Nella città emiliana, un’estesa azione di polizia si è verificata nei giorni scorsi contro lavoratori, lavoratrici e sindacalisti protagonisti delle tredici giornate dello sciopero che hanno portato a un vantaggioso accordo stipulato in Prefettura. Indetta oggi manifestazione di protesta
Venticinque lavoratori portati in questura in seguito alle perquisizioni in casa, ventinove indagati e due sindacalisti, Carlo Pallavicini e Mohamed Arafat, posti ai domiciliari con accuse di resistenza aggravata per i tredici giorni di sciopero alla Tnt di Piacenza: questo, in parte, l’esito dell’importante operazione giudiziaria che si è svolta nella mattinata del 10 marzo.
I fatti contestati risalgono al periodo tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2021: i lavoratori dell’azienda piacentina avevano scioperato e protestato con picchetti davanti allo stabilimento contro il rischio di licenziamenti in seguito alla fusione tra Tnt e la multinazionale americana FedEx e per ottenere miglioramenti economici.
Una battaglia sindacale vinta, che aveva portato anche a un accordo in Prefettura con la nuova proprietà statunitense: lavoratori e lavoratrici avevano ottenuto l’assicurazione che l’impianto piacentino non sarebbe stato soggetto a contrazioni dovute alla ristrutturazione europea annunciata da FedEx.
Secondo la pubblica accusa però le proteste, guidate dal sindacato Si Cobas, non avevano rivendicazioni concrete: di «condotte particolarmente violente e che non hanno nulla a che fare con il legittimo esercizio dell’attività sindacale» ha parlato la Procuratrice Grazia Pradella in conferenza stampa.
«Spesso in questi casi le pesanti accuse mosse dalla magistratura spesso vengono poi alleggerite, spero vivamente che ciò accada anche questa volta», ricorda Damiano Lena, delegato delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) di Padova.
L’organizzazione sindacale esprime solidarietà ai colleghi di Si Cobas e denuncia: «Questo intervento repressivo è diretta conseguenza di una mobilitazione durata ben tredici giorni con cui i lavoratori sono riusciti a intervenire sui piani di ristrutturazione della multinazionale americana».
Ai due sindacalisti ora agli arresti domiciliari vengono contestate le accuse di resistenza aggravata, violenza privata e occupazione del suolo pubblico. A queste si aggiungono multe per tredicimila euro per le violazioni della normativa anti-covid. «Nessun problema quando lavoratori e lavoratrici sono costretti ad assembrarsi negli ambienti di lavoro, ma se un assembramento si verifica per rivendicare i propri diritti allora c’è questo metro di misura», nota ancora Lena.
Oltre alle sanzioni amministrative e ai duri provvedimenti nei confronti di Pallavicini e Arafat, vanno segnalati i cinque avvii di procedimento per le revoche del permesso di soggiorno contro altrettanti facchini Tnt: migranti che da anni vivono e lavorano stabilmente in Italia. Sottolinea Lena: «Un fatto particolarmente odioso che va a colpire la vita delle persone nella loro interezza».
Si Cobas, nel comunicato rilasciato in risposta all’operazione poliziesca, parla di «una controffensiva tesa a riportare indietro di dieci anni le condizioni dei lavoratori, sottraendo quei diritti e quelle tutele salariali strappate con dure lotte che hanno portato all’abolizione del caporalato semi-schiavistico che imperversava nella logistica attraverso il sistema delle cooperative».
In attesa del processo appaiono comunque eccessivamente pesanti le misure cautelari richieste dalla magistratura: a cinque lavoratori è stato imposto il divieto di dimora a Piacenza e provincia, costringendoli a spostarsi tutti insieme in un albergo appena fuori dalla provincia, come fa notare anche l’avvocato Eugenio Losco, difensore dei lavoratori e dei sindacalisti, a Radio Città Fujiko.
«Come accaduto anche a Prato, dove la semplice rivendicazione di lavorare su turni di otto ore per cinque giorni lavorativi in luogo delle dodici ore attuali ha portato a una risposta assolutamente repressiva e violenta (con due lavoratori del presidio fuori dalla stamperia Texprint soccorsi dalle ambulanze)», analizza Lena: «Le istituzioni sembrano appoggiare il tentativo da parte di Confindustria e del mondo imprenditoriale di scaricare sui lavoratori e sulle lavoratrici i costi della pandemia, non perdendo occasione di attaccare le lotte, soprattutto quando sono efficaci».
Intanto Si Cobas ha già indetto per la giornata di oggi, sabato 13 marzo, una manifestazione per dare «una risposta immediata al pesante attacco repressivo che vuole soffocare le lotte operaie!».
Foto di copertina di SI Cobas