Le elezioni presidenziali del 10 gennaio in Kirghizistan si sono svolte in seguito alle dimissioni forzate di Sooronbay Jeenbekov, che il 15 ottobre ha lasciato il proprio incarico in seguito alle sommosse che si sono verificate dopo le elezioni legislative dello scorso autunno. In quegli stessi giorni, avevano rassegnato le proprie dimissioni anche il primo ministro Kubatbek Boronov e il presidente del parlamento Dastanbek Jumabekov. Di fatto, l’esito delle presidenziali era già scritto, con Sadyr Japarov, che aveva già assunto la presidenza ad interim in seguito alle dimissioni di Jeenbekov, come unico candidato credibile. Al momento delle sommosse, Japarov stava scontando una pena detentiva di undici anni per aver rapito un governatore provinciale durante una protesta politica nel 2013.
Secondo i dati disponibili, Japarov ha ottenuto il 79,84% dei consensi, superando ampiamente la soglia del 50% e rendendo dunque inutile lo svolgimento di un secondo turno. Rappresentante del Partito Politico Patriottico (“Mekençil” sayasiy partiyası), una forza nazionalista di destra, Japarov ha battuto nettamente Adakhan Madumarov, classificatosi secondo con il 6,74% delle preferenze in rappresentanza di Kirghizistan Unito (Bütün Kırgızstan), mentre l’indipendente Babur Tolbayev ha chiuso al terzo posto con il 2,41%. In totale erano presenti diciassette candidati alla carica presidenziale, molti dei quali hanno ottenuto riscontri inferiori al singolo punto percentuale. Dopo aver ceduto la carica ad interim a Talant Mamytov il 14 novembre, dunque, Japarov riassumerà la guida dell’ex repubblica sovietica.
Da notare che dalle elezioni è stato di fatto estromesso il Partito Socialdemocratico del Kirghizistan (Sotsial-demokraticheskaya partiya Kyrgyzstana), dopo che questo ha governato il paese nei dieci anni precedenti le sommosse dell’ottobre 2020. Il partito ha oltretutto subito diverse scissioni in seguito alle dimissioni di Jeenbekov, il che ha ridotto le elezioni presidenziali ad un confronto tra le forze di destra.
In contemporanea con le elezioni presidenziali, il Kirghizistan ha tenuto un referendum sulla forma di governo, chiamando i cittadini a scegliere tra la repubblica presidenziale e quella parlamentare. Sebbene lo spoglio delle schede del referendum non sia ancora terminato, oltre l’80% dei votanti ha preferito l’opzione presidenziale, che dunque assegnerà a Japarov poteri quasi assoluti. Il 10,83% degli elettori ha invece votato a favore del sistema parlamentare, mentre il 4,41% si è espresso contro entrambe le forme di governo.
I dati ufficiali mostrano anche che le elezioni hanno fatto registrare un’affluenza alle urne pari al 39,12%. Il dato registrato risulta essere di molto inferiore al 56.50% delle ultime elezioni legislative, il cui esito, come detto in precedenza, era stato fortemente contestato da Japarov e dai suoi sostenitori. Anche per questa ragione, il secondo classificato Madumarov ha già detto di non riconoscere i risultati delle elezioni.
Ad ogni modo, l’affluenza alle urne superiore al quorum del 30% è sufficiente a convalidare il risultato del referendum. Pertanto, quando verrà approvata una nuova costituzione, come previsto entro la fine dell’anno, a Japarov saranno concessi poteri politici senza precedenti. La nuova costituzione, che è stata proposta per la prima volta a novembre, ha sollevato significative preoccupazioni da parte dei critici di Japarov, che la considerano come eccessivamente autoritaria. Il testo riduce drasticamente il potere e le dimensioni del parlamento, centralizzando così il potere politico della nazione nelle mani del presidente. La costituzione in vigore oggi, invece, prevede un sistema misto di equilibrio dei poteri tra presidente e primo ministro.
“La gente è stanca dei disordini, ha fatto la sua scelta, quindi non c’è motivo di aspettarsi proteste nel prossimo futuro“, ha invece affermato Japarov in seguito alla pubblicazione dei risultati. “Non mi aspettavo di ottenere così tanti voti. Ho pensato che il risultato sarebbe stato intorno al 60-65%“, ha aggiunto. Il neoeletto presidente ha anche confermato che il Kirghizistan continuerà a considerare la Russia come un partner di primaria importanza: “La Russia è il nostro principale partner strategico. Abbiamo vissuto insieme per 70 anni nell’Unione [Sovietica] e siamo stati e restiamo partner strategici negli ultimi 30 anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica“.
Il presidente russo Vladimir Putin è stato tra i primi leader mondiali a congratularsi con Sadyr Japarov per aver vinto le elezioni presidenziali in Kirghizistan e ha espresso la speranza che i due paesi continueranno a coltivare legami. In effetti, proprio in questi giorni, il Kirghizistan ha presentato una richiesta per ottenere dalla Russia il vaccino Sputnik V contro il Covid-19. “Abbiamo inviato una lettera firmata dal presidente ad interim Mamytov al presidente russo Vladimir Putin“, ha dichiarato Alymkadyr Beishenaliev, ministro della Sanità di Bişkek. Secondo quanto affermato dal ministro, il Kirghizistan avrebbe richiesto la fornitura di 500.000 dosi dalla Russia e successivamente la possibilità di produrre il vaccino russo in Kirghizistan, similmente all’accordo stipulato da Mosca con il vicino Kazakistan.
Con una popolazione di soli 6,5 milioni di abitanti, il Kirghizistan ha registrato ad oggi oltre 82.500 casi positivi al Covid-19, ed oltre 1.300 decessi causati dalla pandemia. La grave situazione sanitaria, che ha avuto il proprio picco tra giugno e luglio, è andata dunque a sommarsi alla crisi politica ed alla difficile situazione economica che sta vivendo l’ex repubblica sovietica dell’Asia centrale.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog