“Come puo’ esistere allora una memoria condivisa tra fascisti ed antifascisti?”. Il Domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti

La memoria condivisa è stata uno dei principali strumenti utilizzati per sostenere le operazioni di revisionismo storico e politico, eppure le pagine storiche sono scritte tanto dai vincitori quanto dagli sconfitti, esiste una sterminata pubblicistica ad esempio sugli anni del fascismo e della Resistenza redatta da storici di destra e da storici di sinistra.

L’equivoco di fondo riguarda quindi il rapporto con la storia e con la memoria perchè la prima deve avvalersi di fonti, è oggetto di una puntuale ricerca e di studio cosa che invece non possiamo dire della memoria affidata ai ricordi delle parti e cosi’ un evento luttuoso per alcuni puo’ essere motivo di vanto e di goia per altri.
Il compromesso storico nel nostro paese non è stato solo alleanza tra Dc e Pci ma ha determinato la scelta definitiva del Partito comunista di rinunciare ad ogni ruolo progressivo e rivoluzionario in senso anticapitalista anche se potremmo retrodatare di decenni l’inizio della fase involutiva del Partito comunista, quando la scelta di campo era stata già operata ma nascosta dietro a ideologie e parole d’ordine fuorvianti.
Negli anni del compromesso storico, o immediatamente successivi, il Pci dichiaro’ di sentirsi piu’ sicuro sotto l’ombrello Nato pur contestando il dislocamento dei missili nucleari in Italia in funzione anti Urss, sempre il Pci fu favorevole, anni prima, alla svolta dell’Eur, di lì a poco il nostro paese sarebbe stato attraversato dal movimento del settantasette a cui seguirono anni di feroce repressione , nel nome della lotta al terrorismo, che portarno all’arresto di migliaia di miltanti politici, alla chiusura di radio e giornali, alla contrazione degli spazi di partecipazione e democrazia nel paese.
Vogliamo citare un passo della famosa intervista rilasciata dall’allora segretario generale della Cgil, Luciano Lama, a Scalfari giusto per ricordare da dove nasca la debacle del movimento operaio italiano, pochi anni dopo sarebbero arrivati i licenziamenti alla Fiat e alla fine degli anni ottanta sarebbe stato ridotto ai minimi termini il diritto di sciopero per aprire la strada ai processi di liberalizzazione e privatizzazione.
“Che la politica salariale nei prossimi anni dovrà essere molto contenuta, i miglioramenti che si potranno chiedere dovranno essere scaglionati nell’arco dei tre anni di durata dei contratti collettivi, l’intero meccanismo della Cassa integrazione dovrà essere rivisto da cima a fondo. Noi non possiamo più obbligare le aziende a trattenere alle loro dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilità produttive, né possiamo continuare a pretendere che la Cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori eccedenti. Nel nostro documento si stabilisce che la Cassa assista i lavoratori per un anno e non oltre, salvo casi eccezionalissimi che debbono essere decisi di volta in volta dalle commissioni regionali di collocamento (delle quali fanno parte, oltre al sindacato, anche i datori di lavoro, le regioni, i comuni capoluogo). Insomma: mobilità effettiva della manodopera e fine del sistema del lavoro assistito in permanenza.”
Non puo’ quindi esistere una memora condivisa tra quanti contrastavano questa degenerazione delle politiche sindacali e sociali e chi invece stava operando delle scelte di piena complicità con il capitale e il potere politico della Dc per poi affermare la piena subalternità alla Nato e al Patto Atlantico, quella subalternità che ancora oggi impedisce ogni azione e critica verso le armi nucleari, con trattati internazionali e prese di posizioni dell’Onu letteralmente boicottate dagli Usa e dai suoi alleati.

La memoria condivisa si afferma e si rafforza con la fine del socialismo reale , dal 1989 in poi la presenza di nazi fascisti nei paesi ex Urss è sempre piu’ radicata e con essa anche le operazioni revisioniste.

Non a caso nalla ex Jugoslavia i paesi Nato hanno legittimato governi che hanno iniziato il loro operato cambiando la toponomastica e intitolando vie a criminali di guerra che avevano combattuto con i nazi fascisti.

Come puo’ esistere allora una memoria condivisa tra fascisti ed antifascisti?

Nasce da qui la criminalizzazione della Resistenza comunista accompagnata dal silenzio su innumerevoli pubblicazioni storiche revisioniste e giustificazioniste verso l’operato dei nazi fascisti.
Il richiamo ideologico e astratto a dei valori cosiddetti superiori dimentica come le ideologie reazionarie e revisioniste siano state rafforzate dalla sconfitta del movimento operaio, dall’affermazione del neo liberismo che ha anteposto alla difesa della forza lavoro e del welfare gli interessi del capitale e delle imprese.
La memoria condivisa è anche figlia di politiche economiche dell’austerità, dalla crisi economica e sociale a detta di molti si deve uscire con la partecipazione attiva dei dominanti e dei dominati.
La memoria condivisa non è rivolta solo al passato e alla riscrittura della storia ma guarda soprattutto al presente, afferma le ragioni delle politiche di austerità, rafforza il capitale e indebolisce il lavoro, criminalizza all’occorrenza le resistenze delle classi sociali subalterne.
La memoria condivisa è un’arma di distruzione dei saperi e di smantellamento sistematico della coscienza di classe, ha bisogno di apparenti pacificazioni per affermare un sapere unico a uso e consumo del capitale.
E contrastare la memoria condivisa non significa resuscitare il bagaglio ideologico e retorico del passato ma comprendere la realtà odierna per rafforzare le istanze delle classi subalterne che in certe fasi storiche hanno subito il fascino delle ideologie reazionarie.
Come abbiamo visto la memoria condivisa ha agito scientemente per rimuovere ogni critica al capitale, al militarismo riscrivendo le pagine storiche del novecento ad uso e consumo dei dominanti.
Ecco la ragione per la quale appelli come quello lanciato dall’Anpi sono solo funzionali alla salvaguardia dello status quo e rappresentano invece una operazione politica, sociale e storica pericolosa non solo per le classi subalterne ma anche per la stessa difesa di una memoria,quella dei subalterni, che affonda le proprie radici nella storia del movimento comunista e del movimento operaio e non puo’ limitarsi a riscritture parziali che dimenticano gli aspetti economici e sociali e gli stessi rapporti di produzione.

http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2021/1/24/53855-come-puo-esistere-allora-una-memoria-condivisa-tra-fascisti/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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