Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha lanciato mercoledì 27 gennaio un altro appello affinché la vaccinazione contro il Covid-19 sia egualitaria, permettendo anche ai paesi in via di sviluppo di avere accesso ai vaccini per combattere il virus. Il massimo esponente dell’OMS ha fatto notare infatti che il 75% dei vaccini fino ad ora somministrati è concentrato in soli dieci paesi, e che, tra i cinquanta paesi che stanno effettuando una campagna di vaccinazioni, la maggioranza di questi appartengono al gruppo di quelli più sviluppati.
“La situazione è aggravata dal fatto che la maggior parte dei produttori ha dato la priorità all’approvazione normativa nei paesi ricchi, piuttosto che presentare i dossier completi all’OMS“, ha detto, attaccando, seppur in maniera velata, la sete di profitto che muove le multinazionali farmaceutiche occidentali, e sottolineando che gli accordi bilaterali tra aziende e Stati non fanno altro che causare un aumento dei prezzi dei vaccini. Tedros ha sottolineato che alcune nazioni hanno acquistato più vaccini del necessario, mentre alcuni paesi poveri avrebbero imminente bisogno di quelle dosi per limitare la diffusione della pandemia.
L’unico grande paese a muoversi contro questo trend resta al momento la Cina, che, come noto, ha rappresentato nell’ultimo anno un modello di grande successo nella lotta alla pandemia. Sviluppando in maniera rapida una serie di vaccini efficienti, Pechino ha dimostrato di aver raggiunto un livello tecnologico pari, se non in alcuni casi superiore, rispetto a quello degli Stati Uniti e degli altri principali paesi a capitalismo avanzato. La Cina ha poi lanciato la propria campagna vaccinale, che naturalmente necessiterà di tempo e di ingenti risorse per essere portata a compimento, vista l’estensione territoriale e l’immensità della popolazione cinese. Allo stesso tempo, però, la Repubblica Popolare sta cercando di garantire le forniture di vaccini necessarie ai paesi più poveri, che non potrebbero permettersi di acquistare il prodotto a prezzi di mercato.
Come promesso sin dall’inizio dal presidente Xi Jinping, la Cina punta a fare dei propri vaccini un bene pubblico globale, accessibile a tutti i paesi del mondo. Solamente da inizio gennaio, i governi di Egitto, Seychelles, Indonesia, Thailandia e Perù si sono aggiunti ai numerosi paesi di tutti i continenti che hanno stipulato accordi o che hanno mostrato interesse per ricevere dosi dei vaccini prodotti dalle due aziende cinesi Sinovac e Sinopharm.
La Cina ha inoltre firmato un accordo con la Global Alliance for Vaccines and Immunization (GAVI) l’8 ottobre 2020, entrando ufficialmente a far parte del COVID-19 Vaccines Global Access (COVAX), l’iniziativa dell’OMS che mira ad accelerare lo sviluppo e la produzione di vaccini contro il Covid-19, e soprattutto a garantire che ogni paese abbia un accesso equo ai vaccini. “Anche se la Cina è leader mondiale con diversi vaccini in fasi avanzate di ricerca e sviluppo e con un’ampia capacità di produzione, ha comunque deciso di unirsi a COVAX. Stiamo compiendo questo passo concreto per garantire un’equa distribuzione dei vaccini, in particolare nei paesi in via di sviluppo, e speriamo che anche i paesi più sviluppati si uniranno e sosterranno COVAX“, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, in una conferenza stampa.
“Una volta che i vaccini cinesi COVID-19 saranno sviluppati e messi in uso, la Cina manterrà il suo impegno a rendere i vaccini beni pubblici globali e fornirli al mondo a un prezzo equo e ragionevole“, aveva affermato a sua volta Shen Bo, vicedirettore generale di il Dipartimento per le Organizzazioni Internazionali e le Conferenze del Ministero degli Esteri, in una conferenza stampa tenutasi il 31 dicembre 2020. Tutto questo dimostra come la Cina sia oggi portatrice di un modello di sviluppo differente rispetto a quello del capitalismo occidentale.
La visione cinese è ribadita all’interno dell’editoriale del Global Times pubblicato il 27 gennaio: “Noi umani avremmo dovuto sfruttare appieno le capacità per contenere la pandemia, ma l’interferenza della politica con la scienza e la conseguente disunione tra i principali paesi hanno consentito al coronavirus di trarne vantaggio. Quella che doveva essere una guerra unificata contro l’epidemia si è trasformata in una serie di guerre separate all’interno di diversi paesi e regioni. Il problema è chiaro a tutti, ma non siamo ancora stati in grado di rimediare abbastanza rapidamente da costruire la solidarietà umana collettiva di cui c’era tanto bisogno”.
Il capitalismo occidentale è promotore di un modello concorrenziale votato unicamente al profitto e riassumibile nella massima latina “mors tua vita mea”, che tuttavia poco si adatta al contesto del XXI secolo e che ha dimostrato tutta la propria inefficacia di fronte all’emergenza pandemica; al contrario, la Cina è oggi promotrice di un modello socialista basato sulla solidarietà e la collaborazione tra i paesi come partner posti su uno stesso livello che grazie alla cooperazione possono perseguire il mutuo vantaggio. Solamente se sarà quest’ultimo modello a prevalere, allora l’umanità potrà entrare in una nuova fase nel suo percorso storico di emancipazione. In caso contrario, ci troveremo di fronte ad altri decenni di guerre calde e fredde, di crescita smisurata delle diseguaglianze tra i paesi e tra le classi sociali all’interno degli stessi, e di distruzione dell’ambiente.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog