Un testo di Francesco Mandarano e la storia di una lapide a Monticello d’Alba. A seguire una nota della “bottega” sulla lotta per la memoria e sui salti mortali – soprattutto in Italia – di chi contesta la cosiddetta «cancel culture»

SCACCO MACCO ALLA SCIAMANA

di Francesco Mandarano

In un Italia piegata dalla pandemia e dove da sempre i programmi scolastici privilegiano la storia antica anzichè quella moderna e contemporanea, la signora Giorgia Meloni, ha avuto l’ardire di far pubblicare l’11 gennaio di quest’anno su un quotidiano di proprietà di Berlusconi, un articolo pieno di inesattezze e di mistificazioni. In tale scritto si è permessa di affermare: «Perchè la strategia di distorcere la verità e poi su queste falsità costruire accuse contro gli avversari politici è buona per i regimi totalitari e liberticidi. E io per rispetto della mia storia e della democrazia, non rimarrò in silenzio a guardare questi metodi utilizzati contro Fratelli d’Italia».

Belle parole, ma soltanto parole, addirittura mistificazioni. Infatti, la signora Meloni è cresciuta politicamente nei gruppi extraparlamentari di destra, che si richiamano apertamente al fascismo e che non riconoscono la Nostra Costituzione.

A questa concezione ideale essa è rimasta sempre tenacemente attaccata. Proprio per tale motivo essa cerca di far dimenticare le sue origini politiche e di manipolare la storia italiana. Non è un caso che nel simbolo del suo partito ci sia la fiamma che arde. Questa fiamma che arde, simboleggia lo spirito di Mussolini e serve ad attirare tutti i nostalgici del fascismo.

Significativo, poi, è che l’articolo della Meloni sia apparso su un quotidiano proprio il giorno 11 gennaio 2021. Proprio il giorno in cui ricorre l’anniversario ella morte di Rodolfo Graziani, personaggio fascista e missino al quale la Meloni è molto legata, avvenuta appunto l’11 gennaio 1955.

A questo signore la Meloni ha fatto dedicare l’11 agosto 2012, ad Affile (*) un monumento-sacrario, costruito con i soldi pubblici.

Per chi lo avesse dimenticato Graziani, non è solo il fucilatore di Partigiani, nonchè il macellaio del Fezzan (Libia) e lo sterminatore del popolo Etiope, ma anche colui che in Libia tra la fine del 1940 e l’inizio del 1941, ha subìto per totale incompetenza militare, una cogente sconfitta da parte degli Inglesi, perdendo un’armata di circa 210.000 uomini.

Questo personaggio è un riferimento ideale per la signora Meloni. Difatti, il giorno della inaugurazione di tale monumento-sacrario c’era ad Affile (Roma) una folta rappresentanza di Fratelli d’Italia, compreso Francesco Lollobrigida, oggi dirigente di primo piano di Fratelli d’Italia.

Da questa iniziativa di omaggio a Graziani e promossa dal sindaco di Affile, iscritto a Fratelli d’Italia, è sorto un processo per apologia di fascismo nel quale gli imputati sono stati difesi non da un avvocato qualunque, ma da Ignazio La Russa.

Gli imputai sono stati comunque condannati per il reato di apologia di fascismo. Questo per la Meloni e per Fratelli d’Italia non è stato un incidente di percorso, ma una precisa scelta ideale e politica. Difatti, la Meloni ha dato ordine a tutte le amministrazioni del centro-destra di intitolare almeno una strada a personaggi fascisti. Così è avvenuto che in tanti Comuni, Almirante (**) ed altri personaggi del regime fascista hanno avuto la loro bella strada.

Emblematico è quello che è avvenuto ad Omegna (Verbania) nel 2019, dove il Comune ha deliberato di intitolare una strada o una piazza al “Duca della Vittoria” generale Armando Diaz. Chi ha fatto questa proposta ha volutamente dimenticato che Armando Diaz non è stato soltanto il vincitore di Vittorio Veneto, ma è stato anche colui che ha aperto le porte al fascismo, convincendo il Re Vittorio Emanuele III che voleva intervenire nel 1922 militarmente contro i partecipanti alla “marcia su Roma”, a non firmare lo “stato di assedio”.

