Quello che leggiamo sui giornali ha tutta la sembianza di un attacco spudorato ai diritti e alle vite di milioni di persone.

É stato firmato ieri con i sindacati un “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”. Con la narrazione di voler finalmente ricolmare il gap occupazionale che colpisce la pubblica amministrazione, sembra che si voglia radicalmente intervenire sulle modalità contrattuali del lavoro pubblico, degradandola a quella specie di precariato perenne che da anni colpisce il settore privato (spesso esternalizzato dal pubblico).

Si parla, con la solita ebbrezza, di “rimuovere i tetti anacronistici e le rigidità contrattuali”, di “accelerare le assunzioni”, “modificare strutturalmente i sistemi di reclutamento della PA”.

Il paradiso? Che belle parole: rimuovere i tetti, le rigidità, accelerare… evocano in noi un immaginario di efficienza e decisa risolutezza.

Il punto è, e quasi nessun giornale lo spiega, che i tetti anacronistici sono i limiti all’assunzione a tempo determinato e le spese per il trattamento accessorio, legiferate in questo ultimo decennio di già attacco alla stabilità occupazionale.

Si vuole, mi chiedo, con la scusa di reclutare tecnici per il PNRR, modificare strutturalmente il mondo delle assunzioni della PA, facendo ripiombare un’intera generazione nell’ansia, nell’inautenticità, nell’insicurezza esistenziale? Si vuole, cioè, con la scusa di far aumentare dello zero virgola il tasso di profitto, minare ancora di più la stabilità di milioni di persone?

Questo sospetto viene corroborato dal clamoroso articolo di Ichino, Bentivogli che ci spiegano come “difendere il lavoro”. Un po’ come se Dracula ci spiegasse come tenere la glicemia bassa. Ci dicono che bisogna “rivedere il decreto dignità”, aumentando la “possibilità di assunzione a termine e in somministrazione”.

Per non parlare delle dichiarazioni dei politici:Durigon (Lega): “é importante spingere sulla flessibilità sia in entrata che in uscita.”Zangrillo (FI): “il decreto dignità va nella direzione opposta alla buona flessibilità richiesta dalle aziende”Viscomi (PD): “In questo momento storico, occorre non solo rendere più semplici proroghe e rinnovi, ma soprattutto la sottoscrizione di contratti a termine.”

Con la “buona flessibilità”, si vuole rendere ancora più precario il mondo del privato e strutturare una tendenza già presente di precarizzare anche nel lavoro pubblico? Si vuole colpire ancora più spudoratamente il mondo dei diritti?

Io la vedo così: l’unica flessibilità buona è una flessibilità morta.

La precarietà riduce la produttività, aumenta l’incertezza riducendo la propensione ai consumi, riduce l’incentivo all’innovazione, e infinitamente più grave, pone milioni di ragazzi in uno stato di ansia e precarietà esistenziale insopportabile, come è stato dimostrato da centinaia di studi empirici.

Bisogna opporsi a questo trend con tutte le nostre forze. Contrattaccare a questa offensiva insopportabile e nauseante di intellettuali e politici venduti e spiritualmente corrotti.

Gabriele Guzzi

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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