[di Luca Manes] pubblicato su Il Manifesto del 13 febbraio 2021
La Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito che le comunità nigeriane che hanno subito danni derivanti dall’attività della multinazionale petrolifera Shell a causa della sua attività possono adire a una corte britannica per rivendicare i loro diritti.
In un’udienza trasmessa in diretta streaming nella tarda mattinata di ieri, il massimo organo giudiziario con sede a Londra ha capovolto un pronunciamento emesso nel 2020 da una corte d’appello che aveva dato torto ai ricorrenti, le comunità di Bille e di Ogale, nel Delta del Niger.
La compagnia anglo-olandese Shell non aveva contestato l’accusa di essere responsabile dell’inquinamento dell’area, dovuto a sversamenti di petrolio negli specchi d’acqua e alle emissioni nocive collegate al fenomeno del gas flaring, sostenendo però che a dover rispondere di quanto accaduto fosse solo la sua filiale nigeriana e in base alle normative del Paese africano.
La battaglia legale è durata cinque anni e si è conclusa con una squillante vittoria delle comunità, un totale di circa 40mila persone, per lo più pescatori e contadini, le quali denunciano come decenni di inquinamento abbiano gravemente compromesso le loro vite, la loro salute e l’ambiente locale.
Le comunità, rappresentate dallo studio legale Leigh Day, hanno sostenuto che la Shell, in base alla Common Law britannica, aveva l’obbligo di assistere le persone che avevano subito gravi danni a causa delle sistematiche carenze in materia di salute, sicurezza e ambiente di una delle sue filiali all’estero.
Daniel Leader, partner di Leigh Day, ha affermato che la sentenza è uno “spartiacque” per “le comunità impoverite che cercano di chiedere conto alle grandi corporation”. Lo studio legale ha reso noto che l’importo del risarcimento richiesto deve ancora essere determinato. La Shell si è detta “molto delusa” dal pronunciamento. Per la più ricca multinazionale europea è un altro duro colpo dopo quello patito in Olanda due settimane fa, quando all’Aja due contadini nigeriani avevano vinto la loro causa contro la Shell per le conseguenze patite da vari sversamenti di petrolio occorsi nei pressi dei villaggi di Goi e Oruma, sempre nel Delta. In quel caso a essere dichiarata colpevole era la filiale nigeriana della Shell, per questo il caso londinese crea un precedente molto rilevante a livello internazionale.
Val la pena ricordare che i nove stati che compongono le regione del Delta del Niger, nel sud della Nigeria, sono i più ricchi di petrolio del Paese, ma anche quelli dove a causa dell’inquinamento l’aspettativa di vita è di 10 anni inferiore rispetto alla media nazionale. La Shell detiene le licenze per circa il 50% della produzione di petrolio del Delta, seguita in ordine di importanza dall’italiana Eni, anch’essa attiva nell’area fin dagli anni Sessanta del secolo scorso.