Per questo suo comportamento da vero “patriota”, è stato ricompensato da Mussolini, con la carica di Ministro. In questa veste, ha trovato il modo di far pagare gli squadristi fascisti dallo stato Italiano, istituendo la Milizia per la difesa dello stato, cioè del fascismo.

Ad Omegna l’operazione non è andata in porto, grazie alla mobilitazione dell’ANPI locale e degli studenti dell’Istituto Piero Gobetti, che non hanno accettato che la Piazza davanti al loro istituto che ricorda un martire antifascista, fosse intestata proprio a un ministro fascista. Fedele a questa linea che la signora Meloni definisce “sovranista” ma che bisogna considerare neofascista, essa ha stretto legami in tutta Italia ed in Europa con i gruppi neofascisti, che non solo non solo non ha mai condannato per le loro intemperanze, ma che più volte ha giustificato. Non contenta di difendere i neofascisti Italiani la Meloni ha stretto legami internazionali con la destra neofascista Europea a cominciare da Orban, leader dell’Ungheria, dove la democrazia è andata in vacanza e non si sa se e quando ritornerà.

Come se questo non bastasse, Meloni è andata negli Stati Uniti d’America, ove ha stretto legami con gruppi politici più oltranzisti di Trump, che a lei sembra un moderato. Stando così le cose la signora Meloni, nel suo partito, premia chi definisce i Partigiani «vigliacchi e assassini» e in politica estera vorrebbe ritornare agli stati europei, “l’uno contro l’altro armato”.

Questo è il ritratto di una leader politica, che a parole parla di democrazia ma che in realtà guida il suo partito con pugno di ferro, pretendendo da tutti i suoi iscritti obbedienza assoluta e assenza di critiche al suo operato.

Per di più fa sempre dei discorsi generici, senza entrare nel merito delle questioni da risolvere. In compenso l’unica idea “eccellente”, che ha lanciato negli ultimi anni è quella di armare la flotta militare Italiana e inviarla contro gli immigrati Africani.

Operazione completamente superflua: gli immigrati, infatti, se non vengono soccorsi, muoiono da soli!

Quando, poi, la signora Meloni parla di “invasione da parte dei popoli Africani della nostra penisola” farebbe bene a tener presente che ci viene in Italia sui barconi, quasi sempre scappa dalla fame e dalle guerre ed, inoltre, a ricordarsi che la vera “invasione”, militare con grande impiego di truppe e di mezzi ed armamenti, dell’Africa, in particolare dell’Etiopia, l’abbiamo condotta noi Italiani dal 3 Ottobre 1935, impiegando anche i gas vietati dalle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia negli anni precedenti. Quegli italiani, abbagliati dalla propaganda fascista del “posto al sole” erano guidati sia da Badoglio che dal suo idolo Graziani. In quel momento l’Italia ha raggiunto il punto più basso della sua storia. La signora Meloni, una volta di nuovo al governo, farebbe peggio, molto peggio dei suoi antenati ideali e politici.

Francesco Mandarano

(*) Del sacrario, o meglio «schifezzario» di Affile qui abbiamo scritto più volte. Tutta l’operazione Graziani fu gestita dalla giunta regionale allora guidata da Renata Polverini e sospinta dalla Meloni. Vale aggiungere che Francesco Mandarano è autore di un bel libro – «Onoriamo un traditore» – su Rodolfo Graziani del quale riparleremo presto.

(**) Anche delle infamie di Giorgio Almirante e dei tentativi di riabilitarlo abbiamo parlato più volte in “bottega”.

UNA LETTERA DI FAUSTO CASSONE

Leggo sempre con interesse le vostre pubblicazioni che portano argomenti  interessanti e consone al mio pensiero. Vorrei porvi un quesito che qualche tempo fa avevo indirizzato All’ISTORETO di Torino senza avere risposta. Avrei piacere di sapere se può ancora essere esposta in luogo pubblico e specialmente accanto a un Edificio Comunale della Repubblica Italiana una lapide fascista in marmo datata 18 novembre 1935. Per la precisione si tratta della Casa Comunale di Monticello d’Alba (Cuneo). Ringrazio per l’ospitalità e porgo saluti antifascisti.

LA RISPOSTA DELLA “BOTTEGA” A FAUSTO CASSONE E UNA VELOCE RIFLESSIONE (ma con molti link) SULLA COSIDDETTA «CANCEL CULTURE»

La Costituzione italiana è antifascista e almeno due leggi specifiche vietano la propaganda fascista. Dunque la risposta a Fausto Cassone è semplice: quella lapide va tolta. Questo in teoria. Nella pratica dipende dalle amministrazioni, dai menefreghismi, dalle diverse interpretazioni dei tribunali (alcuni hanno considerato un reato il saluto fascista e altri no, tanto per fare un esempio) e in definitiva dai rapporti di forza nella società italiana. Sul groviglio di problemi legati alla lotta per la memoria (anche toponomastica o nei musei) abbiamo scritto più volte. E nell’articolo Berlino: anche nelle vie la lotta per la memoria (2 dicembre 2020) ricordavamo che chi volesse recuperare informazioni, proteste, proposte e riflessioni può partire da questi 7 post: Statue e monumenti: crimini, oblio, senso comune#BlackLivesMatter, la Storia, i Washington Redskins…Fantasmi coloniali e schiavitù di oggiGuerre, monumenti e criminaliCittà: rivolta contro i nomi infamiI vincitori scrivono la storia, non la verità e Statue e lapidi: celebrare i boia

Per quel che riguarda l’Italia a parte la vergogna di Affile con lo “schifezzario” per il criminale Rodolfo Graziani e il “caso” della vernice a Milano contro la statua di un giornalista-soldato che fino all’ultimo si è vantato dello stupro di una minorenna africana (Indro Montanelli) segnaliamo: Nomi infami: a Ragusa fanno cosìReggio Calabria e il Coniglio Mannaro: perché l’aeroporto non deve essere intitolato ad un fascistaC’è una Catania che non onora Giorgio Almirante…«Aeroporto di Cagliari-Elmas “Antonio Gramsci”» e Imola: davanti alla statua di un fascista…

Roma aspetta ancora una piazza (o un busto) per Andrés Aguyar mentre a Bologna la targa promessa per Reuf Islami è finita nel “dimenticatoio” istituzionale: sia mai che ricordare un operaio immigrato morto sul lavoro sollevi qualche interrogativo su chi siano assassini e complici.

E ancora abbiamo letto, pochi giorni fa, due notizie interessanti su quel che sta accadendo in Germania: la diocesi cattolica di Eichstatt in Baviera si scusa per i roghi a 400 anni di distanza (cfr Una caccia alle streghe senza fine) mentre Con il castello dei re prussiani Berlino ripensa il proprio passato ovvero un architetto italiano ha progettato uno spazio che colloca l’edificio restaurato in un complesso dedicato alla memoria per ricordare la ferocia del periodo coloniale.

Tutto questo però non appassiona i cosiddetti grandi media italiani o le istituzioni che, per restare a un esempio recente, fingono di non capire quanto sia grande la vergogna della Biblioteca nazionale che celebra un criminale fascista come uno statista (cfr Pino Rauti: «attivo, creativo». E per inciso fascista). La maggior parte dei cosiddetti intellettuali si sdegnano perchè la «cancel culture» vorrebbe re-interpretare il passato e sembrano confondere un monumento a Hitler (o a uno schiavista statunitense) con un fattarello locale: davvero ci credono? O sono così ignoranti da non sapere che la lotta per la memoria da sempre ci impegna tutte e tutti ogni giorno? Si tratta – al solito – di capire da che parte stare: in difesa degli orrori del passato o dalla parte di chi si oppose?

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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