Ken Loach


Francesco Cecchini


Articolo di Yanis Varoufakis pubblicato su La Haine del 4 marzo e tradotto da Francesco Cecchini per Ancora Fischia il Vento.


Il link con l’ articolo originale è il seguente:
https://www.lahaine.org/mundo.php/en-defensa-de-ken-loach
Ken Loach è oggetto di una campagna diffamatoria incoraggiata da chi non si fermerà davanti a nulla per proteggere le politiche di apartheid del regime israeliano.
Quindi siamo arrivati ​​a questo. Il messaggio che viene inviato ai personaggi di buona coscienza è semplice: se non volete vedervi bollati come antisemiti, tacete i crimini contro l’umanità e gli attacchi ai diritti umani in terra palestinese. Mettono gli altri in guardia: se possiamo fare questo a Ken Loach, un uomo che ha passato la vita a difendere le vittime dell’oppressione, del razzismo e della discriminazione, immagina cosa ti faremo. Se osi sostenere i diritti umani dei palestinesi, affermeremo che odi gli ebrei.
L’arte di imbrattare il profilo di un uomo di sinistra è diventata ancora più raffinata negli ultimi tempi. Quando il Financial Times mi ha chiamato “motociclista marxista”, ho confessato volentieri la colpa. Definirmi stalinista, come fanno alcuni non sofisticati di destra, non riesce nemmeno a scatenare una crisi esistenzialista nella mia anima. Ma se mi chiamano misogino o antisemita, il dolore è immediato. Perché? Bene, perché sapendo fino a che punto siamo tutti intrisi nelle società occidentali di patriarcato, antisemitismo e altre forme di razzismo, quelle accuse sono snervanti.
Quindi è una deliziosa ironia che ferisca quelli di noi che hanno fatto i migliori sforzi per liberare le nostre anime dalla misoginia, dall’antisemitismo e da altre forme di razzismo che sono più feriti dall’essere accusati di questi pregiudizi. Siamo ben consapevoli della facilità con cui l’antisemitismo può diffondersi a persone che non sono razziste sotto altri aspetti. Comprendiamo bene la sua astuzia e forza. Questo è il motivo per cui l’accusa strategica di antisemitismo, il cui scopo è mettere a tacere e ostracizzare coloro che non sono d’accordo con l’apartheid sionista, ci provoca disordini interni. E questo è ciò che sta dietro lo smodato successo di quelle campagne di denigrazione contro i miei amici come Jeremy Corbyn, Bernie Sanders, Brian Eno, Roger Waters e ora Ken Loach. La tua critica esclusivamente a Israele non è un sintomo di antisemitismo? Ci viene spesso chiesto. Lasciando da parte la ridicolaggine dell’ affermazione che ci siamo dedicati esclusivamente a criticare Israele, la critica di Israele non è e non può mai essere critica agli ebrei, così come la critica allo stato greco o all’imperialismo degli Stati Uniti non è una critica ai greci o al Americani. Lo stesso vale quando si tratta di mettere in discussione la saggezza [o gli interessi dietro] di aver creato uno stato specificamente etnico.
Quando persone importanti come Hannah Arendt e Albert Einstein hanno messo in dubbio il progetto sionista di uno stato ebraico in Palestina, è offensivo affermare che discutere dell’ esistenza di Israele significa essere antisemiti. La questione non è se Arendt ed Einstein avessero ragione o torto. La questione è se mettere in dubbio la saggezza di uno stato ebraico (o protestante o ateo) in terra di Palestina sia antisemita o meno. È chiaro che mentre gli antisemiti si sono opposti alla fondazione dello Stato di Israele, non ne consegue che solo gli antisemiti si siano opposti al furto di terra in Palestina.
Finché un solo ebreo si sente minacciato dall’ antisemitismo, appunteremo la Stella di Davide al petto, pronti e disposti a essere considerati ebrei solidali, anche se potremmo non essere ebrei ?(lontano dai sionisti). Allo stesso tempo, portiamo il vessillo palestinese come simbolo di solidarietà con un popolo che vive in uno stato di apartheid costruito dagli israeliani, che ferisce i miei fratelli e sorelle ebrei e arabi e alimenta le fiamme del razzismo che ironicamente forgiano sempre. una più acuta varietà di antisemitismo.
Tornando a Ken Loach, nessuna campagna diffamatoria contro di lui può, fortunatamente, avere successo. Non solo perché il lavoro e la vita di Ken sono la prova dell’assurdità dell’accusa, ma anche per i (pochi) coraggiosi israeliani che corrono terribili rischi per difendere il diritto di ebrei e non ebrei di criticare Israele. Così, ad esempio, il gruppo di specialisti accademici che ha decostruito metodicamente la definizione indifendibile di antisemitismo dell’ IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance?, che la equipara alla critica legittima condivisa da molti israeliani progressisti. O le persone meravigliose che lavorano con l’ ONG israeliana per i diritti umani BTSELEM per resistere alle politiche di apartheid dei successivi governi israeliani. Sono grato a loro, quanto lo sono al mio amico e mentore Ken Loach.
La Haine ha ripreso la nota da Sidecar – New Left Review

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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