Nencini e Ciampolillo salvano il governo in extremis, ma i numeri risicati a Camera e Senato (e le acquisizioni della maggioranza) tratteggiano uno spostamento materiale a destra. Mentre nel mondo reale dilaga la pandemia Covid, nella mappa manca ancora una forza che incalzi dal basso e da sinistra
Sapevamo che saremmo andati all’ultimo minuto, magari pure ai supplementari, ma non ci aspettavamo il Var e i due rigori finali, fra cui quello emozionante di Nencini, l’ultimo craxiano nella giungla, che ha inferto a Renzi il colpo di grazia, non solo avendo preannunciato un’astensione nel dibattito, ma essendo sbucato fuori all’improvviso da dietro a una colonna rivelandosi convinto dalla replica di Conte e virtualmente pronto a lasciare alla deriva il gruppo senatoriale di IV, costituitosi solo grazie alla sua presenza e al simbolo del Psi portato in dote.
L’insperata quanto sufficiente quota 156 sulla fiducia al Senato non tocca, invero, l’asticella della maggioranza assoluta (161) e quindi rischia di lasciare il Governo in balia di svariati incidenti parlamentari probabili e di un sicuro ostruzionismo nell’attività delle commissioni.
Renzi ha fallito l’obiettivo di mostrarsi indispensabile alla Camera, ha afferrato quello di risultare tale al Senato se volesse sommare i suoi voti a quelli delle opposizioni in qualche voto importante.
Però:
1) ha dichiarato di appoggiare preventivamente il Governo sul Recovery Plan e sullo scostamento di bilancio (per cui occorre costituzionalmente la maggioranza assoluta) e che infatti è stato approvato all’unanimità, perché nessuno si è azzardato a far saltare i ristori alla propria base elettorale;
2) mettendosi di traverso rischia di far implodere il proprio gruppo al Senato, che finora ha tenuto unito con il compromesso e il controllo visivo dell’uscita dall’aula al momento del voto.
Ha un bel proclamare Renzi che «con quei numeri l’incidente è sempre dietro l’angolo», il ricatto è già diventato un ricattuccio, tanto più che il bulletto ha più terrore di tutti delle elezioni anticipate. Mica può minacciare, come Trump, «We will be back in some form»! Infatti dal chiagne e fotti è passato al fotti e chiagne, riproponendosi a vittima dialogante.
Inoltre, il fatto di aver ottenuto la fiducia e l’automatico rigetto della mozione di sfiducia avanzata dalle destre conferiscono a Conte un forte potere di attrazione sui “costruttori” che finora non si erano pronunciati, un po’ per vedere come andava a finire, un po’ per non fare la figuraccia di vendersi alla prima offerta.
È quindi probabile che la vera campagna acquisti (nome in codice: allargamento della maggioranza) si avvii nelle prossime due settimane, mirando come target all’area centrista e di centrodestra (in prima fila Udc e l’ex socialista Brunetta), riluttante all’estremismo sovranista di Salvini e Meloni, senza disdegnare avventurieri e scappati di casa nonché gli intramontabili eletti all’estero.
Ancora più ricercati sono i senatori e deputati di IV che non vogliono restare sulla navicella che Renzi sta mandando a sbattere e che hanno la possibilità, molto onorevole, di rientrare nella casa madre Pd piuttosto che aggregarsi a un gruppo misto o nuovo con scarse possibilità di rielezione nel 2023.
Lo spacchettamento dei ministeri e la garanzia di ricandidatura sono gli stimoli etici per le conversioni – oltre al generale terrore per elezioni anticipate con ridotto numero di seggi.
Obiettivo complementare di medio periodo: la costituzione di un gruppo parlamentare di centro-sinistra stabile – la “quarta gamba” (astenersi commenti osceni), ovvero il partito di Conte.
Questo lo stato della partita. Che si gioca non solo sulla testa degli italiani, ma a loro spese. Una partita a porte chiuse, ma il cui solo svolgersi indebolisce e rallenta l’azione di governo che sarebbe così urgente a questo punto della crisi economica e sanitaria – della campagna di vaccinazione e della gestione dei licenziamenti e cassa integrazione, per dirne due.
L’incertezza ondivaga del Governo non può durare all’infinito e tende a risolversi in una direzione, l’unica possibile per il tipo di rimpasto e acquisizione di maggioranza che si delineano: uno spostamento materiale a destra con egemonia formale del Pd in quanto unico partito (relativamente) coeso.
