Le cosiddette “due sessioni” della Cina, le sessioni annuali della massima legislatura (il Congresso Nazionale del Popolo) e del massimo organo consultivo politico (la Conferenza consultiva politica del popolo cinese), che hanno avuto inizio lo scorso 4 marzo, rappresentano un evento chiave nel calendario politico del Paese. Tale evento offre inoltre agli osservatori esterni una buona possibilità di vedere la democrazia e lo Stato di diritto all’opera nel sistema politico del Paese.
“Uno dei grandi malintesi è che la Cina non è una democrazia“, ha osservato Mario Cavolo, scrittore e commentatore italo-americano, come riportato dall’agenzia stampa cinese Xinhua. “Ma ci sono molti aspetti e processi democratici nella Costituzione, nelle leggi e nel modo in cui opera il legislatore“, ha aggiunto. Secondo Cavolo, che risiede da molti anni nel Paese asiatico, “la Cina sta facendo un lavoro molto migliore nel prendersi cura dell’intera società e nell’ascoltare il popolo, invece di servire la classe benestante“.
In base alla definizione data dal presidente Xi Jinping, la democrazia popolare cinese è un tipo di democrazia a “processo completo”. Come affermato dal capo di Stato nel 2019, la Cina è sulla strada del progresso politico socialista con caratteristiche cinesi, dove tutte le principali decisioni legislative vengono prese dopo aver attraversato procedure e deliberazioni democratiche per assicurarsi che il processo decisionale sia sano e democratico.
Nella sessione di quest’anno, il Congresso Nazionale del Popolo, l’organo legislativo di Pechino, sta discutendo degli emendamenti che riguardano la sua organizzazione e le sue procedure di lavoro. Wang Chen, vice presidente del Comitato permanente del Congresso, ha detto che la modifica delle due leggi è una garanzia istituzionale per sostenere la democrazia a “processo completo”. Ciò significa che tutti i principali processi decisionali legislativi sono basati su procedure e seguono deliberazioni democratiche: “La democrazia non è completa se le persone hanno solo il diritto di voto ma non il diritto a un’ampia partecipazione“, ha aggiunto.
“L’intero processo democratico è un segno distintivo della democrazia socialista che la distingue dai vari sistemi democratici capitalisti“, ha dichiarato ancora Wang. In effetti, ad un osservatore non deviato da pregiudizi ideologici, il processo democratico dei Paesi socialisti appare decisamente più inclusivo rispetto a quello della maggioranza dei Paesi capitalisti, dove il popolo ha la possibilità di esprimersi solamente in occasione delle elezioni.
Tong Weidong, un funzionario legislativo del Comitato permanente del Congresso, ha affermato che un ottimo esempio di democrazia a “processo completo” è l’istituzione di uffici di sensibilizzazione legislativa locale. Attraverso questi uffici, riporta Xinhua, l’anno scorso sono state raccolte oltre 1.300 opinioni, contribuendo alla formulazione di sedici atti legislativi.
Anche il quattordicesimo piano quinquennale, formulato per il periodo 2021-2025, ha avuto origine grazie ad un processo dal basso che ha coinvolto ampie fasce della popolazione cinese. La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, incaricata di redigere la bozza del piano, ha ricevuto oltre 37.000 commenti online e oltre 4.000 questionari cartacei, che hanno contribuito alla formulazione del piano quinquennale. Tra le prossime tematiche che verranno discusse nel Paese, vi sarà invece quella relativa alle leggi e ai regolamenti sulle nuove tecnologie.
L’anno scorso, l’organo legislativo ha anche adottato il Codice Civile, il primo nella storia della Repubblica Popolare Cinese. Per Pechino si è trattato di un primo passo verso un obiettivo a lungo termine, secondo il quale la Cina mira a sviluppare un sistema di stato di diritto socialista con caratteristiche cinesi, che prenderà forma nei prossimi cinque anni.
Come il già citato Mario Cavolo, non mancano altri osservatori occidentali che prendono le difese del modello cinese. Laurence J. Brahm, autore di numerosi libri sulla Cina e membro del Center for China and Globalization, con sede a Pechino, ha detto che la democrazia cinese è diversa da quella occidentale: “È un sistema di costruzione del consenso. È silenzioso e per molti versi, come il Tai Chi“, ha detto Brahm. “Al contrario, nei Paesi occidentali si spende molta energia per le elezioni e gli ordini del giorno sono influenzati da Wall Street e da altri interessi economici“, ha aggiunto.
Inoltre, il sistema politico dei Paesi socialisti garantisce una congrua rappresentanza della classe lavoratrice all’interno degli organi dello Stato, visto che questa costituisce la parte più cospicua del popolo. Il Quotidiano del Popolo ha raccolto una serie di interviste ad alcuni lavoratori che sono entrati a far parte del Congresso Nazionale del Popolo e della Conferenza consultiva politica del popolo cinese.
“Le mie proposte per le due sessioni di quest’anno si concentrano sulla prevenzione dell’inquinamento e sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica“, ha dichiarato Zhang Xingying, un meteorologo che ha presentato tre proposte legislative sull’ambiente e il cambiamento climatico. Tutte e tre le proposte sono state adottate e hanno ricevuto risposte positive dalle agenzie governative responsabili dell’ambiente.
Tianjin Wang Yan, autista di autobus e ora deputato, ha “avanzato un suggerimento sulla rimozione di tutti i caselli autostradali ai confini provinciali di Pechino, del Tianjin e dello Hebei. […] Ora, tutti i caselli autostradali ai confini provinciali di Pechino, del Tianjin e dello Hebei sono stati rimossi“.
Questi solo solamente alcuni esempi per comprendere come il sistema politico cinese permetta a tutti i cittadini di dare il proprio contributo nel settore sul quale sono competenti, con il valore aggiunto dell’esperienza sul campo, che permette di portare nei massimi organi dello Stato le opinioni di chi, fino a poco prima, viveva la quotidianità del popolo. Non si tratta, invece, di persone rinchiuse da decenni nella torre d’avorio del potere, che hanno perso ogni contatto con la realtà, come avviene fin troppo spesso nelle soi-disant democrazie delle potenze capitaliste.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog