiunque. Sono fattori veri ma bisogna rendersi conto che non si può immaginare di superare questi gravi problemi con questo modello di sviluppo impattante e iniquo». Chiediamo se mai ci potrebbero essere soggetti economici in grado di finanziare i 30milioni euro mancanti per completare l’opera: «In molti ne dubitano, io forse sono più pessimista perché analizzando il territorio vedi che il Centro Italia rurale e spopolato è sotto l’attenzione di soggetti potenti del capitalismo nostrano e non solo, che vogliono far profitti facili.
Basta pensare a quello che sta facendo Ferrero nel Viterbese e in Umbria, oppure al ruolo di Acea che si è imposta come gestore monopolistico dell’acqua nel reatino portandoci a una privatizzazione di fatto degli acquedotti, oppure ancora al potere che Amazon ha oggi in Sabina grazie al magazzino di Passo Corese in cui ha assorbito i disoccupati della Provincia. Ho paura che un soggetto economico monopolistico di questo tipo si possa trovare anche per far profitti sul Terminillo». Le chiediamo infine se hanno in programma mobilitazioni contro la decisione della Regione: «Sicuramente, sia invernali che poi altre andando verso la buona stagione, la battaglia non è ancora perduta e il nostro interesse a tutelare le bellezze naturalistiche della nostra montagna sarà più forte della loro avidità.»
Sono tante le stazioni sciistiche abbandonate in Italia a causa del riscaldamento globale e degli inverni sempre più brevi e miti. Vale la pena ricordare che quest’inverno dalle precipitazioni copiose è una rarità e in tutto l’arco alpino e lungo la dorsale appenninica le precipitazioni nevose sono state invece in costante diminuzione negli ultimi 30 anni. Anche Mountain Wilderness si è schierata duramente contro il progetto TMS2. L’associazione denuncia da molti anni il fatto che lo sci da discesa abbia elementi di scarsa sostenibilità intrinsechi.
Infatti funziona come risorsa economica per il territorio per pochi mesi annui, ha un impatto significativo sull’ecosistema montano, annulla gli investimenti in possibilità sportive più sostenibili, vive solo grazie a una quantità impressionante di finanziamento pubblico, sia per la costruzione e manutenzione degli impianti che per la produzione e il mantenimento di neve artificiale.
Quest’ultima è poi fautrice di danni ambientali ulteriori per le sostanze chimiche contenute e per il prosciugamento delle fonti idriche. Tutti questi elementi, se sono veri per l’arco alpino, lo sono ancora di più per la dorsale appenninica, in cui le precipitazioni sono inferiori, le temperature più alte e le fonti idriche a cui attingere per la neve artificiale sono notevolmente più limitate di quelle alpine. Il progetto TMS2 sembra pertanto l’ennesima grande opera, utile solo a rafforzare clientele politiche e affaristi locali, ma il fatto che venga approvata da una giunta che non ha mai smesso di spacciarsi per ambientalista e che sia approvata in un momento in cui la crisi climatica è diventata una questione di dominio pubblico è ancora più grave e irresponsabile. Chissà se dopo questa scelta Zingaretti continuerà a dedicare a Greta Thunberg le sue vittorie elettorali.
Immagine di copertina dalla pagina Facebook del gruppo Balia dal Collare