Foto di Giovanni Dall’Orto da WikiCommons
Confindustria a trazione Assolombarda e grande stampa Gedi e Cairo stanno esercitando un pressing sconsiderato e osceno su Conte e il Governo perché impieghi le risorse europee (che Salvini e Meloni non otterrebbero mai dalla UE) a totale favore degli imprenditori e del ceto medio impoverito dalla crisi, o meglio mettono avanti i guai e i lamenti di commercianti e proprietari piccoli e medi per salvaguardare le banche e quel po’ di industriali rimasti in Italia dopo la politica suicida di privatizzazioni.
Lo fanno in modo osceno, chiedendo come Sanpa Moratti di privilegiare nella ripartizione dei vaccini le regioni più ricche (quelle che prima avevano distrutto con i tagli e la privatizzazione della sanità); lo fanno in modo sconsiderato perché continuano ad anteporre la produzione e il suo indotto parassitario agli investimenti per la salute pubblica e la riproduzione educativa e sociale, che di ogni produzione e distribuzione è un prerequisito.
La pretesa, cioè, di dirottare tutti soldi europei sui “padroni” sbatte contro l’evidenza che essi non saprebbero neppure come spenderli, non avendo una struttura finanziaria e industriale per farli fruttare secondo i buoni criteri capitalistici di una volta. Forse solo l’Eni e naturalmente Vivantis (che però è un’impresa ormai francese).
Nel frattempo lascerebbero morire di Covid, previdenti come sono, anche i loro operai e consumatori, perché per produrre e realizzare il plusvalore occorre forza-lavoro e occorrono consumatori, mentre oggi produttività, occupazione e domanda stanno crollando.
Il bilancio è un Governo “moderato” ed europeista incapace di programmare l’utilizzo del Next Generation EU (con il rischio di perderlo o di dilazionarne l’erogazione) incalzato a destra da poteri forti che se ne vorrebbero appropriare senza frutto e da partiti sovranisti che non l’otterrebbero mai.
Stante che Conte è meglio di Moratti, Bonomi e Salvini e più elegante di Meloni, quello che manca nella mappa è una forza che incalzi dal basso e da sinistra, facendo valere le priorità della riproduzione (salute, formazione a tutti i livelli, mobilità sostenibile, abitazione, cura) e risolvendo in conflittualità l’enorme quota di disagio che sta montando socialmente ed emotivamente fra le generazioni più giovani precarizzate e descolarizzate.
Qualcosa comincia a muoversi nella scuola – come è spesso successo in passato, perché il conflitto esplode nella congiunzione fra gravità dell’oppressione e disponibilità soggettiva di massa, oggi schiacciata anche dalle necessarie restrizioni sanitarie.
Insomma, la scintilla non scoccherà nelle situazioni più vittimizzate (nelle RSA, per esempio, ma forse anche fra i cassintegrati) e fra i relativamente garantiti, ma dove la gente (magari a torto) ha meno paura per il contagio e per la perdita del lavoro regolare, che non ha mai sperimentato.
Una considerazione finale per incorniciare il tutto: stiamo parlando di un meschino mercato per spartirsi nella penisola una pioggia di soldi che molto probabilmente saranno spesi male e resteranno a debito.
Intanto nel mondo reale dilaga la pandemia Covid, qua e là contenuta con sempre minori successi e maggiore fatica, mentre rispunta anche laddove sembrava debellata – le ultime notizie cinesi sono altamente preoccupanti.
Si registrano nuove varietà resistente ai vaccini sinora sperimentati e la cui copertura è ipotizzata durare, anche in caso positivo, dai sei ai dodici mesi. Le campagne vaccinali incontrano strozzature nella produzione e nella distribuzione sbilanciata dei vaccini, di cui restano privi i paesi piè poveri e temporaneamente anche l’Italia (che comunque non si è ancora ben attrezzata per la prenotazione e l’erogazione ordinata).
I contraccolpi economici globali dureranno ben più a lungo dell’emergenza sanitaria – di cui peraltro non vediamo affatto la fine. Il caos politico di oggi consente forse la fine della legislatura, ma non garantisce che ci arriviamo in buona salute fisica e morale. Quale prezzo pagheremo per l’insipienza di un Governo che tuttavia è il male minore rispetto al trionfo del sovranismo? In altri termini: anche i mali minori possono uccidere e stremare. La nebbia covidica, che spesso segue l’infezione e la remissione, è anche una metafora della cattiva politica.
Daje, che arraffiamo altri tre senatori e con qualche assenza tattica facciamo approvare anche la relazione di Bonafede.